Capitolo 35 (5°). Un nuovo amore

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"Peluche o no... Anna dice di amarlo e ti assicuro che entrambe se lo contendono, come due cagnette con un osso solo. Io credo che sia per l'aria indifesa che ha: Anna ha subito una tragedia in amore e poi solo una serie di avventure di solito con medici più grandi, sembrava che non si potesse più innamorare e Marco rappresenta per lei il classico marito tranquillo, impiegato, che non le darà mai problemi... se non ci fosse la sorella, intendo. Forse adesso sono arrivate a una specie di accordo, non so, visto che se la tiene pure in villa, ma i primi tempi... Anna era molto gelosa di lei, Ilaria sostiene di averglielo dato, addirittura grazie a me, dandomi la sua verginità... ma in realtà, nel suo cuore, l'osso ce l'ha sempre ben stretto. Non so... arriverà un giorno che si sbraneranno per averlo, te lo dico io, ma per ora sembrano in tregua."

Silvia continuò a pensare; non le sembrava possibile che due donne si contendessero un ragazzo così immaturo, prima di tutto e, secondo, che, in lotta per lo stesso uomo, potessero giocare a carte tranquillamente sullo stesso tavolo come le aveva viste fare la domenica prima.

"Perdonami Andrea, non credo che tu mi dica una bugia, ma non credo che Ilaria intenda proprio amare nel senso di amare o non ti ha detto tutta la verità. Tra l'altro tu mi hai detto che non hanno fatto nulla, che con te Ilaria era vergine... quindi, perché prendertela tanto? Qui non ti capisco Andrea. Secondo me è semplicemente immatura, è una ragazzina e dice di amare suo fratello solo perché gli vuole molto bene e confonde anche lei l'affetto con amore. Anna forse l'ha capito e la sopporta come una futura cognata un po' stramba ma non pericolosa. O c'è qualcosa d'altro da capire?"

Nel frattempo erano arrivati allo spiazzale centrale del cimitero, Andrea si voltò verso un altro viale e disse:

"Eccome se c'è Silvia. Lì sta tutta la mia rabbia per Ilaria. Ti andrebbe di accompagnarmi un attimo in un posto, per favore? Hai fretta? Ti faccio vedere anche io qualcosa."

"No, Andrea, non ho fretta, portami pure."

Andrea deviò per un altro viale del cimitero, andarono nella parte più a nord, sulla collina; dopo circa duecento metri di una lieve salita arrivarono ad un campo con delle tombe per terra, Andrea andò nel viale centrale seguito da Silvia e si fermò ad una tomba di granito rosso recante la seguente iscrizione:

Luisa Parodi in Testino

12-4-1933 7-12-1980

Una scritta in ottone diceva:

"Cara mamma, guardami da lassù"

La tomba era ben curata, fiori recenti, ancora abbastanza freschi, stavano nel portafiori e un lumino era acceso. Andrea si fermò, non si fece Segno di Croce ma andò vicino alla fotografia e la toccò. Silvia rimase poco più indietro, Andrea ritornò al suo fianco.

"Silvia, questa è mia madre. Io credo di non aver mai amato altre donne a parte lei. Forse neppure Ilaria l'ho amata così. Sì lo so, Edipo, eccetera, le so queste cose. Ma avevo dodici anni. Fa impressione? Ti fa schifo, Silvia, se dico che amavo mia madre?"

Silvia lo guardò e gli sorrise:

"No, affatto, Andrea. Mi pare ovvio che un ragazzino di quell'età ami la mamma, deve passare per quella fase, per diventare uomo."

"Amare proprio amare Silvia, io ero convinto di sposarla, che diventasse mia moglie nel senso fisico della parola."

"Ma certo, ti ho capito Andrea, anche io per un po' di tempo avrei voluto sposare mio papà, sposarlo e far dei figli con lui. Ma è una fase. Tutti ci passiamo."

Andrea guardò la tomba, si chinò, tolse una foglia secca che era rimasta sulla lapide. Si alzò:

"Hai detto bene, Silvia, è una fase. Ma se questa madre muore quando il bambino stava ancora amandola e, per uno scherzo del destino, muore anche quasi per colpa sua...che succede?"

Dolore e perdono (Parti I - VI)Where stories live. Discover now