Joanne

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Dal momento in cui aveva parlato con Jane del loro sogno comune e di Dylan, non era più riuscita a pensare ad altro. Lo sentiva premere dall'interno, urgente.

Il desiderio di vederlo. Nient'altro.

Era stata lei a chiamarlo? O Adam aveva voluto avvertirle di qualcosa? Era quella l'Area 3-13 il cui logo era stampato sulle pareti di quella sala? Esisteva un'Area 3-13? Nonostante tutto, a spaventarla era ben altro che la presenza di Dylan nei suoi sogni.

Quel posto era strano. C'era ostilità nei confronti dei Reagenti, che per quanto riguardava Joanne era appena percepibile ma l'aveva imputato alla sua gravidanza. Una donna incinta, anche se di un probabile mostro, provoca sempre un istinto di protezione nel prossimo.

Poi c'era quel malessere diffuso tra tutti i suoi compagni di caccia... Nessuno di loro sapeva definirlo, ma erano come indeboliti. A molti era capitato di perdere sangue dal naso o svenire nei corridoi e nessuno dei medici sapeva spiegarne il motivo.

Lei era perennemente sotto controllo. Da quando erano tornate con Jack ferito, Joanne non aveva passato una notte fuori dall'infermeria, il monitor acceso quasi tutto il tempo.

Avevano paura del suo bambino anche se era normale, tutti gli esami lo confermavano; normale quanto lei e Jane, certo. E ora anche come Jack.

Rientrando dal suo turno alla porta ovest, camminava lungo i corridoi deserti che affiancavano il magazzino dell'artiglieria. Le girava leggermente la testa, ma non aveva mangiato nulla per quasi tutto il giorno. Era sicuramente un po' di debolezza. In infermeria avrebbe trovato un vassoio carico di cibo vero, non come le razioni che toccavano agli altri. Era fortunata anche in quello.

Inciampò. Dannata pancia che cominciava a ingombrare, si sentiva goffa e non ci era abituata. Si appoggiò al battente di una porta socchiusa, quella delle munizioni per le pistole, se non sbagliava. Qualcosa si muoveva là dentro, lo notò con la coda dell'occhio mentre si guardava i piedi, o almeno ci provava. Cambiò posizione per vedere meglio.

Jane. I capelli sciolti sulle spalle e l'uniforme aperta, era con qualcuno. Joanne sorrise tra sé e sé, pensando al buon vecchio Dean Straightlay che riprendeva la sua attività da rockstar dalla parte meno musicale. La sua fama di sciupafemmine non era smentita dai fatti. Non lo era prima che si mettesse con Jane, figuriamoci ora. Solo che l'uomo che stava emergendo dal basso percorrendo avidamente il corpo della sua amica non era Jack. Joanne rimase a guardare per qualche istante una Jane che non conosceva, fuori controllo e in qualche modo appagata, mentre si concedeva a un inaspettato Troy.

Non se lo aspettava, no di certo. Sapeva che lui aveva un debole per Jane, un tempo. Ma ora...

Se ne andò, rapida.

Una volta raggiunta l'infermeria, si mise a mangiare e aspettò che qualcuno venisse a collegarla al monitor. Il bambino scalciava allegramente, sembrava cresciuto nel giro di una settimana, ma forse era normale. Joanne non era mai stata incinta e nessuno intorno a lei aveva l'aria preoccupata. L'infermiere arrivò poco dopo.

Era quello simpatico con il naso evidente e quelle sopracciglia folte. Devon, forse. Ultimamente era lui a occuparsi di Joanne, il più delle volte. La sera era lì, le faceva le iniezioni, i prelievi e scambiava due chiacchiere con lei ogni volta. Aveva anche un buon odore.

Dopo l'inserimento di una flebo di integratori e i controlli di routine, Devon si fermò a parlare con lei; di come stava, di quello che aveva fatto durante il giorno e delle sensazioni che la gravidanza le provocava. Joanne si sentiva meglio, su questo non c'era dubbio. Quegli integratori dovevano essere favolosi.

Passò il tempo che lui aveva per lei a discutere di nomi maschili. Come ogni volta, i nomi che Devon proponeva non le andavano bene e lui aveva da ridire sui pochi che a lei venivano in mente. Il nome di un ex qualsiasi non poteva andare bene, quello di suo padre era da escludere e così pure quello del patrigno con cui Joanne aveva avuto una relazione nella sua vita precedente. No, doveva trovare un nome adatto a quel bambino speciale. Perché era sicura che lo fosse, speciale.

Area 3-13Where stories live. Discover now