Episodio 10 - Chi ha paura del drago?

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Passato,
Epoca post primo sortilegio,
Monte Olimpo.

Era fatta. Dopo aver superato lo scoglio del fiume delle anime e aver permesso agli dei di mettere alla prova il suo cuore di figlia devota, Emilie Gold proseguì sicura il cammino che restava da fare, convinta che niente e nessuno potesse più frapporsi fra lei e il nuovo lieto fine per la sua famiglia.
Attraversarono i vasti campi che circondavano l'Olimpo, fu una traversata più lunga del previsto che costò loro due giorni e mezzo di cammino lungo le sponde del fiume, ora diventato un placido torrente. Non fu spiacevole, anzi. Il clima mite e il terreno fertile offrirono ore di sole a sufficienza per permettere alla giovane Gold di migliorare la sua abilità con l'arco e cibo e acqua fresca in abbondanza per risollevare il morale e la salute della banda di Robin Hood.
Tuttavia, una volta giunta a pochi chilometri dall'ingresso della caverna in cui era imprigionato il dio del tempo, un'ombra calò sul suo cuore.
Era l'alba, il sole appena sorto illuminava una pianura spoglia e sassosa ricoperta da grossi massi caduti dalla cima del grande Monte, voragini, scheletri anneriti ed enormi chiazze di fuliggine lungo tutto il sentiero tortuoso che conduceva all'ingresso buio dell'enorme antro, ben visibile anche da quella distanza.
Nascosti dietro la barriera sassosa che delimitava il confine dell'area, Robin Hood, Emilie Gold e un piccolo gruppo di uomini osservarono attentamente il campo di battaglia.
 
«Per tutti i diavoli...» mormorò stupefatto Will Scarlett, lasciando scorrere gli occhi su tutta quella desolazione.
«A quanto pare non siamo i primi ad aver tentato questa impresa.» commentò Robin Hood, facendosi pensoso e rivolgendo la sua attenzione ad Emilie, che gli stava accanto.
 
Lo fecero tutti, e solo allora si accorsero di una strana luce nel suo sguardo. Non li stava ascoltando, osservava a occhi sgranati il cielo e tratteneva il fiato, a bocca spalancata.
Sembrava avesse paura... anzi terrore.
Milan fu la prima a capirlo, e provò a riscuoterla toccandole la spalla e chiamandola per nome. La vide riaversi bruscamente, rivolgendole uno sguardo spaesato.
 
«Qualcosa non va?» chiese.
 
Alle sue spalle Ewan le rivolse uno sguardo preoccupato, vedendola tacere, visibilmente a disagio.
A centrare il punto, senza volerlo in realtà, fu il Fante di Cuori.
 
«Che c'è?» la canzonò con disinvoltura «Non mi dire che hai paura di un drago?»
 
Ma quella battuta parve non piacere affatto alla figlia del Signore Oscuro, che gli rivolse uno sguardo gelido e tagliente, talmente tanto che se si fosse trattato di una spada lo avrebbe di sicuro ucciso sul colpo.
Si zittì, rabbrividendo e abbassando gli occhi.
 
«Emilie...» le disse Ewan, tentando di incoraggiarla «Non sarai da sola, se vuoi. Noi ti guarderemo le spalle.»
«Ewan ha ragione.» confermò Robin Hood «Non dovrai preoccuparti, al bestione pensiamo noi. Tu pensa a portare a termine la tua missione.»
 
