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Sulla carta eravamo le più forti, lo sapevano tutti.

Tecnicamente eravamo tutte e tre da podio individuale. Nessuna squadra aveva una qualità del genere. Nessuna.

Ma il gioco era quello di far finta di nulla, di minimizzare, di presentarci a Treviso cercando di fare "il meglio possibile", di "tenere alto l'onore della nostra Sala" e cose del genere.

Stronzate, andavamo lì perchè dovevamo vincere, lo dicevano i ranking, lo dicevano le gare che avevamo disputato fino a quel momento, lo dicevano tutti.

La scherma è una disciplina individuale. Sei tu che vai in pedana e sei tu che hai la responsabilità di quello che vi fai accadere. La squadra è, più che in altre discipline, la somma di individualità. Mitigata dalla turnazione in pedana, scandita dal tempo, ma pur sempre una mera somma.

Eppure le nostre teste, i nostri cuori, in una gara a squadre, anche se imprigionati dentro i nostri corpi che salgono in pedana uno alla volta, in qualche modo interagiscono tra loro. Non si fondono, ma interagiscono. In qualche modo.

La sapete quella bella storia che si vedeva ovunque sui social in quel periodo, no?

"Dimmi qualcosa di bello" – disse lei.

"(∂ + m) ψ = 0" – rispose lui.

Traduzione: se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema.

Ovviamente, come imparai dopo, l'equazione di Dirac serviva a tutt'altro, ma in quel momento rappresentava molto bene noi, nel bene ma soprattutto nel male. E in quel freddo gennaio trevigiano, tutti i nodi vennero al pettine. Le asperità delle teste, i sussulti del cuore.

Nessuna squadra era come noi, ma nonostante Dirac, noi non eravamo una squadra.

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Ero finita a fare scherma per puro caso, o meglio, per colpa de I pirati dei Caraibi e di Keira Knightley con il cappello da ammiraglia e la sciabola in mano. E siccome la sciabola che mi ero fatta comprare era diventata la mia inseparabile amica, quel disgraziato di mio padre, che mi vedeva a casa senza fare niente e non lo poteva sopportare, ebbe un'idea.

«Ma perché non provi a fare scherma e tanto hai già la spada in mano?»

E fu così che, nel gennaio del 2010 mi portò in quel circolo a Castiglione di Cervia dicendomi «Qui puoi fare a fette con la spada chi ti pare».

Pare che io replicai «Davvero?».

«Sì, ma attenta, che anche gli altri ti possono fare a fette».

Il terrore di essere fatta a fette durò molto poco però, infatti venne fuori che ero una eccellente spadista di difesa e contrattacco. Parata e risposta erano il mio pane quotidiano e, sebbene non fossi di certo la più esuberante del gruppo, già a 8 o 9 anni iniziai a portare a casa coppe e coppette nei tornei locali.

Praticavo la scherma in un circolo molto piccolo e gestito praticamente da un'unica persona: il maestro Vincenzo. Un uomo sulla sessantina, nerboruto e dalla voce grossa che incuteva rispetto solo a guardarlo. Pare fosse stato istruttore nelle Fiamme Gialle ma avesse sbroccato dopo aver ricevuto pressioni per la scelta di un ragazzo. Di fatto era a riposo, ma la scherma era la sua vita, il circolo la sua creatura.

L'unico aiuto era sua figlia che aveva un passato da atleta nelle gare di velocità ma che si era convertita allo studio diplomandosi all'ISEF e diventando ben presto maestra di educazione fisica alle scuole medie di Castiglione di Ravenna.

Quando l'amministrazione comunale di Ravenna, nel 2012 approvò l'ampliamento proprio della palestra della scuola media, la locale squadra di pallavolo se ne impossessò immediatamente, lasciando a noi campo libero nella palestra della scuola elementare. E il circolo cambiò, grazie a una sede tranquilla, ampia e senza problemi di condivisione.

Poi, grazie a me e a un paio di ragazzi trasmigrati da circoli vicini per problemi di incompatibilità, iniziò a leggersi il nome del circolo sui giornali locali. In un paio di anni, passammo da sette/otto ragazzi a venti, forse ventidue. Mio padre, vedendo le mie capacità, diventò pappa e ciccia con Vincenzo.

Ed eccoci qua, Scherma Castiglione.

AllieveWhere stories live. Discover now