VI

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« Prova a prendermi!»
I bambini stavano ancora giocando nel giardino, e di tanto in tanto, si poteva notare qualche palla di neve volare da una parte all'altra.

Jeongguk stava osservando assorto il paesaggio urbano, sbiadito da un cielo candido che prometteva nuova neve entro sera.

Nonostante i tetti fossero completamente bianchi e le strade risultassero bloccate dagli spazzaneve che si erano dovuti affrettare a sgomberare le vie, i bambini sembravano contenti di ricevere altro carburante ai loro spassosi giochi, e anche il corvino lo era, in parte.

Vedere un bel sole splendente sarebbe stato come uno malrovescio in pieno viso, ed era contento di sentire almeno il taciturno cielo dalla sua parte.
Dato che nemmeno lui stesso lo era.

Alzò il naso all'insù, buttando d'un tratto via i penosi pensieri, e si godette l'aria frizzantina congelargli il setto nasale, prima di riscaldarla con una nuvola di fumo.
Aveva già consumato due sigarette.
Se ne stava disinteressando, -nel senso più esteso del termine-, completamente.

Si sentiva stanco da morire: desiderava affrontare i suoi peggiori incubi ad occhi chiusi, che nella realtà, e la sua codardia non sarebbe stata impetuosamente combattuta se solo non avesse avuto per nulla al mondo voglia di rientrare.

Il suo appartamento non troppo grande e non troppo piccolo gli stava stretto ora come ora, e non voleva stare lì dentro con l'assurda consapevolezza di vedere quella scatola bianca sul suo tavolo.

Avrebbe aspirato vivamente a disfarsene nell'immondizia, ma non sarebbe stato così facile fare i conti con Taehyung.
Lui lo stava controllando, gli stava urlando nell'orecchio forte come prima "di darsi una svegliata", "di riprendersi in mano la sua vita", "di accettare l'aiuto delle persone che ci tenevano a lui (finché avrebbero continuato a farlo)".

Cosa c'era di così sbagliato nell'amare qualcuno al punto di annullarsi?
Importava davvero se Jeongguk chiudeva il mondo fuori da casa sua, fintantoché il suo universo rimaneva lì?
Era davvero importante?

« Sta per scoppiarmi il cervello.»

Jeongguk ritornò sbuffando nel calduccio dell'appartamento, cercando riparo dal freddo e dal mal di testa che gli era venuto.
Il suo sguardo provò, tentò, ad indugiare sulla medicina che stava riempendo la stanza intera con il suo maestoso egocentrismo, ma la sua volontà fu ferrea nell'impedirlo; abbandonò il salotto per rinchiudersi in camera sua in tutta fretta.

L'ambiente era spaventosamente congelato, la finestra sopra il suo letto era spalancata: con mente poco sveglia, il corvino ipotizzò trattarsi della responsabile degli spifferi in casa.

« Accidenti, le temperature sono calate a picco, questa settimana.»
Colloquiò amabilmente. Ad ascoltarlo, solo lo specchio alla parete, e il suo riflesso stracco.

« È vero, dovremmo mettere una coperta in più sul letto.»

Taehyung comparve, e Jeongguk sussultò appena.

L'abitudine non aveva ancora fatto scomparire la facilità con cui si spaventava, e forse non lo avrebbe mai fatto.
Dopotutto, era un lato che l'azzurro amava stuzzicare, -di fatto d'animo giocoso-, e per lui era molto divertente irrompere improvvisamente nella mente e nei pensieri del corvino.

Quest'ultimo ammiccò alla finestra (ancora aperta), prima di voltarsi per fronteggiare la slanciata figura del fidanzato appoggiato allo stipite della porta.

Aveva un'espressione vagamente indecifrabile, tentata di aprir dibattito su un qualcosa che gli gravava sulla punta della lingua in modo piuttosto evidente.

« Jimin ha lasciato i biscotti alla crema.» sentenziò d'improvviso Jeongguk, tormentato dal rumoroso silenzio che era calato tra loro.

Taehyung gli stava parlando, gli stava parlando con gli occhi.
Gli stava parlando con le braccia incrociate sul petto, gli stava sussurrando una supplica all'orecchio con le sue labbra massacrate da un morso, gli stava urlando a pieni polmoni con quello sguardo da non-fare-finta-di-nulla qualcosa che lui preferiva ignorare.

« Non ne ho voglia ora.» l'azzurro evase abilmente la domanda, ponendo, come era solito fare, il corvino con le spalle al muro, chiuso tra la sua presenza febbricitante e i demoni che bruciavano il suo animo perso.

Ma capendo l'infimo gioco, Jeongguk si mise subito sulla difensiva.
Arretrò, preferendo perdersi tra le fronde delle tende e i risvolti dei suoi incubi pur di girare la faccia alla realtà; eppure, sentiva la viscerale sensazione di essere in trappola. Taehyung l'avrebbe lasciato andare così?

« Guardami, Jeongguk. Te ne prego.»

D'un tratto, l'azzurro colmò tutti gli spazi della stanza con un bisbiglio: l'aria diventò irrespirabile, così come la consapevolezza di aver raggiunto il vicolo cieco di una fuga destinata a non durare.
Gli occhi del maggiore scivolarono da soli sulla personificazione più grande dei suoi vizi.

« Affronta la verità.»
Rincarò il più giovane, muovendo alcuni passi in avanti per rendersi ulteriormente onnipresente.

« Non voglio.» soffiò Jeongguk d'un sol fiato, schiacciandosi al meglio che poteva  contro il tessuto ceruleo delle sue tende.

« Devi.»
Ancora più vicino, ancora più reale.

« Non voglio. Per favore, Taehyung, te lo chiedo in ginocchio. Non farmelo fare.»
Implorò il corvino, disperato al limite di quanto sentisse di poter sopportare.

« Non hai scelta. Lo capisci?» insistette Taehyung, lentamente permettendo alle sue angoscie di prendere possesso di sé, insieme ad una frustrazione collerica.

« E quale sarebbe la mia scelta, mh? Cosa mi stai dicendo di fare?» languì Jeongguk, ad ogni costo cercando di riassemblare i cocci rotti della sua anima.
Iniziò liberandola da una lacrima solitaria, scesa dall'occhio sinistro con tranquillità quasi inadeguata.

« Prendi quelle pillole


𖣔𝚂𝚝𝚊𝚢 𝙰𝚕𝚒𝚟𝚎𖣔  {𝐓𝐚𝐞𝐤𝐨𝐨𝐤}                             Where stories live. Discover now