V ~Acchiappa la regina~

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Chris

Il mio banco era il terzo.
Il terzo in fila, prima dell'enorme cattedra della Fishmann.
Era il banco più bello, lo volevano tutti. Vicino la finestra, lontano ma non troppo da quella donna.

Eppure io odiavo quel banco, proprio perché odiavo quella finestra.
Mi distraeva, il suono degli uccellini, il suono delle risate dei bambini che pedalavano nelle loro biciclette, e facevano suonare quei fastidiosissimi campanellini, come se non fosse già estenuante il rumore delle loro risate.

Posai la mano contro la guancia, e mi distrassi, mentre il colletto della camicia premeva contro la mia gola fino a quasi soffocarmi.

"Leclerc, è il tuo turno" fremetti sulla mia sedia quando l'orribile voce di quella donna pronunciò il mio nome.

Le mani presero a prudermi e mille occhi presero a puntarmi incessantemente.
Li fissai, inespressivo.
Era la mia unica arma di difesa: l'apatia.

Mi alzai, e lo stridere della mia sedia risuonò fra quelle quattro mura ammuffite.
Arrivai persino a sperare che questo posto ci crollasse addosso, con tutti noi dentro.
Era il mio più grande sogno.

Mi avvicinai alla cattedra, non guardai neanche per sbaglio la Fishmann in faccia: era ripugnante.
Aveva dei brufoli che le creavano dei solchi sul mento, degli spessi occhiali sul naso e le mancava persino un dente.

Affiancai la cattedra, sotto lo sguardo attento di tutta la classe. Trattenevano tutti il respiro, ogni qual volta era il mio turno.
La Fishmann tirò fuori la bacchetta dal cassettone, la strinse tra le dita e prese a fissarmi: come si fissa un cane in mezzo alla strada, consapevoli del fatto che fra qualche minuto potrebbe essere sotto le ruote della macchina.

Acchiappò un foglio, me lo mise sotto il naso.
Non sapevo l'inglese perfettamente, ancora, e fu quella la mia rovina.

"Leggi" sibilò, pressando le nocche contro la cattedra.

Le dita mi tremavano mentre stringevo quel pezzo di carta tra le mani, non avendo idea di quello che il testo parlasse.

Mi schiarì la voce e assottigliai lo sguardo.
Bastava una sola lettera pronunciata in modo sbagliato, e la bacchetta finiva sulle nocche delle mie mani.

"Hai sette anni. Sei abbastanza grande. Muoviti" mi fece pressione.

"C'era una volta una rondine" iniziai, le lettere sotto i miei occhi presero a storpiarsi, capovolgersi, scambiarsi di posto. Proprio per ingannarmi, confondermi.

"La erre!" tuonò la Fishmann, rimproverando la mia erre ancora addolcita dal francese.
Annuii e tornai sul testo, chiedendomi per quale motivo non mi abbia ancora bacchettato.

"La rondine volava alta nel cielo.. candido di Maggio" balbettai, un rivolo di sudore prese a scendermi da una tempia.

Il silenzio della Fishmann mi indusse a continuare.

"La rondine seguiva dritta la sua strada, mentre una goccia gli bagnò un'ala" spostai lo sguardo sulla donna, che mi puntava come se sperasse che sbagliassi da un momento all'altro.

Deglutii rumorosamente.
"Un temporale in pieno Maggio gli appesantì le ali, finché la piccola rondine"  il cuore mi tamburellava contro la gabbia toracica.

"Cadde su"

La classe si liberò in un riso collettivo, e la Fishmann picchiò, il banco con la bacchetta.
"Silenzio!" strillo, poi mi puntò.

Deadly HeartbeatsWhere stories live. Discover now