11-Pedinamento

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Callie

Provo a dormire ma non ci riesco, troppi pensieri affollano la mia mente, ricordi che cerco di scacciare ma la notte è più difficile, si è più vulnerabili quando ci sei solo tu e il buio.

Provo a rilassarmi, a fare respiri profondi ma niente.

Tengo la testa tra le mani nel tentativo di soffocare i pensieri che si conficcano dentro di me come coltelli che lacerano la carne. Dentro sanguino e fuori non si vede.

L'idea inizia ad accarezzarmi, so che farlo metterebbe fine a questa torturato anche se solo temporaneamente, una tregua dai mostri, d'altronde è l'unico modo che conosco per tenerili a bada.

Il dolore, la pelle che brucia li fa zittire, per un attimo mi sento viva, il taglio che sanguina, il cuore che pulsa dentro al fazzoletto con cui cerco di tamponarlo e a volte la paura.

Chiudo gli occhi, respiro e il dolore non è un dolore che fa male.

Ma poi c'è la fregatura, il senso di colpa, la cicatrice e la consapevolezza che non andrà mai via.

Tiro giù le coperte e scendo dal letto, infilo le pantofole e percorro lo spazio che mi separa dalla finestra.

Sento i passi di mia madre che sale le scale, sta andando a dormire.

Ho la sensazione che mi nasconda qualcosa, non ne sono sorpresa, lo fa sempre, ma questa volta è diverso, non l'avevo mai vista così turbata.

La spiegazione che mi ha fornito quando l'ho trovata in ginocchio a cercare di rimediare al disastro in soggiorno, tra pezzi di vetro e terriccio, non mi ha convinta, era strana, sembrava agitata e cercava di evitare il mio sguardo.

Non ho insistito perché so che non sarebbe servito, ma non me la sono bevuta.

Guardo fuori, la luce dei lampioni si infrange contro l'asfalto, solo la luna rimane incastrata tra le stelle a fare compagnia al cielo nero, nemmeno un'auto si azzarda a spezzare la quiete quasi incantata della notte.

Sullo sfondo sono delineate le sagome delle case a schiera, solo alcune lucine sono rimaste accese e trapelano timide dalle finestre con le tapparelle semichiuse.

Dalla casa di fronte un ragazzo esce sbattendo la porta, scuote il capo nel tentativo di sistemarsi i capelli chiari che gli ricadono sulla fronte.

Aguzzo lo sguardo e mi sporgo sul davanzale della finestra, è lui.

Sento il cuore accelerare il battito.

Dove andrà a quest'ora della notte?

Guardo il led della sveglia sul mio comodino, segna mezzanotte e mezza.

Attraversa la strada a passo sostenuto mentre si infila il cappuccio in testa.

Una strana curiosità, a tratti malsana, mi sussurra di seguirlo, di scoprire i suoi segreti, cosa lo spinge ad abbandonare la sua casa nel cuore della notte.

La ascolto.

Corro verso l'armadio, afferro il primo giubbino che trovo e lo lancio sul letto.
Tiro fuori le scarpe e me le infilo in fretta e furia.

Indosso il giubbino al volo e mi precipito verso la finestra. Daren è quasi arrivato all'incrocio, appena gira, sparirà dalla mia vista, devo sbrigarmi.

Mi siedo sul davanzale mentre con una gamba lo scavalco, poggio il piede su una tegola per controllare che sia stabile dopodiché scavalco anche con l'altra gamba.

Inizio a scendere con cautela, cercando di rimanere sempre ben salda alla superficie, sposto le mani e avanzo, prima una gamba, poi l'altra.

Una tegola scivola sotto il mio piede, mi sbilancio e perdo l'equilibrio, il cuore mi schizza in gola.

Come Stelle Cadute dal Cielo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora