Gioco pericoloso

1.4K 54 3
                                    

Uscii dalla stanza pulita e profumata, pronta per la serata in discoteca. Alla fine avevo optato per un paio di pantaloni di pelle neri con un piccolo spacco all'altezza di entrambe le caviglie e un top stile "corsetto", il colore era molto simile al magenta, con qualche accenno di viola e verde. Era il tipico tessuto cangiante, sotto una certa luce appariva di un colore e sotto un'altra di un altro. Ai piedi avevo un paio di stivali con un tacco vertiginoso. Somigliavo molto a una motociclista oppure ad una fan di qualche gruppo rock. I capelli biondi e lisci incorniciavano quel mio volto rotondo e quasi infantile. Non riuscivo mai a dimostrare la mia età, spesso le persone pensavano avessi almeno cinque o sei anni meno della mia effettiva età. Sospirai, poggiandomi allo stipite della porta.
Adrian era seduto su una poltrona e tra le labbra teneva stretta una sigaretta appena accesa. Avrei dovuto convincerlo a smettere di fumare, odiavo quell'odore ed era dannoso per lui e per chi gli stava intorno, come ben sapevamo tutti. Camminai in fretta davanti a me, per poi afferrare con pollice e indice il mozzicone e spegnerlo nel posacenere lì vicino. Lui sorrise. Con un movimento repentino mi prese per i fianchi e mi mise sopra di lui, facendo scivolare le sue mani sul mio sedere, strizzandolo.
Lui si era messo una camicia nera e un paio di pantaloni neri eleganti. Si era portato indietro i capelli, lasciando due ciuffi ondeggiare sul suo viso austero. Era maledettamente bello. -Dove vai con questi pantaloni da strizza-culo?-
Scoppiai a ridere. -Come scusa?-
Lui drizzò le sopracciglia. -"Strizza-culo", dai. I classici pantaloni che fanno venir voglia di strizzarti quel bel culo.-
Scossi la testa. -È tutto così maschilista...- Roteai gli occhi al cielo.
-Però ti piace che te lo strizzi.- Tuonò.
Chiusi gli occhi, trattenendo un sorriso. -Forse.-
Lui avvicinò le sue labbra al mio collo, potevo sentire il suo caldo respiro condensarsi sulla pelle fredda. -Non dirmi bugie, Melahel.- Sussurrò, lasciando un casto bacio doveva aveva appena parlato.
Rabbrividii dalla testa ai piedi e mi maledissi, il mio corpo lo voleva ancora dentro di me. Tentai di controllare il mio battito cardiaco, ma era impossibile. Speravo soltanto non lo sentisse.
Poi lui si alzò, con me sopra di lui. Mi tenne da sotto le natiche, aiutandomi a rimettermi in piedi.
Mi portai i capelli dietro alle orecchie e lo guardai confusa. Lui si lisciò i pantaloni e mi sorrise.
-È ora di andare a ballare.-
Improvvisamente mi era proprio scomparsa la voglia di finire in un locale insieme a lui, giocando ai finti sconosciuti gelosi. Poi lui mi prese per mano e fui attraversata da una scarica elettrica micidiale. -Andiamo.- Mi lasciai guidare verso la porta dell'appartamento e guardai dietro di me. Non era male quel posto, ma non era certo ai livelli delle altre case dei Priest. Quella era una topaia in confronto. Sembrava mancasse persino l'intonaco in alcuni punti, ma per il resto era abbastanza accogliente e comoda.

L'Eve era enorme. Dal soffitto scendevano giù dei led luminosi, che davano all'atmosfera un tocco più raffinato. Le luci si riflettevano sul pavimento nero e lucido, sembrava di camminare in un tunnel dorato e brillante, quasi stroboscopico. Il bancone dei drink era lunghissimo e dietro di esso ci lavoravano, quella sera, circa dieci persone, tra bartender e barlady. Una parete piena di alcolici si ergeva dietro di loro, illuminata, come il resto del locale, da piccole luci al led calde.
Ingoiai la saliva, nervosa. Avevamo saltato tutta la fila, non aveva dovuto parlare con nessuno, tutti lo avevano riconosciuto. Vedere tutte quelle persone mi metteva ansia, e se fra di loro ci fosse stato un sicario di William? E se qualcuno avesse provato ad uccidermi? Mi strinsi ancora di più ad Adrian, che mi guardò dispiaciuto. -Se vuoi andartene, ce ne andiamo subito.- Urlò, per cercare di farsi sentire sopra la musica. Io dissi di no con la testa. -Restiamo un altro po'.- Non ero molto convinta.
Davanti a noi si aprì una bella pista da ballo, su una pedana sopra elevata, decorata con specchi e luci, il Dj stava già mettendo musica e uomini e donne si muovevano a tempo, ondeggiando teste e fianchi. Le persone erano talmente tante che si faceva fatica a capire chi fosse chi. Ma Adrian stava procedendo con passo sicuro in fondo alla sala, dove sembrava esserci un'area VIP. I faretti rosa riempivano le pareti di bellissimi giochi di luci viola e fucsia, accarezzando di tanto in tanto qualche viso distratto. Adrian mi lasciò la mano. Lo guardai confusa. Lui si sbottonò il primo bottone della camicia. -D'ora in poi saremo sconosciuti. Ricordi?-
Mi pizzicò la gola. Sentivo già la gelosia avanzare con piede fermo, ma ricacciai indietro quella sensazione e mostrai un bel finto sorriso. -O, certo. Che inizino i giochi.-
Mi allontanai da lui, guardandolo fisso negli occhi. Poi notai un cambiamento nella sua espressione e si riavvicinò a me. -Ma non andare troppo lontano, devo vederti sempre.- Mi redarguì. Io annuii, senza esitare. Aveva ragione, eravamo comunque in una situazione pericolosa e quello che stavamo facendo non era proprio intelligente. Ma la nostra vita raramente ci aveva concesso degli attimi in cui divertirci. Gli diedi le spalle e andai verso un piccolo angolo cocktail. Posai le mie mani sulla lastra di quello che sembrava marmo e sorrisi al barista. Era un bell'uomo, alto almeno quanto Adrian e con due occhi azzurro brillante. Si morse le labbra e mi squadrò da capo a piedi. -Cosa posso fare per te, bellissima?-
Le mie guance si trasformarono in due chiazze, imbarazzanti, rosse. -Un Gin Tonic, per favore.-
-Soltanto?-
-Sono da sola.-
Lui fece schioccare la lingua sul palato. -Meglio così.- Disse, per poi iniziare a prepararmi il drink. Non nascosi di essermi sentita abbastanza a disagio, percepivo gli occhi di tutti su di me. Non ero abituata ad essere da sola in quelle occasioni, anche se sapevo bene che Adrian avesse i suoi occhi puntati proprio verso la mia direzione. Girai leggermente la testa dietro di me e notai tre ragazze intorno proprio a lui. Chiusi la mano a pugno, mentre lo stomaco si rivoltò su se stesso. Stavano ridendo come tre oche e indossavano dei bellissimi vestiti a tubino, che mi pentii di non aver indossato anche io. Mi chiesi se a lui piacessero donne più appariscenti come loro. Io non ero fatta così. L'unica cosa che amavo tanto era farmi un bel trucco quando uscivo, perché ero appassionata di make-up fin dall'adolescenza. Ma per il resto mi piacevano le scarpe con il tacco, ma non le indossavo mai. Erano scomode e non mi sentivo mai a mio agio con quelle addosso. Ogni tanto sul luogo di lavoro dovevo portarle e quella brutta sensazione di ansia mista a disagio me ne facevano sempre pentire. Ero così complicata! Ero riuscita a sconfiggere, in parte, gli attacchi di panico, ma l'ansia era rimasta la mia compagna fedele. Riuscivo a rimuginare sulle cose più banali, pensavo sempre che tutti parlassero male di me, che non fossi abbastanza, che non potevo portare i tacchi perché sembravo una bambina che tentava di fare la grande. Sicuramente il mio viso non mi aiutava, non dimostravo mai la mia età. Tutti mi facevano più piccola e spesso storcevano il naso quando dicevo quanti anni avevo effettivamente. Mi facevo problemi per tutto. Anche a guidare. Se il parcheggio era troppo complesso, mi saliva l'ansia e decidevo di cercarne un altro, anche se si trovava lontano dal luogo in cui dovevo andare. Sospirai e mi voltai. Il barista aveva preparato il cocktail e me lo aveva messo davanti. Gli sorrisi. -Quanto è?-
-Offre la casa.- Mi fece l'occhiolino.
