Capitolo 2 - Sono sempre stata un disastro

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Adelaide 

Giovedì, eppure ci speravo che potesse essere una buona giornata. E invece. La macchina non era partita, avevo fatto tardi in facoltà e ancora non ero riuscita ad imparare la strada più breve per arrivare al distretto di psicologia. Però, volevo essere positiva, stavo per assistere alle ultime lezioni prima della laurea e per me voleva dire davvero molto.

Alla fine avevo deciso di andare a piedi, Firenze non era proprio la città giusta per usare la macchina, ma visto che avevo in programma di andare da Andrea volevo avere la mia indipendenza e non dovermi preoccupare di farmi accompagnare a casa. L'ultima volta che c'eravamo visti avevamo litigato e non volevo vincoli, né dipendere da lui o dal suo umore. In genere mi proponeva sempre di rimanere da lui, ma non quella volta. Supponevo fosse colpa di quell'accesa discussione, ma non avevamo avuto più tempo di parlarne.

Colpa di una sua riunione a lavoro e delle mie ultime e impegnative lezioni. La cosa triste era che, a parte Andrea, Lara e Sofia, non avevo nessuno con cui condividere quel traguardo. Tutti i miei vecchi amici erano rimasti in quel piccolo paese di provincia dove abitavo fino a qualche mese fa. Non rimpiangevo la mia scelta, non potevo più definirli amici, inoltre avevano scelto le ragioni di Claudia, mia ormai ex migliore amica. Non mi interessava, avevo trovato la mia quadra qui, allontanandomi finalmente da tutti loro e diciamo la verità, per avvicinarmi a mia madre. Sarebbe stato sbagliato dare troppa importanza a quelle persone, non erano state loro il vero ago della bilancia. Mia madre si trovava in un ospedale per lunghe degenze, proprio a mezz'ora dal mio appartamento e quella vicinanza mi faceva sentire meno sola e meno in colpa. 

Chi mi conosceva continuava a dirmi che avevo fatto la cosa giusta, ma quanto è difficile convivere con certe scelte quando sei solo tu ad esserne responsabile e nessuno può aiutarti. A volte avevo la sensazione che i miei venticinque anni pesassero molto di più di tutti i mattoni della cupola del Brunelleschi, eppure li avevo e non facevo altro che perdermi ogni volta alla ricerca di quella sana spensieratezza. Nei sensi di colpa, nelle domande, nella tristezza.

Mi chiedevo spesso cosa Andrea avesse visto in me. Secondo molte persone con cui non parlavo nemmeno più, che non facevano altro che sputare cattiverie, lui cercava solo qualcuno da salvare, per noia, per il gusto di farlo, perché ero una persona troppo problematica. Non ne avevo mai capito il senso onestamente, la maggior parte della gente vedeva solo il mio lato solare e non ero nemmeno un tipo che si buttava giù facilmente. 

Probabilmente quando una persona vuole farti del male, colpirti veramente, ricorre ad ogni tipo di accusa, giocando con la parte più fragile di te. Magari non avevo gli interessi di molte mie coetanee e nemmeno quel sorriso sincero, ma facevo il possibile per non perderlo del tutto. Andrea mi aveva aiutata e mi aveva conquistata con il suo carattere esuberante e simpatico, lui era quel tipo che non riusciva a non vestire i panni del giullare della compagnia. Sempre alla mano, sempre disponibile e sempre gentile. Eravamo molto diversi, ma ormai era quasi un anno che avevamo ufficializzato questo rapporto e mi sentivo felice dopo molto tempo.

«Il solito, cara?» La barista mi scosse dai miei pensieri confusi.

«Oh, certo Carla. Anzi meglio doppio stamani». Mi sfuggì uno sbadiglio.

«Arriva subito», rispose scuotendo la crocchia scura che aveva in testa.

Carla ormai era una costante nella mia giornata e sarebbe stato molto strano non vederla più. Era una di quelle persone che identificano un luogo in particolare, in un certo momento della vita, un qualcosa che mi aveva sempre conferito una certa serenità. La certezza di trovarla lì. Era da anni la proprietaria del bar e da quando mi ero iscritta a psicologia ero solita fermarmi qui a prendere il caffè. Avrà avuto si e no cinquant'anni, ma ne dimostrava molti meno, soprattutto per il suo carattere divertente ed esuberante.

Fiori diversi nello stesso vasoWhere stories live. Discover now