LO SPECCHIO

27 6 0
                                    

La notte stava proseguendo senza mai trovare una fine per i 4 ragazzi imprigionati in quella casa.
Le stanze continuavano a girare, scambiarsi, aprirsi e chiudersi.
I ragazzi erano bloccati nei loro incubi più grandi, le loro paure erano i loro carcerieri, ma la casa non era solo questo.
Tra l'infinito corridoio era giunto colui che non si può nominare.
L'essere con il lungo mantello nero e la falce mietitrice.
Il suo passo era pesante, il suo volto era fatto di più teschi, come se fossero stati raccolti e collezionati uno sopra l'altro, probabilmente macabri trofei, coperti però da quel cappuccio nero come la notte che lo teneva al sicuro dagli sguardi di chi non voleva seguirlo.
La casa lo aveva ingaggiato, come un complice o un collaboratore, per compiere la mietitura perché essa aveva bisogno di anime.
Passava accanto ad ogni porta, sentiva l'odore della paura, della disperazione, della tristezza.
Fu così, che dopo aver superato una decina di porte senza entrare si fermò davanti all'undicesima, si sfilò la falce da dietro le spalle e facendosi strada con quella entrò.

Bezzy ad un certo punto venne come risputata dal letto, finendo su un tappeto comparso all'improvviso sotto di lei, un tappeto rosso come il sangue.
Non sa dove fosse finita quando era stata inglobata dal letto. Non ricorda, non sa.
Sapeva solamente che si sentiva come bloccata e stretta da qualcosa e il buio, il buio l'aveva avvolta completamente.
Si rialzò in piedi allontanandosi da quel mostro di legno. La bambola era ancora lì, che fissava un punto non ben preciso sulla parete.
Improvvisamente la porta dietro di lei si aprì.
Bezzy felice e incredula corse dalla porta per paura che si chiudesse di nuovo, ma ad attenderla non c'era un corridoio libero o uno dei ragazzi.
Un urlo agghiacciante si udì in ogni singolo punto della casa.
Una falce la stava puntando avanzando verso di lei, l'essere che vide sotto quel cappuccio nero era raccapricciante.
Sentì battere il cuore all'impazzata. Iniziò a correre, correre senza sosta cercando di scavalcare quella presenza nera che avanzava riuscendoci.
Si ritrovò nel lungo corridoio. Era buio, freddo e sussurri sembravano apparire dal nulla alle sue orecchie.
Continuava a correre in quel corridoio infinito guardandosi di tanto in tanto dietro di sé per paura di essere seguita da quella ombra spaventosa ed era proprio così.
La morte era alle sue spalle.
La rincorreva muovendo freneticamente la sua falce.
Bezzy corse ancora più forte per cercare di allontanarsi ma sembrava non riuscire a seminarla.
Ad un certo punto, guardando alla sua sinistra vide uno specchio.
Lì per sé uno specchio non era una soluzione utile. Ma fu quello che vide al suo interno che, per disperazione o per ultima chance, le fece pensare quello che poi fece.
Lo specchio non rifletteva la parete che aveva difronte, o quello che si ci metteva davanti.
Lo specchio sembrava essere una porta per un altro luogo.
Bezzy ci vide una strada, una strada avvolta nella nebbia.
Si guardò alle spalle nuovamente, ormai la punta della falce la stava raggiungendo. Fu così che Bezzy prese la sua decisione.
Fece un respiro profondo e senza pensarci troppo si buttò contro lo specchio, sparendo.
La falce scomparse così come il suo portatore.
Una bambina comparse lungo il corridoio per poi scomparire tra i muri.

LA CASA, LA NEBBIA E IL GATTO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora