Capitolo XIV (R)

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«Candidata Ehvena Johns, giusto?» mi domandò quello che supposi fosse uno scienziato. Ne aveva l'aria, con i piccoli e tondi occhiali adagiati sul naso, capelli brizzolati e impomatati tirati all'indietro, il camice bianco con tanto di stemma e targhetta con il nome. Lessi Roger Chamber, poi un sottotitolo che mi lasciò sbigottita: Responsabile Elezione.

«Prego, attenda con i suoi compagni. Inizieremo tra poco».

Feci come da richiesta, unendomi al gruppo di cinque candidati che fissavano imbambolati la lunga vetrata. Sporgendomi cercai di capire cosa ci fosse di così interessante dall'altra parte. Dalla visuale si capiva perfettamente che fosse una semplice stanza vuota, se non per un tavolo con circa quattro sedie. Era una copia in miniatura della stanza in cui avevo incontrato i Rappresentanti, senza finestre o via di uscite secondarie. La porta, unica via d'accesso, era posizionata sulla destra, accanto al limite del vetro. Una porta con chiusura blindata e una serratura a codici elettronica.

Un brivido mi corse lungo la schiena. Quella brutta sensazione di essere finita in trappola che la Prima Prova mi aveva lasciato, si consolidò alla vista di quella scatola arredata. Quattro posti soltanto, per le cavie di cui parlava l'enigma. Del persone dovevano sedersi e restare lì mentre io svolgevo le indicazioni di un foglietto. Trattenni il respiro, d'un tratto terrorizzata. Lanciai uno sguardo alla ragazza accanto a me, la determinazione nei suoi occhi era come veleno. Diceva "non avrete scampo".

Delle dita mi sfiorarono la spalla, facendomi intirizzire. Voltandomi vidi gli occhi verdi e luminosi di Shawn fissare la vetrata come fosse un puzzle. Cercava di ricomporre i tasselli, di anticipare la prova. Per me il provare a vedere quelle sedie occupate era impossibile.

«Spero tu abbia capito, ora» sussurrò, senza mai staccare gli occhi da quell'immagine. Capivo fin troppo bene cosa ci aspettava dall'altra parte, e più lo realizzavo meno sembrava avere senso. Aveva l'aria di un brutto sogno, un incubo raccapricciante. «Fai in modo di non proseguire, così ne uscirai illesa».

«Illesa...» riflettei. «Non penso di esserlo più, almeno non dopo lo scontro con Paterson».

«Questo è differente. Tu sei stata una vittima, qui ci chiedono di essere dei carnefici» chiarì, lo sguardo che andava rimpicciolendosi attorno a quelle sedie.

«Non dirmi che anche tu...?»

«Tutte le prove di questa stanza hanno la stessa finalità, lo ha confermato, a suo modo, il Responsabile prima che arrivassi». Lanciai uno sguardo a Roger Chamber, stava complottando con altri suoi colleghi in un angolo lontano da noi. Come potevano contribuire alla realizzazione di una prova del genere, e dormire sogni tranquilli?

«Quante possibilità c'erano che io e te finissimo nella stessa stanza?» domandò Shawn, questa volta incrociando il mio sguardo.

«Le stesse che avevo io di incontrarti all'Elezione» replicai.

Incrociò le braccia al petto, sorridendo. Questa cosa lo divertiva parecchio. «Probabilmente le stesse che avevo io di guarire. È questo che mi incuriosisce. Mi chiedo cosa accadrà se resterai in gara, quante altre coincidenze capiteranno se continuerai fino alla fine.»

«Tu non credi alle coincidenze. Non ci hai mai creduto.»

«Mi conosci Vèna, credo nelle decisioni che uno prende. Decisioni che straordinariamente sembrano sempre portarmi da te, in un modo o nell'altro. Anche se cerco di evitarlo».
C'era dell'amarezza nella sua voce.

«Ma non riesci a cogliere queste mille occasioni per raccontarmi la verità...»

«No» asserì subito. «Però la colgo adesso per ripagare quel debito, chiedendoti ancora di andartene il più lontano possibile dall'Elezione».

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora