Contatto

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Joanne fu portata immediatamente in un'altra stanza. Qualcuno le avrebbe somministrato il vaccino sperimentale mentre medici e infermieri si occuparono di trasportare il corpo senza vita di Katie altrove e di pulire. Il bambino certo non l'avrebbero salvato, non potevano e non volevano. Jane diede una mano come poteva, poi John se ne andò con Sili.

Al bancone dell'infermeria, poco dopo, Jane si stava lavando via dalle mani quel sangue maledetto, rimasto incollato alla sua pelle così tanto che una semplice spugna imbevuta di acqua calda non sarebbe bastata a levarle di dosso quell'odore acre di ferro e morte. Una doccia, più tardi, l'avrebbe sicuramente fatta sentire meglio.

Non poteva credere a ciò che era appena successo. Gettò afflitta la spugna nell'acqua e appoggiò i gomiti al bancone, reggendosi la testa con le mani: era stanca, preoccupata, spersa. Come se tutte le certezze che aveva fossero sparite negli ultimi giorni. Non ce l'avrebbero fatta, erano condannati. Chiuse gli occhi per un istante, cercando di non piangere.

Percepì una presenza, alla sua destra, certamente un infermiere. Respirò profondamente e aprì gli occhi voltandosi per controllare.

Jack le cinse le spalle.

«Jack!» quasi gridò, prima ancora di vederlo davvero.

«Dovete andarvene» la sua voce era cambiata, più graffiante e profonda. Gli occhi erano velati di bianco. Non troppo, ma peggioravano velocemente, «stanno arrivando».

In quell'istante, l'allarme risuonò per tutta la base. A seguire, pochi secondi dopo, i primi colpi d'arma da fuoco. Tutti conoscevano la procedura per l'evacuazione, poco più di mezzo minuto e nei corridoi si sarebbe scatenato il caos.

«Jack» la voce di Jane era quasi un gemito, mentre allungava la mano in cerca del suo viso, per carezzarlo. La mano di lui pronta a fermarla poco dopo, quando il calore che Jane emanava gli aveva ricordato cosa sentiva.

«Andate via» era fermo e deciso.

«Vieni anche tu» la mano nella sua, «c'è ancora tempo».

«Stanno prendendo il controllo, vi tradirei» aveva ragione.

Intorno a loro il panico dilagava; gli infermieri portavano via tutto il possibile, le segretarie formattavano i computer, alcuni medici aiutavano i feriti a portarsi al punto di raccolta. Gli spari si erano avvicinati.

John e David la chiamavano, pochi metri più in là. Avevano visto Jack e sapevano che in pochi minuti sarebbe stato completamente in balìa dei Persuasori. Dovevano andare.

«Vai!» Jack lasciò la sua mano e la spinse via, delicatamente.

Mentre si allontanava, Jane si voltò più volte e lui stava lì, impalato nel bel mezzo del corridoio, in attesa di quei mostri che ormai erano diventati suoi egemoni. I militari gli passarono accanto e quelli che riuscirono a notare i suoi occhi ebbero per un attimo la tentazione di sparargli, ma lo conoscevano. E non c'era tempo. Chiusero la colonna di umani in fuga senza tentare di fermare gli intrusi. Oramai, era tutto perduto.

La strada attraverso i cunicoli era abbastanza facile da seguire, pochi segnali codificati e alcune paratie che si richiudevano dopo il loro passaggio, l'ingresso nelle fogne. Un percorso di sicurezza che era stato studiato per far raggiungere a chi doveva scappare dalla base una serie di mezzi pronti per la fuga. Elicotteri, moto e camion, oltre a un paio di mezzi attrezzati per le emergenze mediche.

Jane aiutò alcuni feriti, lasciò che tutti salissero sui mezzi. Mentre i militari prendevano posto dove potevano e davano l'ok per la partenza, lei sparì.



La vista dagli elicotteri mostrava una scena apocalittica: edifici in fiamme, gente immobile per strada e altra in fuga, strade macchiate di sangue, cadaveri, distruzione e disperazione totale. Sili era completamente muto davanti a quello scempio.

Area 3-13Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora