L'incubo diventa realtà

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Apro gli occhi, umidi e tremanti, come fiaccole nel buio inverno. La paura mi trattiene tra le sue potenti grinfie, improvvisa come questa tempesta, che oscura il mio cielo. Quasi non respiro mentre guardo verso l'alto. La testa umida si gira confusa e dolente. Sento vibrare come un tamburo la mia pelle, le mie mani poggiano incerte sul mio petto mentre serro la mascella con forza per far sparire il rumore del mio stesso timore. Deglutisco e sposto lo sguardo sul bosco, scuro e denso, ondeggiante tutt'attorno a me, impetuoso e liquido ai miei occhi, che risultano pesanti ed annebbiati. La natura stride sotto le gocce di pioggia e colpita, sanguinante, rilascia in silenzio il suo dolore nella terra, il sangue suo trasparente che cala profondamente e che mi trapassa tutto il corpo, come una spada inarrestabile, come un destino inesorabile. I rumori sono acuti e maledetti, martellanti nella mia testa, come delle urla implacabili. Poggio i palmi sulla terra viscosa, sento il mio corpo sprofondare ed i rami diventano mani, tese su di me, minacciose come quelle di cento assassini.

Mi sento afferrare, una presa rovente che mi fa urlare di dolore. Il mio urlo silente si propaga per tutta la foresta, facendo scomparire il rombo incessante della tempesta e dei suoi tuoni. La mia gola è in fiamme, stretta in una morsa letale ed iraconda di una mano umana, ma invisibile. Un eco risuona nelle mie orecchie. Silente, tremo come una fredda foglia d'inverno, e resto ferma, gelida, inerme. Non riesco a capire se sto sognando o è tutto così reale e doloroso. Non sento più rumori, eppure ecco che la pioggia continua a battere a ritmi incostanti sul mio viso ed il vento a percuotere il mio corpo. Sono esausta, confusa. Chiudo gli occhi, con un sibillo nella testa, che sussurra parole sconosciute, di una lingua pericolosa e mortale.

Mi sveglio di soprassalto, incapace di mettermi seduta. Tutti i miei muscoli sono come cristallizzati. Respiro, aprendo le mani, chiuse in due pugni bianchi e dolorosi.

La mia schiena è dolente quando provo ad alzarmi, il mio viso bagnato dal sudore è enfio, forse per il pianto. Mi metto seduta, incrociando le gambe e toccandomi la nuca bagnata. Negli ultimi mesi i miei incubi sono diventati incomprensibili ed oltremodo agitati.

Mi reco in bagno e lascio scorrere l'acqua calda nella doccia, mentre mi spoglio con lentezza. Ho bisogno di togliermi il sudore di dosso, mi sento febbricitante. L'aria fredda del bagno colpisce la mia pelle pallida, percossa da brividi. Osservo i miei occhi marroni, stagliati nel riflesso dello specchio, stanchi ed appannati dal tormento della notte passata e sfioro con le dita i punti gonfi del mio viso, tutt'intorno al naso ed agli occhi. Applicherò del ghiaccio dopo la doccia. Riabbassando la mano vedo qualcosa di insolito, un'ombra sul mio braccio. Con il timore nel cuore accendo la luce a led che sovrasta lo specchio, inondando il bagno di luce calda, e guardando meglio vi trovo una bruciatura che va dalla base del polso alla metà del mio avambraccio. Ha la forma di una mano. Un brivido mi attraversa, ripensando al sogno della notte scorsi. Il mio cuore sembra fermarsi per lo spavento. Forse sono diventata una sonnambula, ma come posso avere una scottatura a forma di mano, impressa sulla mia carne?

