2-Collisione

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Rimango immobile, frastornata da quelle iridi, da quello sguardo, dalla figura che ho appena fatto.

Abbasso la testa verso il pavimento e mi rendo conto che i libri sono ancora a terra, mi accingo a raccoglierli in fretta e furia prima che qualcuno li calpesti.

-Tu devi essere nuova.-

Mi volto, una ragazza dai capelli castani mi tende la mano, il sorriso amichevole le disegna due fossette sulle guance paffute.

-Sono Elizabeth, Liz per gli amici.-

Non ricambio la stretta, ancora disorientata da quanto avvenuto.

-Non fare caso a Daren, è stronzo con tutti.- Mi dice mentre finisco di raccogliere gli ultimi libri rimasti a terra.

-Daren.- Cerco di trattenere il suono di quelle lettere sulla punta della lingua come per assaporarne la consistenza.

-Ti capisco, fa questo effetto a chiunque, soprattutto la prima volta, qui gli sbavano dietro tutte.- Dice mimando quello che dovrebbe assomigliare a un cane con la bava alla bocca.

-Beh io no.- Rispondo risoluta. -Non sopporto i maschi.-

-Uhm d'accordo.- Conviene rassegnata.

Ci dirigiamo insieme verso l'aula senza scambiarci ulteriori parole.
Quando entriamo in classe la lezione è già iniziata.

-Signorina Elizabeth, lei sempre in ritardo.- Il professore di scienze la guarda di sottecchi abbassandosi gli occhiali sulla punta del naso.

-Si sieda.-Ordina.

Liz ubbidisce intimidita.
Poi si rivolge a me squadrandomi dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli.

-Abbiamo una nuova ritardataria vedo.-
Abbasso lo sguardo sul pavimento lucido.

-Da dove viene lei signorina?-

-Mi sono trasferita qui da Vicksburg...- Spiego con un filo di voce.

-Bene, non so come era abituata lei a Vicksburg.- Esordisce con una leggera nota di scherno nel sottolineare la mia città di provenienza. - Ma qui le regole si rispettano e arrivare in ritardo comporta un' annotazione disciplinare che andrà ad influire sul suo percorso scolastico. Ora si sieda.-

Attraverso la stanza imbarazzata, avvertendo la pressione di una ventina di occhi puntati su di me.
Prendo posto in ultima fila affianco a Liz che mi strizza l'occhio e sussurra sottovoce: - Lui è il signor Brown, si dice abbia più anni di questa scuola, noi lo chiamiamo Rottame.-

Una leggera risatina che non riesco a controllare risuona nella stanza, sento il sangue gelarmi nelle vene e il cuore pulsare violentemente nelle tempie. Rottame lancia un'occhiata minacciosa nella mia direzione, fingo un improvviso interesse per il quaderno sul banco e traccio qualche scarabocchio con la matita.

Quando sollevo la testa, Rottame ha ripreso a scrivere sulla lavagna. Tiro un sospiro di sollievo.

La lezione prosegue noiosa, ogni tanto Liz mi lancia qualche occhiata di complicità ma io non le do troppa corda.
Tiro fuori il mio taccuino dallo zaino e inizio ad abbozzare qualche schizzo del disegno su cui sto lavorando, una spiaggia dorata e il cielo azzurrissimo che si specchia nel mare. Come quella volta a San Francisco con mamma... e lui, quando ancora andava tutto bene, avevo cinque anni ma il ricordo è nitido come se fosse stato un istante fa.

Un campanello d'allarme inizia a pulsarmi nella testa, mi sono avvicinata troppo e il recinto che mi proteggeva si è spezzato, ora centinaia di voci mi inghiottono in un vorticare di pensieri incontrollabili, cerco di divincolarmi ma è troppo tardi, ho lasciato che mi prendessero, mi tappo le orecchie ma non funziona, sono dentro di me, non fuori.

Come Stelle Cadute dal Cielo Where stories live. Discover now