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KATSUKI'S POV

«K-Kacchan-» ricordo il suo sguardo impaurito dalle piccole esplosioni che mi fuoriuscivano dalle mani, aiutate dalla mia espressione brutale, che non lasciava trasparire neanche un filo di compassione.

Eravamo solo in cinque in classe, un tardo pomeriggio d'autunno; quei due imbecilli che mi portavo dietro erano un passo dietro di me, mentre ridevano alla semplice e quotidiana visione delle gambe di Deku che tremavano come foglie (non ricordo neppure i loro nomi). E poi una ragazzina dai lunghi capelli bruni, che non badava alla situazione che si stava creando alle sue spalle, seduta davanti al suo banco in seconda fila ed intenta a sfogliare un libro, spesso quanto un manga.
Era arrivata in classe la mattina stessa, presentandosi con un nome parecchio strano, che in quelle circostanze non mi sforzai di ricordare, poi il professore ci disse che avrebbe frequentato con noi l'ultimo anno di scuola media.

«Quindi, cercherai anche tu di entrare alla Yuuei, ehh?» le mie mani facevano il classico rumore dei petardi, mentre il suo viso diventava sempre più terrorizzato ed i suoi movimenti continuavano ad arretrare, dinnanzi la mia camminata intimidatoria.

«K-Kacchan, io-» lacrimoni imponenti minacciavano di bagnargli il viso.

Successe tutto in un attimo.
Mi ritrovai in mutande, davanti a quello stupido senza-quirk e due stupidi idioti che trattenevano le risate solo grazie ai loro palmi, che ne bloccavano la fuoriuscita.
I boxer colorati di un rosso acceso che mi aveva appena comprato mia madre risaltavano in quell'aula spoglia.
Tentai di rimediare al problema, tirandomi su in fretta i pantaloni, insieme alla cintura che tintinnava come una campanellina.

«Brutto sentirsi vulnerabili, non è vero?»

La ragazza senza nome si era girata, rivolgendomi un ghigno irriverente, accompagnato da uno sguardo provocatorio, color ceruleo e due sopracciglia sottili ed inarcate.
Sembrava di guardarsi allo specchio (caratterialmente, ovvio.)

«Sei stata tu, brutta strega?!» urlai.

«Hai le prove?»

La sua voce era potente, decisa; all'epoca ricordo di aver pensato che, se proprio fossi stato costretto a definirla, l'avrei fatto con la parola "autentica".

La osservai alzarsi, mentre il mio quirk impazziva, dettato soltanto dal mio volere impetuoso, che non riusciva a comprendere come quella dannata ragazzina fosse riuscita a ridicolizzarmi davanti a quei beoti senza neanche alzarsi dal suo posto.
Pensai potesse avere un'unicità che le permetteva di essere super-veloce.
La sua camminata parve lunga ed ondeggiante, fino a quando, finalmente, ci ritrovammo faccia a faccia: entrambi le sopracciglia corrugate, entrambi gli sguardi impenetrabili, carichi di sfida ed astio.

«Bakugo Katsuki, giusto?» chiese con tono mellifluo.

Ci pensarono quei due babbei a rispondere al posto mio, con due sonori "sì", accompagnati al movimento frenetico delle loro teste vuote, ma dopo me l'avrebbero pagata cara.

«Piantala di importunare questo ragazzino, non ci guadagnerai nulla.»

«Aha!? E a te cosa interessa, stupida comparsa?» alzai la voce.

«A me? Nulla -sorrise leggermente-  ma se non riesci proprio a contenere i tuoi istinti animali, almeno vai in un posto più isolato. Hai interrotto la mia lettura.»

«A-Asano-san -Deku cercò di rialzarsi dal pavimento sul quale si era accasciato, a causa della sua inesistente resistenza delle sue gambe- è colpa m-mia, adesso ce ne a-andiamo.»

«Se avessi il coraggio di rispondere a questi bulli non saresti in questa situazione, broccolo.» gli rispose, dura ed indelicata.

Deku scappò a gambe levate, con gli occhi spalancati ed inseguito dalle due comparse che mi stavano dietro.
Rimanemmo da soli a fissarci con disprezzo, le mie mani non emanavano più esplosioni, ma i nostri occhi si.
Fu da quel tardo pomeriggio d'autunno che, fino alla fine dell'anno, non facemmo altre che sfidarci ed importunarci a vicenda.

𝐿𝑖𝑚𝑒𝑟𝑒𝑛𝑐𝑒 | K. BakugoWhere stories live. Discover now