Io ingoiai la saliva. -No, no. Voglio pagare. Quanto è?-
-Rilassati, bellissima. Offro io.-
Mi ammutolii e lasciai perdere. Avrei risparmiato venti dollari almeno.
Sorseggiai quel liquido, maledicendomi. Era orrendo. Odiavo qualsiasi tipo di drink che non fosse vomitevolmente dolce e quello non lo era affatto. Era aspro e pungente. Avrei dovuto ordinare il mio solito e banalissimo sex on the beach. -Da quanto sei qui?- L'uomo si era avvicinato di nuovo, stava asciugando qualche bicchiere. L'area VIP non era molto gremita di persone, anzi sembrava quasi vuota. Tutto il contrario della pista sotto di noi, dove persone di ogni età ci stavano decisamente dando sotto. -In realtà da stasera.-
-Vieni da lontano? Si sente che non sei di qui.-
Mi morsi la lingua. Quei tre anni a New York mi avevano cambiato forse l'accento? Forse era solo un modo per approcciare.
-No, in realtà ho vissuto a Miami quasi tutta la mia vita. Da tre anni vivo a New York però.-
Lui fischiò. -Cavolo! Che vita frenetica allora.-
-Già. Non sai quanto.- Presi un altro sorso, cercando di ignorare quel sapore orribile. -Tu, invece?-
-Io sono nato ad Orlando e vivo qui da trent'anni ormai.-
Quindi aveva trent'anni.
-Hai sempre fatto il barista?-
Lui scosse la testa. -Sono laureato in economia, di giorno lavoro nello studio di mio padre. La sera faccio questo, perché è la mia passione e mi piace.-
Sorrisi. -Che bello. Non riuscirei a fare due lavori.-
Lui alzò le spalle. -Per me questo non è un lavoro. È più un hobby, mi diverto. Conosco gente, vite ed esperienze. Non è male, molto meglio di lavorare in ufficio, fidati.-
Ingoiai la saliva, annuendo con forza. -Invece tu? Lavori? Studi?- Proseguì.
Ed ecco che dovevo parlare di me stessa. Ero una frana in quello. -Sono laureata in realtà. Adesso lavoro da casa, diciamo.- Non dovevo aggiungere nessun dettaglio che potesse compromettermi. Per fortuna lui non potette approfondire, perché altre persone si avvicinarono al bancone per ordinare.
Mi girai di nuovo e le tre ragazze non c'erano più. Adrian era seduto ad un divanetto con le gambe divaricate e una sigaretta tra le dita. Aveva gli occhi chiusi a due fessure e mi stava letteralmente fissando. Iniziò a scuotere la testa a destra e a sinistra, molto lentamente. Mi venne da ridere. Aspirò dal mozzicone e poi buttò fuori una nuvoletta di fumo. Era così sexy e quel completo da sera così invitante che iniziai a sudare. Parlare con quel barista mi stava ricordando di quanto Adrian fosse affascinante e soprattutto libero adesso. Accavallai le gambe, per cercare di placare il mio istinto e Adrian se ne accorse. Raddrizzò la schiena e prese un bel respiro, il suo petto si gonfiò. Mi leccai le labbra inferiori e afferrai il drink in mano, portandomi la cannuccia sulla bocca, tirando fuori un po' la lingua, per poi succhiare tutto l'alcool. Lo vidi chiudere gli occhi per qualche interminabile secondo e poi riaprirli, aveva le narici inarcate. Qualcuno mi picchiò sulla spalla. Quello mi fece ritornare alla realtà. -Quell'uomo laggiù ti vuole offrire da bere.- Seguii il suo indice, che stava puntando verso qualcuno di spalle. Rifiutai. -Ha insistito a volerti offrire un sex on the beach.-
Spalancai gli occhi. Proprio quello che volevo in quel momento. -Allora va bene.- Gracchiai. Il barista si affaccendò a prepararmene uno ed io riportai il mio sguardo su Adrian, ma stava parlando con una donna abbastanza adulta. Rimasi inspiegabilmente delusa, avrei voluto continuare quel gioco di sguardi. -Ecco a te.- Gli passai il bicchiere ancora mezzo pieno di Gin Tonic e affondai le mie labbra sul drink più dolce. Con un sorso ne bevvi una bella quantità. -Come posso ringraziare il signore?-
Lui corrucciò la fronte. -Ehm, avvicinandoti a lui e ringraziandolo? Non ci credo che nessuno ti abbia mai offerto niente.-
-Non esco molto.- Lo zittii. Mi alzai e andai, ancheggiando, verso l'uomo voltato di spalle. Era biondo e credo anche abbastanza alto.
