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Mi svegliai di botto per un incubo.
Sognai di nuovo il momento del mio abbandono da parte dei miei dopo la morte di mia sorella.
Mi ritrovai sudato e in lacrime, come sempre.
Feci dei respiri profondi per calmarmi, mi sedetti sul letto e presi il telefono per vedere l'orario.
3:30. "Vedo se riesco a riaddormentarmi, altrimenti resto sveglio. Tanto tanta fatica per andare a scuola non la faccio." Pensai osservando intensamente l'orario come un bambino guarda il proprio regalo di Natale da lui tanto desiderato.
Accesi la lampada collocata vicino al letto e presi in mano il telefono e iniziai a sfogliare l'Home di Instagram, composta principalmente da cosplayer o da coppie. Sia gay che etero.
Mi sono spesso chiesto cosa si provasse ad avere un partener, sembra carino averne uno ma tanto chi mai mi vorrà. A volte penso che nessuno vorrà mai uno come me, ma la speranza la coltivo comunque.
La mia attenzione si attivò quando mi arrivò un messaggio da un numero sconosciuto, pensai subito che fosse un altro scherzo di Claus. Poi decisi che almeno dovevo provare.
S:Buonasera?
X:Scusi l'ho disturbata? Non volevo, mia madre mi ha lasciato il suo numero.>>
S:ehm, penso di no, tanto mi ero svegliato da qualche minuto. Potrei sapere che sia? Quanti anni ha?
X:Dammi pure del tu, comunque per ora chiamami "S", ho 19 anni e vado al college. Vengo da New York. Te?
S:Ehm io vengo dal Giappone ma vivo a New York in una famiglia affidataria. Vado alle superiori e sono al quarto anno. Cosa ci fai sveglio?
"S": Sto tornando a casa in treno. Tu che ci fai sveglio?
S:Svegliato per colpa di un incubo. Ma è normale. Dove abiti?
"S": Uhhh sei interessato a me?
S:Fino a prova contraria sei tu che mi stai scrivendo e io ti sto rispondendo per essere educato. Se non lo fossi ti avrei già bloccato ed eliminato il contato.
"S": sei molto scontroso a quest'ora. Mi piace. Approvo.
S: dove sei andato al college?
"S": San Francisco, però prima di tornare a casa passo a salutare un paio di amici. Voglio fare una sorpresa ai miei.
S:Okay. Io comunque provo a riaddormentarmi. Notte
"S": notte piccoletto
S:non chiamarmi piccoletto sconosciuto.
Spensi il telefono e tornai a dormire. Mi svegliai alle 6 e mi preparai e uscii di fretta e furia di casa.
Arrivato a scuola diedi un ultima occhiata al telefono e notai che "S" mi aveva riscritto.
Aveva mandato due foto, in una la foto della stazione di New York e l'altra dell'Empire State building, era vicino a dove mi trovo io.
Non risposi. Spensi il telefono e mi sedetti su una banchina davanti alla scuola.
La quiete era leggendaria, come se il tempo si fosse fermato.
La quiete venne interrotta da Claus e dal suo gruppetto, si avvicinarono e diedero voce a dei pettegolezzi.
<<Come ci si sente ad essere uno strambo? O un mostro? Oppure, anzi, un cadavere.>>
Al pronunciare quella parola scattai in piedi, avrei voluto tirargli un pugno in faccia ma il mio cervello scelse un'altra opzione: scappare.
Corsi a casa, spalancai la porta e i signori Sherelin sobbalzarono.
<<Scusate, mi sono sentito male all'ultimo. Perdonatemi.>> dissi dirigendomi verso la camera, posai lo zaino e mi cambiai.
Lasciai il corpo e mi accasciai sul letto, appena toccato il cuscino scoppiai a piangere.
"Perché il mio nome ha a che fare con i cadaveri, perché!?"
Restai tutto il giorno in camera, uscii solo per mangiare qualcosa quando la signora Sherelin mi chiamava.
Verso le tre del pomeriggio mi arrivò un messaggio da parte di "S".
"S": ehi piccoletto, sei a scuola? Durante una lezione?
S:Sono a casa, non mi sono sentito bene.
"S": che è successo?
S: Deja vu, oppure una presa in giro da parte dei compagni. Non so quale ha fatto più male.
"S": quanto avrei voluto essere lì con te, ti avrei potuto difendere da quelli.
S: non credo che l'avresti potuto fare ma ti lascio nella speranza.
"S": comunque ora che ci penso, non mi hai ancora detto il tuo nome.
S: potrei dirti la stessa cosa. Comunque mi chiamo Shiki Ayato.
"S": figo il nome suona come "stammi lontano o ti ammazzo."
S: il soprannome sarebbe Shi ovvero "morte" in giapponese. Il mio nome può significare o "comando" oppure "il demone cadavere", dipende con quali kanji è scritto.
"S": ci avevo azzeccato, sono troppo forte. E non ho mai studiato giapponese.
