Sì,lo vogliamo

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Quando quella mattina Jade Zander aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il suo completo di nozze appeso all'armadio di fronte al letto, nella stanza che Paul e Bob le avevano offerto a casa loro. Lei e Joanne avevano deciso di stare separate i due giorni precedenti al matrimonio. Jo era andata a Georgetown da Margot, e lei avrebbe voluto restare nell'attico, ma Paul aveva insistito che non restasse sola, e l'aveva convinta, con non poca fatica, a stare con lui e Bob.

Rimase sdraiata e immobile. Nemmeno lo aveva sentito Paul entrare di soppiatto per portarglielo. Si portò una mano sul seno sinistro, proprio sopra il tatuaggio, e sentì il suo cuore martellare realizzando che di lì a poche ore, Joanne sarebbe stata sua moglie.

"MIA" ripeté come un mantra una decina di volte, cercando di assimilare il sapore dolce e inebriante di quell'aggettivo possessivo associato a lei. Un leggero bussare alla porta la riportò alla realtà.

<Avanti>

<Buongiornoo! Dormito bene sposina?> cinguettò allegramente Paul cacciando dentro solo la testa rossa.

<Uhm insomma. Avrei dormito meglio nel mio letto.> mugugnò Jade scalciando via le coperte e mettendosi a sedere contro la testata del letto. Paul si sedette accanto a lei con uno sguardo scrutatore. Arricciò il naso da Dio greco e schioccò le labbra.

<Si vede. Hai due occhiaie tremende. Dovrò farti un impacco e cercare di coprirle al meglio col trucco.>

<Paul...io ancora non riesco a crederci che quella ragazza abbia scelto me.> sussurrò Jade all'amico. Lui le accarezzò una guancia.

<Potrebbe dire lo stesso lei di te.>

<Ah! Lo sai che è una stronzata colossale quella che hai detto? Insomma, non c'è paragone. Eppure mi ama. Ama me: Jade Zander. E sarà mia moglie per sempre. Sono la donna più fortunata dell'universo.> urlò saltando improvvisamente sul letto facendo quasi cadere Paul.

<Sì ma ora calmati. Fatti una doccia che poi devo iniziare a restaurati.>

Dopo averla cercata per cinque minuti buoni e con il panico che iniziava a graffiarla con i suoi artigli, Margot trovò sua figlia nello studio del giudice Grey. L'ultimo posto in tutta la villa in cui aveva cercato di proposito, sapendo che Joanne lo evitava come la peste. Eppure in qualche modo non ne fu affatto sorpresa. Era lì, seduta alla scrivania di mogano, con un vecchio album di fotografie tra le mani. Sollevò lo sguardo e le sorrise.

<Ciao mamma, ben alzata.>

<Joanne...cosa stai facendo?> Lei le fece cenno di avvicinarsi. Era ferma su una foto scattata quando Joanne aveva circa otto anni. La ritraeva di schiena mano nella mano con suo padre, di fronte alla casa Bianca.

<Ricordo perfettamente quel giorno. Papà mi portò a visitare la residenza del presidente. Gli chiesi come avrei potuto fare per abitare lì. Mi disse: Joanne, forse un giorno diventerai la First lady. Io mi voltai scrollai le treccine e gli risposi: io non voglio sposare il presidente...io voglio diventare il presidente! Lui rise, e poi se ne uscì con : sei una donna tesoro. Ti dovrai accontentare di essere al suo fianco.> raccontò tenendo lo sguardo fisso sull'immagine.

<Non è mai stato felice di aver avuto una femmina come unica erede. Voleva il maschio che perpetuasse il nome dei Grey e diventasse un deputato, o un senatore, invece c'ero io. Che ero e sono l'esatto opposto di com'era lui. Figuriamoci se avesse saputo che sono innamorata di una donna. E che sto per sposarla. Dio, non l'avrebbe mai accettato.> alzò finalmente lo sguardo smeraldo verso sua madre, e Margot notò con una fitta di tristezza che era colmo di lacrime. Le appoggiò una mano sulla spalla e strinse dolcemente.

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