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Alcuni anni dopo rividi la Giorgetti, campionessa d'italia Giovanissime 2015, campionessa d'italia Ragazze 2016 e vincitrice della Coppa Ragazze 2016, Vicecampionessa d'italia Allieve e vincitrice della Coppa Allieve 2017, membro fisso della nazionale cadette. Ero in montagna dalle parti del lago di Misurina, e lei stava facendo un percorso di trekking. La riconobbi subito, la salutai da distanza, convinta che non avesse particolare desiderio di parlare. invece si avvicinò lei, e scambiammo un po' di battute. Fino alla fatidica domanda.

«Perchè non hai tirato tu per ultima?».

E io risposi la verità.

«Non lo so, non gliel'ho mai chiesto.» sospirai, in un'alzata di spalle. «Ma appena Vincenzo me lo disse, gli risposi che smettevo».

Il discorso si bloccò. Mi rivolse un debole ma sincero sorriso prima di andare via. e mi disse «E' stato un piacere rivederti».

Io le risposi «In bocca al lupo per gli Europei Cadette».

Perché la Giorgetti aveva continuato il suo percorso brillantissimo, una spadista formidabile, quasi inattaccabile. Bella da vedere e velenosa come un cobra, nonostante tutte le maledizioni che le avevo mandato in quegli anni.

Io sono rimasta a quel 2017, a Vincenzo che mi dice «Non me ne frega nulla di dopo. Conta adesso» con uno sguardo gelido, e poi chiama l'ordine:

«Lodato, Ferri, Venturi, Ferri, Venturi, Lodato, Ferri, Lodato, Venturi».

Sono rimasta alla Giorgetti che sale in pedana contro Anita per l'ultimo assalto, mentre io, dentro di me, maceravo chiedendomi perché avevo subito una punizione del genere. Io che avevo portato la croce, e che mi ero allenata come una pazza in quei mesi, tutti i giorni, rimanendo ad oltranza, mentre mio padre mi guardava, senza fare una piega mentre gli facevo perdere tempo lì.

E avevo messo il meglio di me anche in quella finale.

E avevo messo in mano ad Anita un tesoro immenso. 39-34.

Doveva difendere cinque stoccate di vantaggio. Contro la Giorgetti. Per diventare campionesse d'Italia.

Invece dilapidò tutto. Subì sei stoccate, tre punti doppi, e mise un misero punto pulito.

«Che schifo» mi scappò detto con Costanza, che invece guardava la compagna con occhi speranzosi, seppur lucidi, «Se c'ero io ultima, non finiva così».

Lei unì le mani, forse pregò, mentre il cronometro ripartiva e le sue ginocchia facevano un terribile su e giù da far tremare la panchina.

Anche io pregai, pregai che finisse in fretta, che Anita subisse il punto che avrebbe decretato la sua disfatta, anche se questo avrebbe significato anche la nostra disfatta. In fondo, per me, era giusto così. Non mi importava, in quel momento: erano le sue lacrime, quelle che mi interessavano. Le mie forse non sarebbero nemmeno sgorgate.

Pensai a Edo e lei, mano nella mano, in giro. Pensai a lei che gli raccontava di Treviso. Pazienza, siamo arrivate seconde, ci penseremo l'anno prossimo. Lo sguardo deluso, che l'avrebbe resa tutta da consolare.

Anita, stronza, ladra di ragazzi, arrogante, convinta di essere meglio di me anche con la spada ma in realtà incapace neppure di conservarsi l'enorme tesoro che le avevo messo in mano.

Stronza, perdi.

«Non voglio perdere» disse Costanza, con gli occhi lucidi, neanche mi avesse letto nel pensiero.

«Ce lo meritiamo» smozzicai, lei mi guardò con una faccia terribilmente stupita. Poi arrabbiata.

«Per tutto questo torneo ho sopportato voi due che vi guardavate a vicenda come due avvoltoi, che sembravate sul punto di saltarvi alla gola. Ma ci sono anche io, se non te ne fossi accorta, e remare contro, no, remare contro è troppo. È da stronze».

«Ne riparleremo quando ti soffieranno il ragazzo da sotto il naso» risposi, acida e con aria di sufficienza.

«Edo ci ha provato anche con me» disse tra i denti dopo un po' che non ci guardavamo neanche più, senza mai togliere lo sguardo dalla pedana.

«Sì, certo, come no».

«Non crederci, se ti fa stare meglio, ma mi ha mandato anche il suo cazzo su whatsapp» disse, gelandomi il sangue, «ma sai cosa? non me ne frega. Tiro per vincere, io, non per guadagnare foto di peni».

La guardai di sguincio. Era perfettamente curata, era una creatura della madre che dimostrava tranquillamente un paio di anni in più, e che solo mentre si chiudeva dentro la maschera, era veramente libera di essere sé stessa.

AllieveWhere stories live. Discover now