S: mh.
"S": posso chiamarti Shi?
S: preferirei di no...
"S": perché?
S: mi chiamava così mia sorella prima di morire.
"S": oh, allora ti chiamo semplicemente Shiki o piccoletto. Ricevuto.
S: a piccoletto non avevo accennato.
"S": si ma sei carino e poi sei più piccolo di me, quindi piccoletto ti dona alla perfezione.
S: d'accordo spilungone. Io vado a dormire.
"S": d'accordo piccoletto, sogni d'oro <3.
Restai a fissare l'ultimo messaggio, feci una cosa stupida. Lo misi tra i preferiti. Non so perché. Mi andava.
Alle quattro del pomeriggio Mike fece irruzione in camera sempre con la solita domanda del "possiamo giocare?", accettai.
"Meglio se mi distraggo un po', ne ho bisogno dopo quello che sta succedendo."
Giocammo fino alle sei quando l'attenzione di Mike cadde sulla sorellina, quando corse da lei mi dileguai verso la camera e accessi il telefono. Inutile dire che "S" mi aveva cercato.
"S": piccoletto! Stai meglio rispetto a prima?
"S": ehiiiiiii.
"S": sei morto? Ti prego non abbandonarmi.
S: sono vivo, stavo giocando con il figlio di mezzo della famiglia affidataria. Certo che rompi proprio.
"S": rompo alle persone a cui tengo ;)
S: ti prego niente emoji o facce quando scrivi con me.
"S": togli una parte di meeeee, sei cattivo.
S: lo so.
"S": per caso hai ricevuto qualche dichiarazione?
S: se sono stato a casa tutt'oggi. E poi sono pallido come la luna, ho i capelli peggio di cespugli e sono un completo asociale e ci aggiungerei anche nerd. Dimmi se potrei mai piacere a qualcuno. Comunque io ora vado che ceno. Ciao.
"S": okay va bene piccoletto. Ciaooo.
Spensi il telefono e andai di sotto, non dovevo veramente cenare ma volevo provare ad interagire con la famiglia.
Cosa strana ma un tentativo volevo farlo.
Mi sedetti sul divano insieme al signor Sherelin. Guardava una partita di basket.
<<Ehi Shiki, ti interessa? Se vuoi cambio.>> mi chiese il marito della signora Sherelin rivolgendomi un sorriso che andava da orecchio ad orecchio.
<<No no, lasci pure la partita. È solo che a scuola l'abbiamo iniziato e volevo un attimo capire come si giocava. Quest'anno vorrei fare meno schifo in educazione fisica.>> gli risposi poggiando la schiena al divano.
<<Se vuoi posso spiegarti qualcosa e anche mostrartelo. Ho ancora della stoffa.>> disse orgoglioso Henry Sherelin.
L'avevo accontentato.
<<Caro non sforzarti troppo che hai anche una certa età.>> disse sghignazzando la signora Sherelin.
<<Esmeralda a fare qualche tiro sono ancora capace.>> affermò mettendo su un finto broncio.
<<Mi farebbe piacere signore, però tengo anche al fatto che non si faccia male.>> gli comunicai guardandolo negli occhi, erano di un verde color foresta. Bellissimi.
Anche Shelly li aveva come il signor Sherelin ma i suoi erano più chiari.
Mentre Mike li aveva castani come la madre, però era un castano nocciola. Strepitosi.
Il padre aveva la carnagione chiara, la madre era latina-americana.
Mike era più tendente alla carnagione della madre mentre Shelly era di carnagione come il padre ma aveva qualche macchia scura sparsa sulle braccia o sulle gambe.
Verso le otto di sera cominciammo a cenare, la signora Sherelin aveva apparecchiato per sei dato che loro figlio maggiore doveva tornare a casa proprio quel giorno.
Attesero tutti con ansia, per lo più i genitori. I bambini parlavano di cosa avrebbero fatto quando sarebbe arrivato.
Mi riaffiorarono in mente i ricordi con mia sorella, lei più grande di me che mi spingeva sull'altalena, io e lei che giocavamo a uno scacchi inventato da noi con regole tutte nostre.
Iniziai a piangere davanti ai presenti, Esmeralda Sherelin si avvicinò a me e mi chiede cosa succedesse.
Solo in quel momento, dopo mesi decisi di parlare di mia sorella.
Rimassero tutti zitti quando finii, Mike e Shelly scesero dalle loro sedie e vennero ad abbracciarmi. I signori Sherelin si limitarono ad accarezzarmi il dorso della mano.
Ero orgoglioso di me in tutto questo, ero riuscito a parlare di me davanti a una famiglia non mia.
Dopo cinque minuti dal racconto che avevo portato il campanello della porta suonò, i padroni di casa mi invitarono ad aprire e così feci.
Il ragazzo che mi ritrovai davanti era pari a una star di Hollywood.

Spazio me
Un po' in sospeso ma lasciamo stare 🙃

I love you💞Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon