Prologo

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«Mi perdoni, padre, perché ho peccato», sussurrai quelle parole nel confessionale, ma sembrò quasi che il suono si propagasse in tutta quell'enorme chiesa gotica

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«Mi perdoni, padre, perché ho peccato», sussurrai quelle parole nel confessionale, ma sembrò quasi che il suono si propagasse in tutta quell'enorme chiesa gotica. «Io... è la prima volta che mi confesso».

Non vedevo chi c'era dall'altra parte, ma percepivo la sua presenza. Scorgevo solo un'ombra immobile e un profilo indistinto per quella poca luce che entrava.

Non ero mai andata in quella chiesa. Be', non avevo mai davvero messo piede in un luogo consacrato e mi sembrava davvero tutto nuovo, quasi troppo strano per me, che di stranezze ne avevo viste anche fin troppe.

Non ero credente, non potevo esserlo dopo quello che avevo visto, ma in qualche modo in quel momento della mia vita mi sentivo in dovere di confessare i miei peccati.

Ne erano molti, abbastanza da farmi vivere da sempre con un peso sulle spalle non indifferente. Abbastanza da sapere che non avrei mai trovato sollievo.

Non me n'ero mai curata. Giustificavo tutto quello che facevo con quello che avevo subito e per anni ero andata avanti con quelle convinzioni per alleggerire la mia coscienza.

«Non mi giudichi», dissi subito dopo. «Non ho un buon rapporto con Dio».

«Non spetta a me farlo».

Oh.

Quella voce....

Se non fossi assolutamente certa che fossimo in un luogo benedetto, avrei giurato che le porte dell'inferno si erano appena aperte per me. Be', lì in realtà ci sguazzavo già da un po', ma forse con quel suono lì ci sarei stata volentieri per l'eternità.

Erano per voci come quella che avrei potuto perdere la testa, ne ero più che consapevole. Ma persino io non mi ero mai spinta fino a tanto da provocare un reverendo.

In quel momento volevo solo vedergli il viso. Era biondo? Moro? Il taglio degli occhi risaltava il suo colore?

«Ah no? Non è quello che fate sempre, voi gente di chiesa?» Per quanto mi ammaliasse il suo timbro, non riuscii a non far trapelare un pizzico di stizza nel mio tono.

«Sono un peccatore anche io in fondo», disse a mo' di giustifica, senza raccogliere la mia provocazione.

Be', avrei voluto volentieri conoscerli tutti i suoi scheletri, soprattutto se riguardavano i peccati carnali...

«Se sapesse che lavoro faccio probabilmente mi giudicherebbe lo stesso». Provai a stare comoda su quella panca, che per fortuna aveva un cuscinetto, altrimenti le mie ginocchia ne avrebbero risentito per tutte le volte che finivo in quella posizione.

«Non è nel mio stile». Lo disse con un sospiro.

Feci un sorrisetto lento e a mezza bocca. «La sto annoiando, padre? Immagino che avrebbe di meglio da fare il venerdì sera».

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