Jill

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Seconda Parte

Jill

Quando si accorsero che era sparita, dalla base inviarono la squadra più vicina in meno di cinque minuti. Il concerto era quasi al termine, una folla urlante e apparentemente non infetta saltava sotto il palco al ritmo della musica, cantando all'unisono parole che si confondevano in quell'aria carica di energia.

Agli altri cacciatori fu dato l'ordine di convergere al locale, per aiutare nelle ricerche. Forse, Jill aveva trovato qualcosa.

Con ansia crescente, si resero conto che non c'era traccia di Persuasori né di infetti in quel posto. Mostrarono a qualcuno la foto di Jill, ma nessuno sembrava averla notata.

Alla discoteca risultava un solo infetto, quello trovato da Jane, che la squadra aveva preso e fatto trasportare alla base. Avevano seguito le tracce di Jane fino a un certo punto, per poi perderle.

Fu allora che si resero conto che anche lei era come volatilizzata. Le comunicazioni si fecero sempre più concitate.

Jane non era tornata alla moto.

Stava correndo per le strade verso un indirizzo preciso. Aveva rimesso la pistola nella fondina e guardava a malapena intorno a sé mentre seguiva le istruzioni di David.

Era vicina. Un posto tra la discoteca e il concerto, edificio poco abitato, lo aveva visto nella sua mente.

Jill era con lui, parzialmente rivestita e con l'espressione docile e inebetita. Ma camminava e sembrava ancora presente, forse non era troppo tardi.

Giunse al palazzo, un edificio d'epoca, non male. L'atrio, vuoto e scarsamente illuminato, mostrava un'apertura poco più avanti; probabilmente si trattava della porta che conduceva all'alloggio del custode, ma nulla lasciava pensare che ci fosse vita in quel posto, sembrava abbandonato ormai da tempo. Jane salì le scale, ben cosciente del fatto che David si trovasse al secondo piano e fosse parecchio nervoso: qualcosa non stava andando secondo i suoi piani.

Jane si bloccò di colpo. David era più che nervoso, ora. Sembrava contrariato e infastidito da qualcuno... Aidan. Lui era lì e non era stato invitato, era lì per controllare David.

Con la dovuta calma, Jane salì l'ultimo piano di scale. Voleva sentire il più possibile prima di andare a donarsi al nemico.

Non estrasse la pistola, David non le aveva mai fatto del male e lei non credeva che intendesse fargliene. Camminò lungo il corridoio, raggiunse la porta dell'appartamento ed entrò.

La stanza era immersa nella semioscurità e David era lì in piedi, braccia conserte e schiena appoggiata all'unico armadio presente in fondo alla sala: la stava aspettando. Il pavimento in legno scuro scricchiolò al passaggio di Jane, che piano chiuse la porta e continuò a camminare verso di lui. Non vedeva Jill e nemmeno Aidan, ma sapeva che erano lì.

David allungò una mano in segno di invito e Jane non rifiutò. Il solo guardarlo negli occhi la confondeva, cercò di evitarlo ma non poté fare a meno di notare la sua camicia ancora semi aperta, che lasciava intravedere quel petto che Jane ricordava fin troppo bene, come ricordava fin troppo bene il modo in cui quella stessa camicia cadeva leggera sul suo corpo statuario durante il loro primo incontro. Le era capitato più di una notte di rivivere quel tanto strano quanto magico momento.

Le loro mani si sfiorarono, nessuna immagine, ma la scossa era percepibile. La mano sinistra di lei nella destra di lui. Le mancò il respiro per un istante.

Poi disse: «Jill, mi dispiace» David usò la voce umana, «Aidan aveva fame».

«Cosa?» Jane sembrava confusa, nella sua mente la voce di David stava dicendo altro.

Area 3-13Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt