Capitolo 4 - Alary

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Quel giorno era Natale. Alary pensò a come aveva trascorso il Natale in tutti gli anni passati e sentì un nodo in gola: l'albero in sala che addobbava insieme alla zia, Joe che montava le luci colorate intorno alla staccionata, i regali che scartava insieme alle amiche, la cioccolata calda con la panna davanti ad un film. Al pensiero di quei ricordi quasi che le venne da sorridere, ma il risultato fu disastroso e trattenne a stento un singhiozzo, non scesero lacrime perché quelle le versava in silenzio soltanto per lui.

«Esiste il Natale anche qui?» chiese Alary a Zosia.

«Natale? Me ne aveva parlato Joe una volta...» disse Zosia, sembrava di cattivo umore «Noi festeggiamo la prima profezia dei Sussurri, ma manca ancora parecchio. Mi meraviglio di Cori che ti abbia lasciato celebrare la festa sbagliata per diciassette anni! Inoltre» continuò Zosia assumendo un'aria di profondo rispetto, «anche la seconda profezia è stata fatto lo stesso giorno! Prima dell'avvento delle Ombre, al palazzo c'erano dei festeggiamenti magnifici, non come le vostre feste...» sembrò sforzarsi per trovare la parola giusta e alla fine esplose, pronunciandola come fosse un'offesa: «pagane!».

«Pagane?» chiese Esra sorpreso.

«Sì, Joe dice che il Natale o come si chiama, è una festa pagana, avrebbe festeggiato molto più volentieri i Sussurri e la loro profezia!» disse Zosia, mostrando un certo compiacimento e continuò a parlare di questa festa in onore dei Sussurri per un gran pezzo di marcia, di come fosse assolutamente sublime: il cibo, gli addobbi di fiori, il bosco in festa, i balli.

Alary smise di ascoltare, il cattivo umore di Zosia le aveva fatto dimenticare che non aveva mangiato neanche quel giorno e aveva un colorito orribile.

Quando si fece sera, si accamparono in una radura, Alary si rannicchiò con una coperta lontana dagli altri, il fuoco si spense piano piano e rimase con gli occhi spalancati nel buio. Il solo pensiero di addormentarsi e rivedere il volto di lui mentre le diceva che voleva morire, la terrorizzava: restare sveglia le sembrava più facile. Pensare che poche settimane prima odiava rimanere sveglia la notte; forse anche per lui era più facile restare sveglio che dormire, per non dare spazio agli incubi.

Improvvisamente dal buio una figura iniziò a camminare, l'odore di Zosia si fece sempre più vicino e si sedette vicino a lei. Rimase zitta per molto tempo.

«Dovresti dormire» le disse Alary.

«Anche tu» le rispose lei.

Alary rimase ferma immobile, aspettando che Zosia parlasse di nuovo.

«Tu non ne vuoi parlare» le disse Zosia piano, trattenendo il fiato, sembrava avesse paura di quello che aveva appena detto.

No, non ne voleva parlare, solo a sentire il suo nome stava male, se dormiva stava male, se ci pensava stava male. Non ne voleva assolutamente parlare.

«Io sono tua amica, va bene se non ne vuoi parlare, ma ricordati che non devi fare tutto da sola» disse Zosia sottovoce.

Alary la guardò. Chissà quanto coraggio le era costato rivolgere quelle parole alla Figlia dei Sussurri. Le si strinse il cuore ma Alary era da sola, l'unico punto fermo che aveva era lui ed una volta finita la guerra, non ci sarebbe rimasto più niente.

«Lo so» disse Alary stringendo i denti.

Zosia si infilò sotto la coperta vicino a lei e si appisolò poco dopo.

Alary non riuscì a ritrarsi dai suoi pensieri. Lui non era solo il suo punto fermo, lui non era speciale solo perché era immortale come lei, c'era qualcosa, qualcosa di diverso.

Tutto quello che provava e sentiva quando c'era lui le sembrava più intenso: i colori, gli odori, il calore del sole, correre, combattere le Ombre... Era un legame profondo, impossibile da stabilire con qualsiasi altro: bastava un contatto tra loro per provocare una scintilla, bastava guardarsi di sfuggita negli occhi per capirsi a vicenda.

Il ragazzo maledettoWhere stories live. Discover now