Continuando a tacere, Emilie tornò a fissare gli scheletri che costellavano il sentiero.
"Io... non ho paura" pensò, sentendo il cuore tremare come gelatina. Era vero, in un certo senso. Non aveva paura della morte, quella dei suoi genitori le aveva insegnato ad affrontarla, né dell'ignoto, o di un qualsiasi altro pericolo. Avrebbe affrontato anche un dio per amore di suo padre, ma la paura era qualcosa di razionale, nulla che non si potesse risolvere conoscendo ciò che poteva provocarla.
Ben diversa era una fobia, come quella che provava lei verso i draghi.
Quei mostri alati, dalle grandi zanne e gli occhi vitrei, capaci di scuotere un monte con un ruggito e abbattere una foresta con un solo alito di fuoco.
Aveva radici antiche, quel suo terrore, talmente tanto che non era ancora riuscita a capire né quando avessero attecchito né quale fosse stata la vera causa.
Suo padre era stato definito da tutti un codardo prima di diventare un Signore Oscuro, un uomo negletto, capace di lasciarsi spaventare perfino dalla propria ombra. Quell'onta lo aveva perseguitato per molto tempo prima che qualcuno riuscisse a insegnargli il coraggio, talmente tanto che perfino dopo la nascita dei suoi due figli, Gideon ed Emilie, aveva continuato a sentirsi tale a volte, costringendo Belle a rassicurarlo, seguitando paziente a ricordargli quanto in realtà le sue stesse azioni avessero reso quelle accuse nulle da tempo ormai.
Lentamente quelle rassicurazioni avevano sortito il loro effetto ed Emilie era cresciuta ammirando un Tremotino disposto ad affrontare tutto pur di proteggere la propria famiglia oltre che se stesso.
Le aveva insegnato il coraggio, diventando assieme a Belle un esempio da imitare anche in questo campo.
Eppure, un piccolo seme di quella codardia doveva essere rimasta sepolta nei geni che le aveva trasmesso, fino a che un giorno, del tutto inaspettatamente, non si era palesata ai suoi occhi.
Aveva sedici anni, e come sua madre era un'avida lettrice di libri di ogni genere. Soprattutto, amava leggere la sera, prima di scivolare nel patinato mondo dei sogni.
Leggeva favole, o racconti di avventure ambientati in ogni luogo del mondo, in modo da avere un mondo sempre diverso da visitare in sogno. Una sera era intenta a leggere un volume che racchiudeva antiche leggende della foresta incantata quando, voltando pagina, si ritrovò di fronte a un'illustrazione piuttosto realistica di un drago nell'atto di spalancare le sue fauci verso il lettore.
Era un libro incantato, quindi come tutte le altre illustrazioni che conteneva anche quella sembrava muoversi, come se volesse uscire fuori dalla cornice d'oro che la intrappolava.
Forse fu anche merito del buio totale e del silenzio che l'avvolgevano, che resero più vividi i colori e i movimenti. Di fatto, fu colta da un terribile spavento che la indusse a tapparsi la bocca per non urlare e a richiudere il libro, gettandolo lontano.
Per fortuna nessuno la sentì, perché suo fratello era partito per l'università e i suoi genitori erano fuori a guardare le stelle, stretti in un abbraccio.
Ma il cuore seguitò a batterle in gola per un bel po', gli occhi si riempirono di lacrime e per un po' non fu in grado di chiudere occhio, fissando il buio di fronte a sé a palpebre sgranate, come se temesse che quell'orrida creatura potesse ripresentarsi non appena lei avesse smesso di guardare.
Quella fu la prima volta che le capitò di vedere un drago, anche solo attraverso le pagine di un libro. E seguitando ad alimentare inconsciamente quella suggestione da quel giorno stette ben attenta a evitare in ogni modo quell'argomento, anche solo menzionando quella parola, cercando invano nel frattempo di capire da cosa derivasse quel suo terrore.
In fondo, volendo essere razionali, non era stato che un attimo di sorpresa, e dopo quel giorno aveva avuto modo di assistere a molte altre manifestazioni anche più terrificanti, prima fra tutte la visione della versione peggiore di suo padre, il Coccodrillo del Desiderio.
Eppure null'altro era stato capace di provocarle quel terrore paralizzante che l'aveva colta quella sera e che continuava a intrappolarla ogni volta che provava anche solo a pensarci.
"Io non ho paura..." si ripeté, seguitando nel frattempo a fissare negli occhi uno a uno i suoi compagni di viaggio mentre il desiderio di scappare via lontano da quel posto il più veloce possibile si faceva sempre più pressante.
"Non temo gli scheletri, né il buio, la solitudine, men che meno la magia nera o il Signore Oscuro."
Ma i draghi, quelli sì. Di quelli aveva un terrore spropositato, che trasformò i suoi più grandi propositi in cenere e le sue gambe in neve sciolta al calore del sole.
Sospirò, rendendosi conto di dover fare o dire qualcosa.
Tornò a guardare negli occhi l'unico presente che fosse stato in grado di far breccia nel suo cuore, e d'improvviso si ricordò del più grande insegnamento ricevuto.
Il vero amore rende possibile ogni cosa, perfino far nascere il coraggio in un cuore ormai assuefatto alla paura.
Annuì, seguitando a guardare il suo arciere, che le sorrise annuendo a sua volta.
 
«Io...» iniziò, ma dovette fermarsi di nuovo, scuotendo con vigore il capo per tentare di allontanare un altro brivido «Avete ragione, non posso rinunciare proprio ora.»
 
Quindi si alzò, e stringendo la mano con l'anello regalo di suo padre al petto decise.
 
«Andiamo. Entro stasera l'occhio di Cronos sarà mio, costi quel che costi.» poi si voltò verso tutta quella desolazione e aggiunse sottovoce, determinata «Te lo giuro, papa. Gli altri ci hanno provato, io ci riuscirò.»
 
Più facile a dirsi che a farsi in realtà.
 

OUAT - Lost in the MiddleOnde histórias criam vida. Descubra agora