L'OROLOGIO

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"Tic toc, tic toc..."
Un grande orologio a pendolo scandiva i suoi minuti inesorabile e spietato.
Il tempo molto spesso lo è.
Lo sapevano bene i due gemelli, Dikkon e Loy che avevano sotto gli occhi la testimonianza vivente del fatto che al tempo non sfugge niente e nessuno.
La madre si occupava dell'anziano padre, il nonno dei ragazzi,da tempo ormai.
Non si era sentita di mettere l'anziano in una struttura perché temeva che l'uomo, a lungo andare, potesse abbandonarsi a quella traumatizzante routine dove si è solamente ospiti non desiderati.
L'uomo aveva avuto un invecchiamento molto accentuato dovuto al lavoro che faceva, piuttosto pesante e stressante, ma la batosta più grossa è stata la perdita della moglie, che non ha mai accettato in realtà anche se davanti alla figlia dimostrava il contrario.
Il tempo non era stato clemente con lui.
Le gambe gli si erano indebolite, la sua memoria piano piano stava lasciando posto solo ai ricordi più antichi e il suo carattere era estremamente volubile.
Dikkon era tra i due gemelli che più si era impressionato per la salute del nonno.
Aveva visto con i suoi occhi quanto la vecchia potesse essere brutta e devastante.
Lui, giovane promettente e pieno di iniziative, diceva che mai e poi mai avrebbe voluto invecchiare, almeno, non arrivare ad una simile età per non soffrire come vedeva nel nonno tale sofferenza della nostalgia del passato.
Dikkon viveva il presente, attimo per attimo, cercava di non farsi mai sfuggire nulla, non voleva avere rimpianti.
Usciva, si divertiva, creava. Dipingeva paesaggi futuristici con i colori ad olio, la sua vera passione.
Aveva conosciuto Alan mentre era in fila alle poste per pagare una bolletta per conto della madre.
Si erano trovati subito bene scambiandosi diverse chiacchiere per ingannare l'estenuante attesa.
E così si era ritrovato con il fratello Loy ad uscire con lui e la fidanzata Bezzy.
Adorava quella coppia perché con loro non si ci annoiava mai.
Vivevano la vita, come voleva fare lui.
Ben presto si era ritrovato a frequentare la cugina di Bezzy, Eleonor, ma il loro rapporto divenne ben presto complesso, anche perché Eleonor aveva vinto una borsa di studio che l'avrebbe portata lontano e questo fu il principale motivo dell'allontanamento tra i due.
La più grande paura di Dikkon era il tempo.
La casa lo sapeva, la casa sapeva tutto.
E così che nella stanza dove si era trovato rinchiuso, si ritrovò davanti ad un grande orologio antico, che però non era un normale orologio come appariva.
Era il tempo di Dikkon,
L'orologio scandiva gli istanti del ragazzo.
Lui si ritrovò davanti a quel quadrante, fisso, in mobile, a seguire quelle lancette così sottili che in realtà erano più pesanti di quanto non si potesse immaginare.
Esse portavano il peso del tempo stesso, dello scandire della vita, del suo scorrere.... della sua fine.
L'orologio rintoccova pesantemente ad ogni ora, come se quel suono fosse una specie di avvertimento "MUOVITI, IL TEMPO SCORRE!".
Dikkon in quel quadrante rivide tutte la sua vita, da quando era bambino, alle ultime due ore prima.
Poi un rintocco lo trascinò come in un vortice risputandolo di nuovo in quella stanza.
Si sentiva strano, debole. Faceva fatica a muovere le gambe, le sentiva pesanti, stanche.
Si toccò il viso, un'espressione di terrore apparse su esso.
Corse per tutta la stanza alla ricerca di uno specchio o una superficie riflettente.
Si trovò senza rendersene conto davanti ad un grande specchio in penombra.
C'era nebbia intorno a lui che tagliava ad ogni passo con il corpo.
Non capiva se quello che aveva visto fosse reale o solo uno scherzo dovuto al troppo alcol che aveva assunto.
Si avvicinò piano verso lo specchio.
Restò a guardarsi riflesso terrorizzato, incredulo.
Lo specchio non rifletteva lui, la sua figura come di solito accadeva, ma rifletteva una persona anziana, piena di rughe, i capelli grigi e lo sguardo sofferente.
Dikkon si coprì d'istinto il volto con le mani per poi frazionarlo con i palmi sperando di cambiare qualcosa. Si levò di nuovo le mani ma niente, il riflesso era sempre lo stesso.
Un vecchio, consumato dal tempo, solo nella sua stanza.
Il ragazzo iniziò ad urlare per la paura
"NOOOO, NOOOO, FATELO SMETTERE, QUESTO NON SONO IO! QUESTO NON SONO IOOOOOO!!!"
Intanto una risata malefica riecheggio' in tutta la stanza facendolo terrorizzare.
La stanza iniziò a girare come il vortice di prima.
Dikkon si ritrovò ancora una volta davanti a quel vecchio orologio a pendolo e in un loop infinito ripercorreva di nuovo la sua vita, per poi ritrovarsi davanti a quello specchio.

LA CASA, LA NEBBIA E IL GATTO Where stories live. Discover now