15 (A&H) - I punti di domanda

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«Ehi, Jared,» lo saluto di sfuggita. «Compri il pane per l'ultima cena con gli apostoli?» Ha una busta bianca in mano, dalla quale sembra sbucare un panino.

Lui non risponde, si limita a fissarmi con sguardo interrogativo. E, per mia sfortuna, il ragazzo che lavora qui viene a servire prima me di lui. Mi sorride, radioso, dando segno di ricordarsi chi sono. Ha di sicuro pochi più anni in più di noi, i capelli color carota e una spessa montatura da vista, nera.

Merda.
Non davanti ad Apollo, ti prego.

«Ehi, sei quello dell'ordine di stamattina, vero?»
«Mmh. Sì. Sono io. Senti...»

Apollo non è scemo. Purtroppo. Sta studiando il bancone con le torte, intatto. Non ne manca nemmeno una fetta. È uno studente di Yale da più tempo di me, sa di sicuro che vanno a ruba e non durano più di un'ora.

Nel frattempo, il ragazzo comincia a sistemare tutte le fette di torta dentro una grande scatola in cartone, di quelle tipiche che ti danno anche in pasticceria.

«Cosa diamine hai fatto?» domanda Apollo.

Inutile mentire o fare finta di nulla. E poi, se devo proprio sprecarmi in complimenti nei suoi confronti, devo ammetterlo: è uno che si fa gli affari suoi e non va a raccontare in giro i cazzi altrui.

«Stamattina ho ordinato tutte le torte che avrebbero fatto per il pranzo,» borbotto.

Apollo resta a bocca aperta. «Perché?»

«Perché Hell le vuole, ma viene qui alle due quando sono finite, così non può cedere alla tentazione.»

Il silenzio che segue è imbarazzante. Non mi piace sentirmi così. In genere, sono io a mettere in imbarazzo gli altri.

Il ragazzo dietro il bancone ridacchia, scuotendo il capo. Sta sistemando le fette di sacher. «Per fortuna, facciamo torte piccoline. Altrimenti sarebbero servite almeno cinque scatole.» Mi fa l'occhiolino. «Un gesto romantico, eh?»

Cos'è tutta questa confidenza? «Fatti i cazzi tuoi, idiota,» lo rimbecco.

Lui sgrana gli occhi, sorpreso.
Apollo si affretta a intercedere. «Ares!»

E d'accordo. Tento un sorriso falso. «Fatti i cazzi tuoi.» Guardo Apollo. «Meglio?»

Apollo si rivolge al ragazzo. «Scusalo. È nato con una particolare condizione clinica per la quale gli manca il filtro tra bocca e cervello; quindi, dice tutto quello che gli passa per la testa. Non può controllarlo.»

Lui annuisce, seppur ancora confuso dalla mia uscita infelice. Si affretta a sistemare tutte le fette di torta e chiude la scatola enorme in cui le ha riposte, per poi portarla all'angolo cassa.

Apollo si fa da parte, ancora con il suo panino in mano, e mi osserva mentre porgo la mia carta di credito per pagarle. «Sono cinquanta fette di torta, per un totale di... Seicento dollari.» Adesso anche a lui il mio gesto sembra folle.

Ignoro i loro sguardi impiccioni e pieni di giudizi e digito il pin, per procedere con il pagamento. Mentre controlla che vada a buon fine, mi accerto di essere in orario con i tempi. Mancano cinque minuti alle due. Hell sarà qui fra poco.

«Posso dirti una cosa?» rompe il silenzio, Apollo.
«No.»

Mi scocca un'occhiataccia.
«No, grazie?» ritento.

Apollo si poggia al bancone. I lunghi capelli castani sono sciolti e ribelli, una ciocca gli finisce davanti al viso e lui la manda via soffiandoci contro. «Se Hell ha qualche problemino col mangiare cibo non salutare, per quanto questo gesto sia carino, dovresti tenere in considerazione altre strade per il futuro.»

Game of Chaos (Game of Gods Spin-off, #Ares)Where stories live. Discover now