Chiudo l'acqua e con il braccio raccolto al petto, come a volerlo proteggere, torno nella mia camera. Osservo la scena illuminata dalle luci leggere dell'alba. Niente sembra essere fuori posto, è tutto dove l'ho sempre lasciato: la scrivania piena di libri, il giaccone appeso alla stessa gruccia scura di sempre e lo zaino sempre appoggiato nell'angolo buio della camera. Ma avverto che c'è qualcosa fuori posto, forse sarà l'agitazione. Le mani fredde si aggrappano al bordo del letto, osservando che tappeto è spostato e che ci sono delle orme di fango sul pavimento beige. Le mie scarpe sono scomparse. Mi guardo intorno, confusa, affannata, chiedendomi come potesse essere successo. Controllo i miei piedi, ma non c'è alcuna traccia di fango o di sporco. Appoggio la mano sulla fronte calda ed un sapore metallico mi pervade la bocca. Il braccio inizia a darmi fastidio, pizzicando incessantemente, vi sento una presa invisibile. É di un colore rubino intenso, anche se visto sotto la luce naturale sembra più una voglia.

Mi siedo sul bordo del letto, guardando fuori dalla mia finestra. Le nuvole della sera prima stanno sparendo, lasciando intravedere un cielo limpido. "Quelle sono nuvole da temporale." dico tra me e me. C'è stato un temporale? Provo a ricordare quello che è successo nel mio sogno e quasi mi si chiude la gola in un nodo. Cosa mi succede? Provo a concentrarmi, ma è tutto così confuso, la mia testa è annebbiata, vedo solo dei piccoli, mostruosi frammenti di quello che speravo fosse un sogno. Guardo l'orologio sul mio comodino, segna le 6.15 di mattina. Mi alzo di scatto e torno in bagno per cercare qualcosa con cui poter coprire l'ustione, devo risolvere un problema alla volta e restare il più calma e lucida possibile. Mi sembra di affogare. Apro gli armadietti con le piccole mani fredde e le manopole sfuggono alla mia presa. Non so cosa io stia cercando di preciso e mi sento alquanto patetica, sono sempre stata una persona estremamente razionale, ma adesso è tutto così diverso, surreale. Non mi riconosco più, è come se il mio viso paonazzo si sfigurasse nello specchio. Prendo una garza, la crema per le scottature e metto il braccio sotto il getto d'acqua gelida. Applico la crema in maniera generosa e copro il tutto con la garza. La fasciatura mi esce quasi bene, nonostante le mie mani tremanti. Prendo un guanto di plastica e lo indosso, chiudendolo con un elastico e sperando che isoli abbastanza dall'acqua.

Lo scroscio caldo sulla mia testa è piacevole e sento la muscolatura rilassarsi, ma non riesco a togliere i dubbi dalla mia mente. Controllo tutto il corpo alla ricerca di altri segni, ma per fortuna non trovo nulla, è tutto nella norma. Lascio cadere l'acqua sul viso ed improvvisamente ho un dejavu; ricordo l'urlo soffocato, la pioggia che cade incessante, io sdraiata in una pozzanghera e quella mano che mi ha afferrata, proprio lì, dove adesso c'è la fasciatura. Lo ricordo vividamente, troppo bene per essere solo un sogno. Avvolgo il mio corpo in un asciugamano ed esco dal bagno. Mi vesto velocemente e mi siedo alla mia scrivania, prendendo il telefono.

-Ho bisogno di te.- scrivo.

Appoggio il telefono sul tavolo e pensierosa inizio con il coprire le occhiaie. I capelli scuri e bagnati mi incorniciano il volto pallido, facendomi sembrare ancora più spaventata di quanto non lo sia di già.

Sento bussare lievemente alla porta.

-Avanti.- Dico con la voce rotta. Mi fa male la gola.

La porta si apre piano, senza fare alcun rumore. Si affaccia mia madre, con sguardo preoccupato, che analizza prima me, la fasciatura e poi la stanza, soffermandosi sulle orme sul pavimento. Il suo sguardo torna su di me, ma non riesco a decifrarlo, a capire cosa stia succedendo. Respira a fondo mettendo una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio e, schiarendosi la voce, con fare serio annuncia:

 -Vado a prendere uno straccio. Ah, e per favore resta qui Clare, è arrivato il momento di dirti una cosa.-

Il mio cuore precipita in un abisso di incertezze mentre la porta si richiude dietro mia madre. 

Un messaggio dal futuro - WattysDove le storie prendono vita. Scoprilo ora