Mesi

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Dean stava suonando, lento, in un locale piuttosto conosciuto in città – il Chemical Stone – famoso soprattutto per i suoi strepitosi cocktails serviti in strani bicchieri di pietra scura e rudimentale.

Ci aveva messo un po' a riacquistare sicurezza. Il fatto di essere stato un Draidem ancora gli procurava lavoro con facilità. Il gruppo non aveva mai dato spiegazioni riguardo alla sua assenza, si erano limitati a dire che non suonava più con loro. Lui aveva fatto lo stesso, inutile creare voci eccessive, sul suo curriculum restava il gruppo e a lui tanto bastava. In fondo, non era nemmeno così terribile senza di loro.

Lavorava, e qualche volta riusciva anche a scoparsi una fan in nome dei vecchi tempi. Lavorava da solo, quasi sempre. Chitarra e voce, come da ragazzino, quando muoveva appena i primi passi nel mondo della musica. Non era più abituato a cantare e le prime volte era stato complicato, quasi si vergognasse della sua voce. Poi quella era venuta fuori, limpida e sincera.

Qualche volta, come quella sera, Dean suonava con un bassista, Alec. In gamba, giovane e idealista. Avevano un repertorio vario, adeguabile a ogni occasione.

Il palco era poco elevato da terra, un metro circa. Sotto, nel buio, si agitavano giovani e meno giovani. Un pubblico eterogeneo, quella sera.

La mano sinistra scorreva fluida sulla tastiera mentre la destra pizzicava dolcemente le corde. Piano, con tutta la calma del mondo. Il basso che forniva il tempo, tutto era perfetto.

Dean sentì un formicolio alla base del collo, appena sopra alla maglietta. Chiamiamola eccitazione, come la carezza provocante di una bella ragazza.

Alzò lo sguardo, prima perso nelle sue note e nella perfezione della musica in sé. Il pubblico sembrava più che apprezzare il brano; dal suo punto di vista, si stava addirittura accoppiando ferocemente sotto il palco. I loro corpi ondeggiavano a un ritmo strano, non controllato dalle sue note, ma da altre pulsioni. Sembravano animali mossi da un improvviso desiderio di sesso violento. Era esterrefatto. Insomma, lui stava suonando.

Che cazzo!

Non aveva sentito arrivare la donna alle sue spalle. Si domandò, per un istante, che fine avesse fatto il servizio d'ordine. Posto che il locale ne avesse uno funzionante. Alec era così concentrato sugli accordi che nemmeno lui si era reso conto di quello che stava per accadere.

Dean non fece in tempo a muoversi, che in un istante lo sentì: un dolore sottile e pungente che trafiggeva la sua pelle...

«Guarda... » Jane ritrasse la pistola che conteneva il siero, indicandogli il pubblico davanti a loro.

Dean impiegò qualche secondo prima di mettere a fuoco la massa che gli pareva indistinta. Se prima oscillava, ora una serie di fantasmi se ne stava lì in piedi a fissare il palco, mentre altri erano seduti a terra con gli occhi persi nel vuoto. I fantasmi erano tutti uguali, o almeno così sembravano. Forse aveva esagerato con la roba e con l'alcol, non era possibile che ci fossero almeno trenta individui vestiti uguali e calvi, bianchi e orrendi, tutti nella stessa sala come una fottuta invasione di vampiri, e che nessuno se ne fosse accorto.

A bocca aperta si sentì gelare il sangue e perse la presa sulla chitarra, che fino ad allora aveva continuato a suonare, nonostante tutto. A quel punto, Alec si accorse che qualcosa non andava e si voltò verso l'amico. La donna in piedi accanto a lui, in una tuta aderente nera e dai lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo, era armata e aveva una pistola per iniezioni in mano.

«Cosa diavolo... » riuscì a dire prima che Jane balzasse su di lui e lo colpisse con una gomitata, stendendolo.

Jane settò la pistola per iniettare ad Alec una nuova dose. Doveva dimenticare tutto, perdere ogni nozione della serata. Poi, si girò verso Dean, che la guardava terrorizzato.

Area 3-13Where stories live. Discover now