11.2 Colpevoli in fuga

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Kristen

Senza che me ne accorgessi, cominciai a sentire le lacrime scorrere sul viso. Se solo io fossi stata meno egoista e concentrata su me stessa, forse non l'avrei mai portata ad incazzarsi in quel modo. Forse sarebbe bastato che io mi fossi fermata ad ascoltare più spesso o che mi fossi soffermata sull'osservare le cose e vederle per come stavano invece che farmi accecare dalle mie stesse emozioni. Ma come sempre, avevo lasciato che la gelosia agisse indisturbata, consumandomi e portandomi via ogni briciolo di buonsenso fino a farmi sragionare. Come se non bastasse, avevo lasciato che gli effetti ricadessero anche su di lei, che era l'unica in tutta quella storia a non meritarsi un trattamento simile. Mi sentii una persona terribile.

Salii sul mezzo scuotendo la testa per il disgusto che provavo verso me stessa. Avrei voluto poter dire che avevo perso il controllo a causa dell'alcol, della droga, di un qualche problema mentale; ma la verità era una ed una soltanto: io nelle mie piane facoltà mentali, avevo deliberatamente scelto di lasciare che la gelosia prima e la frustrazione dopo prendessero il sopravvento su di me e sulla mia ragione. E in quel momento avrei dato tutto, tutto, solo per sapere come fare per chiederle scusa. Perché sì, magari ero anche stata una stronza psicopatica con lei ed anche in numerose occasioni. Però a lei ci tenevo. Ci tenevo tantissimo, più che a chiunque altro. Non la volevo perdere. Non c'era mai stato nulla fra di noi, lo sapevo bene. Eppure per me ogni momento speso con lei, seppur piccolo, mi rendeva felice e mi faceva sorridere. Ma, come ogni volta, avevo mandato tutto all'aria. Non era la prima occasione in cui rovinavo quello che avevo con qualche ragazza, ma nessuna era mai stata tanto importante per me.

Mi asciugai le lacrime mentre il mio cellulare continuava ad emettere quell'ansiogeno "tu-tu"; volevo solo che si interrompesse.

«KJ?» sentii all'improvviso; la voce esprimeva molta confusione.

«Hail» risposi piano, senza riuscire ad aggiungere nulla. La mia migliore amica attese paziente.

«L'ho fatto di nuovo» dissi. Non servì che io aggiungessi altro e ci trovammo nel silenzio. Strinsi il volante con più forza, focalizzando la mia attenzione sulla strada. Nel frattempo, all'altro capo del telefono, Hailie chiuse la chiamata.

Arrivata a casa, la aspettai e poi le raccontai dell'accaduto con lo sguardo perso nel vuoto e la tristezza nella voce.

«Be' sì, che ti devo dire. Ti sei comportata da cogliona» affermò senza peli sulla lingua. Probabilmente agli occhi di chiunque la mia migliore amica avrebbe potuto sembrare una stronza di prima categoria, fredda, egoista e senza cuore. E forse sì, un poco lo era per davvero. Tuttavia, cercava sempre di esserci per me, anche se a modo suo.

Mi feci sfuggire l'ennesimo singhiozzo della serata, facendo sbuffare la rossa piuttosto sonoramente. Incrociò le braccia al petto, spostando il peso su una gamba sola. A quel punto era palesemente scocciata dal mio atteggiamento lagnoso.

«Oh e dacci un taglio! Che cazzo ti piangi addosso, quella che dovrebbe piangere è lei, ancora chiusa in quel buco schifoso a sgobbare e farsi il culo» esclamò a voce alta, come se in quello stesso locale non ci fosse stata lei, fino a poco prima, a rendere la serata un inferno alla bionda.

data-p-id=f856b98633a027bf447ff37505b43fb0,«Sei una migliore amica di merda» l'accusai biascicando con la voce distorta dal pianto ininterrotto. Lo dicevo solo perché le sue parole, per quanto vere, non mi piacevano. Però di certo una ramanzina non era quello che mi sarei aspettata in quel momento. Magari un po' di "Stai tranquilla" o "Si sistemerà". La mia migliore amica, però, non aveva mai avuto tale approccio. Non appoggiava per niente chi si autocommiserava invece che prendere in mano la situazione e fare attivamente qualcosa.

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