Jane si diresse all'infermeria. Passava ogni giorno a trovare Joanne da quando era stata imprigionata nel sogno di Adam, sperava di capire in tempo cosa non andasse in quel luogo. Non poteva andare da John, ci aveva provato un paio di volte ma la guardia all'esterno non l'aveva lasciata passare senza un permesso regolare firmato da Sili o dal Generale. John era ancora perso chissà dove e non erano riusciti a svegliarlo con nessun farmaco provato fino a quel momento. O non ci avevano provato abbastanza. Jane era sicura che se si fossero trovati alla vecchia base, la situazione sarebbe stata diversa. Ma la vecchia base non c'era più. E con lei David...

Prima di entrare si ricontrollò i capelli, aveva rimesso a posto la sua coda di cavallo senza uno specchio e non era certa di avere fatto un buon lavoro. Quegli incontri apparivano rischiosi; erano in guerra, e in qualche modo in quel posto sembrava che fossero quasi di due fazioni differenti. Si era accorta di come la guardavano i militari provenienti dalle altre basi. Non voleva creare problemi a Troy più di quanti non ne avesse già. La storia della sua squadra sterminata assumeva toni sempre più inquietanti ogni volta che la sentiva raccontare. Troy che era impazzito, o venduto, o Mutante; in ogni caso, lui aveva eliminato la sua squadra e nessuno lo voleva più accanto. Solo qualcuno degli uomini di Sili e tutti i cacciatori ancora in grado di uscire in missione. C'era una specie di epidemia, un'influenza che rendeva febbricitante almeno un quarto dei J. Si sperava che non fosse contagiosa al punto da fermare tutti loro. I più gravi, Jonas e Jamal, erano in infermeria. Jane sapeva di alcuni altri Reagenti affetti dalla stessa malattia, ma non li conosceva.

La porta dell'infermeria si aprì e Jane quasi si scontrò con un infermiere che stava uscendo, alto e imponente. Alzò gli occhi e lo osservò, scusandosi. Il volto le era familiare. Non era certa di averlo conosciuto, forse l'aveva solo visto lì nelle sue visite a Joanne. Fece per entrare, ma si fermò quando sentì il suo odore. L'odore del suo respiro era buono. Si girò a guardarlo di nuovo negli occhi. Era lui. Quello dell'ultimo contatto con Adam.

Devon si accorse dello sguardo di Jane e si bloccò anche lui per un istante.

«Non qui» le disse, «e non adesso».

In un attimo, si dileguò. Jane si sforzò di entrare in infermeria, perché quello che voleva era seguirlo e chiedergli spiegazioni, ma la sensazione di pericolo che le stava provocando un brivido lungo la schiena le diede la conferma che sarebbe stato meglio aspettare.

Entrò e preparò il suo sorriso migliore per una Joanne raggiante.

John ricadde nella mente di Adam.

Per fortuna la frequenza dei sogni era cambiata, come se Adam volesse dosarsi per non danneggiarlo ancora. Non lo aveva più visto. Tutto lo sforzo era volto a fargli esplorare quella base spettrale, occupata da fantasmi e cadaveri, che sapeva solo di morte.

John si era abituato alla morte; aveva visto i Persuasori uccidere decine di persone, aveva cacciato i mostri, aveva ucciso qualcuno di loro e anche il frutto della sua inseminazione era nato nel sangue. Nessuno dei suoi figli era nato in modo naturale, le femmine avevano aiutato i piccoli a uscire squartandosi il ventre con le mani, mentre loro da dentro le sbranavano. Ma quello che vedeva ora era diverso, più inquietante: si trattava del luogo dove erano cominciate le sperimentazioni, quello dove erano terminate e quello in cui gli umani avevano ripreso a sperimentare torture al limite della vivisezione nei confronti dei Persuasori, dei Mutanti di ogni tipo e anche di alcuni semplici infetti. Volevano comprendere i limiti e le differenze tra una specie e l'altra, volevano sapere cos'era successo in quegli anni. Perché non lo sapevano, questo sembrava piuttosto chiaro. Qualcuno aveva modificato la ricerca originale e l'esperimento era sfuggito dal controllo militare, solo non si capacitavano di come fosse accaduto e di quali e quante variazioni erano state apportate al dna autentico.

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