𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 13 (Callum)

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"𝔏'𝔞𝔩𝔱𝔯𝔲𝔦𝔰𝔱𝔞 𝔢̀ 𝔠𝔬𝔩𝔲𝔦 𝔠𝔥𝔢, 𝔞𝔫𝔠𝔥𝔢 𝔮𝔲𝔞𝔫𝔡𝔬 𝔠𝔞𝔡𝔢 𝔞 𝔭𝔢𝔷𝔷𝔦,𝔰𝔦 𝔣𝔢𝔯𝔪𝔞 𝔞 𝔯𝔞𝔠𝔠𝔬𝔤𝔩𝔦𝔢𝔯𝔢 𝔦 𝔱𝔲𝔬𝔦"

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"𝔏'𝔞𝔩𝔱𝔯𝔲𝔦𝔰𝔱𝔞 𝔢̀ 𝔠𝔬𝔩𝔲𝔦 𝔠𝔥𝔢,
𝔞𝔫𝔠𝔥𝔢 𝔮𝔲𝔞𝔫𝔡𝔬 𝔠𝔞𝔡𝔢 𝔞 𝔭𝔢𝔷𝔷𝔦,
𝔰𝔦 𝔣𝔢𝔯𝔪𝔞 𝔞 𝔯𝔞𝔠𝔠𝔬𝔤𝔩𝔦𝔢𝔯𝔢 𝔦 𝔱𝔲𝔬𝔦"

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Quel pomeriggio mi recai a casa della signora Wurstel. Il cancello arrugginito del vialetto era accostato e dei ciuffi d'erba iniziavano già a spuntare dal ciottolato che si snodava tra le aiuole trascurate.

Probabilmente era ipocrita da parte mia, considerato il mio cognome non proprio comune, ma nel leggere la scritta sul campanello mi venne da sorridere tra me e me.

Oltre ad avermi dato l'indirizzo come le avevo richiesto, Rosalie mi aveva spiegato che l'anziana Ginette era una vedova che viveva da sola da una cinquantina d'anni. Di conseguenza non mi aspettavo di trovare qualcuno che mi aprisse, anche se tentai comunque a bussare un paio di volte prima di ricorrere alle soluzioni alternative.

Non ottenendo nessuna risposta, sgattaiolai furtivo sul retro dell'abitazione. Dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, indossai i guanti di pelle, afferrai la maniglia ed esercitai una lieve pressione. La serratura si ruppe all'istante. Aprii la porta quel tanto che bastava per infilarmi dentro, quindi la lasciai socchiusa.

Nell'aria aleggiava una puzza d'incenso. Era vaga, vecchia di giorni, ma io riuscivo a fiutarla così bene da avvertire un bruciore al petto a ogni respiro. Tra i nostri poteri, l'olfatto sovrasviluppato era senza dubbio uno di quelli di cui avrei volentieri fatto meno, soprattutto in certe circostanze.

Il soggiorno era alquanto grazioso, malgrado i puzzle incorniciati alle pareti fossero tutti fastidiosamente storti. Sulle mensole erano sistemate delle bambole di pezza, di sicuro realizzate a mano, con delle pietruzze al posto degli occhi e notai una collezione di soldatini dietro una vetrina.

Sembravano dei giocattoli per bambini, anche abbastanza rovinati, il che era strano perché mi risultava che non avesse avuto figli.

Presi ad aggirarmi per la stanza, senza avere la minima idea di cosa stessi cercando. Ero consapevole che fosse davvero improbabile che riuscissi a trovare qualcosa di utile, eppure non avevo potuto resistere alla curiosità. Forse Kath aveva ragione quando mi definiva più testardo di un mulo.

Appena mi spostai nella camera da letto, rimasi scioccato da ciò che vidi. Era disseminata di post-it attaccati ovunque: l'armadio ne era pieno, ma ce n'erano parecchi incollati anche alle pareti, alla cassettiera, allo specchio e persino alle tende.

Ne staccai uno dalla sveglia sul comodino; sopra era scarabocchiata la frase "Alfred non c'è più. Non serve che gli prepari il caffè alla mattina".

Scorsi in fretta anche gli altri. La maggior parte erano appunti su cose da ricordare, come se temesse di poter dimenticare il codice della carta di credito o addirittura la data di morte del marito. Ma la mia attenzione venne presto catturata dai foglietti con la carta rossa appesi alle ante dell'armadio, ovvero delle note riguardanti un gatto di cui però non c'era nessuna traccia -né ciotole né tiragraffi, neppure una lettiera.

Fear of SilenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora