| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 7 |

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<<Mi sentivo attratta da quell'uomo, come se avessi una corda legata alla vita e lui la stesse lentamente, inesorabilmente tirando.>>


San Juan, Portorico

"Non mi interessa proprio per niente quello che stai dicendo, Mateo!" tuonò, con un timbro di voce che andava dall'isterico al frustato, Penelope. "Dov'è?" chiese poi, cominciando a percorrere il lungo corridoio che conduceva alle molte stanze da letto poste al primo piano.

"Te l'ho già detto, Penelope" rispose l'uomo dalla carnagione scura, seguendo, come un'ombra, la snella figura della giovane dai lunghi capelli castani. "E' con El Perro e Castro ad una riunione d'affari in centro città" proseguì, non smettendo un attimo di seguirla.

"Non ti credo!" esclamò la Soler. E, mentre lo diceva, aprì una delle tante porte delle camere dei Siervos del Diablo. Cercando poi, in tutte le stanze, la figura del suo uomo. "Dove si è nascosto?"

Nell'udire quell'ennesima domanda, di quella fastidiosissima cantilena che, oramai, andava avanti da quasi mezz'ora, Bravo sollevò gli occhi al cielo, scuotendo il capo in segno di negazione.

Odiava a morte dover dar conto, ad una donna, ciò che riguardava gli affari del cartello.

Odiava, più di ogni altra cosa, dover fare, quasi, da balia ad una donna di quasi trent'anni.

Odiava quando, la donna, cercava, inutilmente, di metter voce nelle decisioni che riguardavano i Siervos del Diablo.

Odiava, o almeno iniziava a farlo, Penelope Soler.

Ma, per il suo bene, e soprattutto per il bene della sua testa, che rimanesse al proprio posto, si era sempre trattenuto. Mordendosi, più e più volte, la lingua.

"Non c'è speranza" disse poi, in un sussurro. Non volendo minimamente farsi sentire dalla ragazza. "Penelope, davvero. Non so più come dirtelo" sbuffò, esasperato. Si passò i polpastrelli del pollice e dell'indice sulle palpebre abbassate, cercando una soluzione.

Non appena riaprì gli occhi, la statuaria figura di Francisco, gli si balenò sotto il suo sguardo. L'uomo dagli occhi chiari, dopo essere uscito dal bagno, seminudo, dato che si era appena fatto la doccia, aveva visto quel piccolo tornado castano, irrompere nella sua camera. A piedi scalzi, Vargas, rapidamente raggiunse Bravo. E, sottovoce, gli chiese cosa stesse succedendo.

"Chiama Asier. Digli che tornino alla villa quanto prima" mormorò, in risposta, Mateo. Facendo segno all'uomo dagli occhi chiari di spicciarsi con la telefonata.

Senza aggiunger altro, Vargas, con passo veloce, raggiunse la propria camera da letto, la quale, per sua fortuna, era stata liberata, per così dire, dal controllo da parte della Soler.

"¡Ay, las mujeres!" si lasciò sfuggire dalle labbra, dopo aver chiuso, con un colpo assestato col piede, la porta laccata di bianco.

"¿Está saliendo con otra mujer?" chiese lei, dopo aver controllato l'ultima stanza del primo piano. Incrociando le braccia sotto il seno.

"Claro que no!" disse, questa mezza verità, il ragazzo dalle origini afro.

Perché, dopotutto, Ruben Perez ancora non si stava frequentando con nessuna. Certo, stava ronzando attorno alla biondina dagli occhi azzurri, ma ancora non c'era stato nulla di che.

Solamente un'inspiegabile sostituzione di un drink. Ed il capo di un famigerato cartello portoricano mezzo morto.

Nulla di più.

"C'è in ballo un grosso affare. Per questo motivo, El Diablo, si è assentato"

"Doveva farlo proprio oggi?" domandò la Soler, sollevando il mento. "Secondo me non si ricorda nemmeno che giorno è, oggi" aggiunse poi, abbassando, di qualche nota, il tono della sua voce.

ᴇʟ ᴅɪᴀʙʟᴏ - ɴᴏɴ ᴛᴜᴛᴛᴏ ɪʟ ᴍᴀʟᴇ ᴠɪᴇɴ ᴘᴇʀ ɴᴜᴏᴄᴇʀᴇ  ᴠᴏʟ. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora