CAPITOLO 1

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Pov di Ariane

Era una tranquilla giornata in ufficio, e ammirando la mia nuova targa d'oro appesa alla porta con il mio nome, "Ariane Altman" vidi la maniglia piegarsi, e vidi lui.

L'essere che probabilmente odio di più in questo mondo.

Mi aveva fatto troppi torti nell'arco degli anni.

Sono una persona che perdona.

Ma lui aveva superato i limiti.

Una volta l'ho perdonato. La seconda pure. Anche una terza, ma alla quarta avevo troncato definitivamente i rapporti, dopo quella volta cercavo di vederlo il meno possibile e a malapena lo salutavo o gli rivolgevo parola.

Lui però si comportava come se non fosse successo nulla. E questo mi faceva arrabbiare ancora di più.

Un giorno, dopo essere andata a prendere un caffè alla macchinette, tornando nel mio ufficio lo trovai seduto sulla mia sedia con una matita in bocca che mordeva nervosamente.

Gli chiesi che cosa voleva da me e di andarsene, ma lui alzò la mano sinistra per farmi cenno di tacere.

Disse che gli dispiaceva di ciò che aveva fatto, ma non gli credetti.
Non avevo intenzione di perdonarlo, tanto la storia si sarebbe ripetuta.

Ivan allora cominciò ad alzare il tono della voce, cosa che non aveva mai fatto prima, e lì iniziai a spaventarmi.
Diceva che ero io quella che mentiva e che oltre a l'ultima volta non mi aveva mai preso per il culo.

Io riuscii solo a negare con la testa piangendo alle sue accuse.

Alla fine si concluse con un litigio in cui lui aveva palesemente torto e se ne andò sbattendomi la porta in faccia.

Così mi inginocchiai a terra sempre piangendo, ero diventata un lago, e lui non lo sapeva, ma anche se era uno stronzo un po' mi piaceva.

Dopo quella discussione mi chiusi un po' in me stessa perché aveva usato delle parole troppo offensive nei miei confronti, e io sono una persona che si offende facilmente.
Poi però cercai di dimenticare tutto, perfino i miei sentimenti, diventando più forte. Dopotutto ero un'adulta e non aveva senso reagire come una bambina.

I rapporti con Ivan non cambiarono, anzi cominciammo ad odiarci, facevamo fatica a vederci, nell'edificio i nostri colleghi temevano che avremmo potuto iniziare una lite o picchiarci.

Qualche lite ci fu ogni tanto, ma quelle cose insignificanti si può dire.

Entrò senza nemmeno bussare, e io non sopporto chi non usa le buone maniere.

«Mi serviresti per una cosa..».

A quella frase rimasi una decina di secondi con la bocca spalancata, dato che ci saremmo scambiati sì e no due o tre parole senza scatenare un litigio in tre anni, e feci cadere la penna dalle mie mani sul taccuino sotto il mio naso.

«C-Cosa?Ho capito bene?Tu, Ivan Jenkins che chiedi il mio aiuto?Mi sembra di sognare e, vi prego, se è un sogno svegliatemi».

«Se è per questo nemmeno io avrei mai voluto chiedertelo, ma sono in una situazione un po' complicata».

«Ah sì?E quale? Perché sai, in questo ufficio non esisto solo io e credo che tu abbia anche altri amici al di fuori di colleghi di lavoro».

«Lo so, però tu sei diversa e sei la più adatta nonostante tutto».

«Allora facciamo così. Tu raccontami di questa "terribile situazione" e se mi convinci potrò pensare all'idea di aiutarti».

«Come sai, io faccio parte della nobiltà, e la prossima settimana verrà tutta la mia famiglia qui a Londra e mi hanno comunicato che se non fossi stato fidanzato mi avrebbero diseredato perché di solito a una certa età bisogna sposarsi per prendere il posto di re, quindi volevo chiederti..uhm..se saresti disposta a far finta di essere la mia ragazza per un weekend».

Sicuramente dalla mia faccia avrà capito che era una cosa molto stupida e non avrei partecipato a questo piano perché si inginocchiò supplicandomi.

«I-Io..Ti prego, so che non andiamo d'accordo ma è solo per un weekend, dopodiché tra noi tornerà come prima, perché non credere che io ora sia felice di chiederti questo favore o fare finta di starci frequentando».

«Mhh..E io che ottengo in cambio?».

«Che cosa?... D'accordo...Facciamo che in cambio io non ti disturberò più per 2 mesi».

«No, troppo stupida come cosa e non credo al fatto che lo farai veramente».

«Okay, allora che cosa?».

«Accetterei volentieri dei soldi».

«Assolutamente no».

«Perfetto, io mi dichiaro fuori dal tuo piano»

«Va bene..Ti lascio vincere solo per questa volta, non ti ci abituare. Vanno bene cento euro? Non di più.

«Troppo poco..».

«Duemila?».

«Ci sto!» esclamai entusiasta. Sì, era molto ricco, ma non pensavo che potesse arrivare a tanto per così "poco" diciamo. Specialmente se i soldi sarebbero spettati a me.

«Domani vieni nel mio ufficio che ti spiego qualche dettaglio» sì affrettò a dire.

Dopodiché, alzando gli occhi al cielo, si girò per andarsene e dopo tre passi era già fuori la porta.

Fidanzati ProvvisoriΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα