Il Dono

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Una volta che mi fui ripulito dalla terra e dal sudore che durante l'allenamento avevano ammantato il mio corpo mi asciugai con dei fini tessuti e indossai una tunica nuova.
Era regale e signorile, fine e morbida, da principe.

Raggiunsi la sala dove tutta la mia famiglia era già radunata per la cena, una volta che ebbi preso posto alla tavolata, i servitori iniziano a portare il cibo, vi erano le mie pietanze preferite e mangiai di più rispetto al pranzo.
Adoravo la carne di capra, era saporita con timo e origano.

Durante la cena i miei fratelli e sorelle scalpitavano per sapere come fosse andata la mia giornata, raccontavo qualche aneddoto invitandoli a fare altrettanto.
I maschi si erano addestrati a combattere, sarebbero divenuti guerrieri straordinari, mentre mia sorella Daphne, anche se non era realmente mia sorella, mio padre l'aveva accolta nel nostro palazzo; raccontò di essersi esercitata nelle arti del canto e della danza.

Una volta che la cena fu conclusa e i miei fratelli suggerirono i giochi per la cena mio padre mi chiamò.
Quando mi voltai nella sua direzione lo vidi sporgersi oltre il tavolo, poggiando le grosse e callose mani sulla superficie.
《Perché non vai a fare una passeggiata nel cortile? Quando tornerai sarò fiero dj mostrare il tuo dono per la prova di forza e maestria dimostrata oggi》
Il mio corpo si riempì di stupore come la buccia di un frutto che alla maturazione si riempiva di polpa.

Andai fice a ricongiungermi con la natura.
Il sole era calato, ma non avevo paura, le stelle illuminavano il cammino, alzai la testa verso gli antichi dei ed eroi trasformati in costellazioni e la luna spemdava alta e piena nel cielo.

Osservai la costellazione di Orione e ricordai la storia che i miei insegnanti mi avevano raccontato.
Orione era un Titano, possedeva un enorme e potente arco, pertanto fu il principale nemico della Dea Artemide.
Ma cadde nella trappola più potbete, l'amore.
Orione si innamorò di Artemide, la Dea Della luna.
Ella però non ricambiò mai il suo amore, così che il Titano Orione la attaccò e lei lo sconfisse.

Adoravo quel racconto perché in esso una divinità dell'Olimpo provò compassione, prese il corpo esanime del rivale e lo portò in cielo, trasformandolo in una costellazione.
《Già Artemide è straordinaria》
Scattai sull'attenti dopo aver udito quella frase.
Era una voce placida e dolce di bambina, ma accanto a me non vi era nessuno.
Avrei voluto gridare, ordinare di farsi avanti, ma la mia gola era serrata nella morsa del terrore.
《Non avere paura》quel suono proveniva dagli alberi, c'era forse una fanciulla nascosta lì?

《Ti sei persa?... c-chi sei?》riuscì a dire.
《Non mi sono persa, giovane Giacinto, sono a casa》il suono della voce era vellutata e leggera come il vento tra le fronde, ma ancora non vedevo nessuno.
《Come sai il mio no...》una pianta si mosse, si deformò e si aprì rivelando una figura.
Caddi in ginocchio.
Era una Ninfa.
Avevo sentito i racconti, ma non ne avevo mai vista una.
《Non volevo spaventarti, ecco ho un dono per te》mi porse un oggetto che prima non avevo visto.

Alla luce della luna, il suo viso pareva una figura nel tronco di un albero, il suo corpo era scuro cone corteccia.
Abbassai lo sguardo sul dono che teneva fra le mani.
Un disco.
Un disco di legno, dello stesso legno della sua pianta, era però liscio e lavorato.
《Oh g-grazie》non potevo più parlare, ma neacapire.

La ninfa parlò con voce placida.
A quanto pare mi aveva visto lanciare e aveva amato il mio ripudio della guerra, mi calmai e tornai in me.
《Ora devo andare, non posso farmi vedere》sussurrò.
《Quante siete, esistere davvero?》Chiesi sta volta, il terrore nella mia voce era stato sostituito dalla curiosità.
《Si e se proteggerete le selve saremo a sufficienza da portarvi ombra, cibo e acqua》e saprì nel suo albero.

Quando tornai a palazzo un servitore mi disse di raggiungere la sala del trono dove avrei trovato mio padre ad aspettarmi.
Sedeva composto sul suo trono accanto a lui una giovane donna che non avevo mai visto.
Una servetta forse.
《Giacinto, ben tornato, come ricompensa per il tuo talento e per dimostrarti quanto io sia orgoglioso, ti faccio dono di questa schiava, che nella tua camera ti possa aiutare》
Dovetti deglutire più volte per mandare giù io groppo alla gola che mi era salito.

《Che è successo alle tue vesti?》Domandò sogghignando, come faceva sempre quando in mente gli fioriva un idea.
《Sono inciampato》Risposi cauto.
Mio padre guardò la giovane che aveva la mia età, se non poco di più.
《Il tuo primo compito sarà di lavarlo, te ne prego, prenditene cura》

Eravamo nella stanza predisposta ai bagni.
La mia schiava aveva preparato la tinozza d'acqua.
《Voglio il sapone》Dissi.
Non conoscevo nemmeno il suo nome, non mi piaceva neanche chiamarla schiava, ma non mi piaceva che mi avrebbe visto nudo e tantomeno che mio padre sperasse che avessimo giaciuto insieme.

Mi voltai di spalle e posai la tunica su un divanetto, portandomi le mani a coppa sulla mia intimità entrai nella tinozza e mi immersi nell'acqua, la schiuma mi nascose il corpo, non volevo che mi vedesse, ovvio ero sempre un greco e per gli uomini era usuale girate nudi, anch'io lo facevo ed osservavo le membra di uomini e ragazzi, ma in quella situazione era diverso.

Non avevo nessun problema a mostrarmi alla mia famiglia o i miei amici quelle poche volte che potevo incontrarli, ma lei era una schiava, veniva usata solo per divertirsi la notte e ciò non mi piaceva.
Mi piaceva giocare con altri ragazzi a fare la lotta senza vesti e qualche volta era anche capitato che come ricompensa per il vincitore, lo sconfitto avrebbe accettato di fare sesso intercrurale.

Mi bagnai il volto con le mani.
Non volevo pensarci, dovevo solo riposarmi e abbandonarmi alle acque benevole.
La mano della schiava mi si posò sulla clavicola, sussultai e mi irrigidì.
Non era la sua mano a toccarmi, ma una spugna di mare che mi stava passando sul collo, mi rilassai, ma non incrociai il suo sguardo.

Provavo pena per le donne come loro, ma lei sicuramente pensava a quanto sarebbe stato onorevole giacere nel letto del principe, figlio del re si Sparta.
Per me non c'era nulla di rispettoso nell'approffittarsi di una schiava.

Mentre mi ripuliva cercai di distrarmi.
Pensai alla spugna.
Chissà se era stata pescata dai nostri pescatori.
Magari era stata importata da un villaggio di mercanti.
Quando ebbe finito mi aiutò ad asciugarmi con dei drappi e mi rivestì.
La dundussi nella mia camera e trovò posto nel mio letto.

《Giacinto, sei pronto per diventare uomo?》era il mio fratello maggiore
《Argalo, no, non sono pronto, non voglio e non so come fare》
Mi pentì all'istante di quel che avevo detto.
Mio fratello sorrise alla serva e chiuse la porta, così che fummo soli nel corridoio buio dove non soffiava un fiato di vento.
《Non devi essere nervoso, ti piacerà ed è facile》avvisò.
《Non farmi la lezione》supplicai, ma era troppo tardi, le sue mani erano già sul mio petto.
《Devi toccarla qui》Disse.
《Le piacerà e se vedi che si annoia, se non vuoi esagerare ti basta...》con la mano diede vita alle sue parole.
《Poralta la manono oltre il ventre e trova la sua calda caverna》distolsi lo sgdisgustato.
Voleva solo rendersi utile, lo faceva con molti ragazzi e trovava una schiava per ogni suo amico, ma io volevo qualcuno che si unisse a me per volere e non per ordine.
《E poi c'è sempre...》passò l'indice tra le mie cosce.
《Basta ho capito》sbottai ed spinsi la porta di camera mia.

Quando la vidi nel letto sotto le lenzuola vacillai, ma ormai ero li, avrei fatto sta cosa e l'avrei fatta in fretta, ero stanco e volevo dormire.
Mi sedetti sul letto, allungò le mani verso la mia tunica, ma la rimossi da solo e le diedi le spalle prima di nascondere la mia figura sotto le lenzuola.

《Siete silenzioso》non risposi.
《D'accordo》sentivo il suo fiato che raggiungeva il mio collo, si era avvicinata.
《Non servirà parlare》
Mi misi a pancia in su e fissai il soffitto, poi lei gettò le lenzuola ai piedi del letto.
Sbuffai.

Voltato sull'altra spalla la vidi già priva di vesti.
Sbuffai una seconda volta e portai la mano al suo seno.
Tondo e morbido, lo afferrai, strinsi leggermente la presa e ondeggiai.
Le sorrideva e le sue guance erano arrossate.
Mi alzai ed andaina chiudere la tenda spessa che gettava la camera nell'oscurità.
Così non l'avrei vista.
Tornai a letto e trovai il suo corpo, percorsi Il suo ventre con la mano e portai la punta delle dita tra le sue gambe, li era caldo e umido.
Non potevo farcela.

Toccai la mia virilità, come se fosse un antistress poi qualcosa mi toccò e capì che si trattava della sua mano.
《No》esclamai il suo polso e con la rabbia che infuriata dentro di me, la feci finita.

 Apollo & GiacintoWhere stories live. Discover now