-Mi scusi?- Provai, con voce flebile. L'uomo ruotò la testa lentamente e non appena fu completamente rivolto verso di me, rimasi a bocca aperta. Sembrava un angelo. Due occhi grandi e celesti e i capelli biondi chiarissimi, molto simile a Patrick. I suoi lineamenti però erano più morbidi e dolci rispetto allo svedese che conoscevo. Mi scaldai la voce e sorrisi. -È stato lei ad offrirmelo?-
Lui annuì, facendomi segno di sedermi. Seguii la sua mano e avanzai, titubante. Percepivo lo sguardo infuocato di Adrian su di me. -Non aver paura, non sono uno di quelli che vuole portarsi a letto la prima che capita.- Mi disse subito. Io ricambiai con un sorriso forzato. -Mi chiamo Bastian, tu?-
-Melahel.-
Lui spalancò gli occhi e alzò le sopracciglia. Il mio nome faceva quell'effetto. -Che nome particolare.-
-Lo so.-
-Ti piace?-
-Cosa?-
-Il tuo nome.-
Feci di sì con la testa. -Molto.-
-Ha un significato?-
Quello scambio veloce di battute mi metteva ansia. -Non credo, so che è il nome di un angelo.-
Lui risucchiò le guance. -Ti si addice.-
Mi portai una ciocca di capelli dietro all'orecchio destro. -Grazie.-
-Sei nuova di queste parti?-
-Sì. Non ho mai visitato Orlando.-
Lui si avvicinò a me, protendendosi con la schiena. Il suo alito puzzava un po' di alcool, forse quello che aveva in mano non era proprio il suo primo drink. -Vuoi vederla per bene?-
Ingoiai la saliva. -Sì, mi piacerebbe.-
Nei suoi occhi si accese una strana luce. La sua mano si allungò verso i miei capelli lisci come spaghetti e se ne arrotolò un po' tra indice e medio. Poi tirò, spingendo la mia testa verso la sua. -Dov'è Adrian?-
Il respiro si fermò in gola e il cuore perse un battito. Le orecchie iniziarono a fischiare. Cosa aveva appena chiesto? Me lo ero immaginato, forse? Conosceva Adrian? Sapeva chi ero? Iniziai a preoccuparmi sul serio. Tirò con ancora più forza, obbligandomi a guardarlo dritto in quei occhi color ghiaccio. Ora che lo osservavo meglio, somigliava proprio al barista. Forse mi ero fatta fregare proprio da lui. Deglutii con forza. Lui serrò la mascella. -Dimmi dov'è.-
Rimasi in silenzio. Allora fece un altro giro intorno alla mia ciocca, fino a che la mia fronte non ebbe toccato la sua. Trattenni un mugolio. Se Adrian mi avesse sentita, sarebbe corso lì e chissà cosa gli avrebbe fatto l'uomo di ghiaccio. -Melahel, sei una bella ragazza, sei giovane...non fare cazzate. Dimmi dove si trova.-
Chiusi gli occhi e strinsi le labbra. Poi la presa sui miei capelli si allentò e potetti liberarmi, e non appena sentii i miei capelli liberi da ogni stretta, alzai la testa e trasalii. Non poteva mettersi peggio di così.

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora