«Oi, Deku.»

Sospirai appena.

Vorrei dire che avrei riconosciuto la voce della persona che amavo tra mille, la verità era che chiunque sarebbe stato in grado di farlo. Non era niente di speciale, non quando si trattava dell'unica persona in un'intera scuola che urlava più di Present Mic.

«Tieni.»

Non alzai la testa dal banco. Mi limitai a sollevare un braccio per dargli quello che voleva: i verbali dell'ultima ronda di tirocinio e i turni per il mese successivo.

«Spero n-»

Fece per aprire bocca, lo interruppi di nuovo continuando a scrivere sul mio quaderno.

«No, ho chiesto che ti lasciassero libero il venerdì e sì, puoi avere la notte tre giorni a settimana.»

Rimase in silenzio, cosa piuttosto strana. Per me era normale capire in anticipo cosa stesse per chiedermi o per fare, era parte di me più di quanto volessi ammettere.

Più di quanto desiderassi.

Quel collegamento si ramificava dentro di me, controllava ogni fibra del mio essere e stava letteralmente paralizzando i miei polmoni di più ogni giorno che passava.

Eppure, la colpa era la mia.

Gli permettevo di farlo e non me ne vergognavo affatto.

«Oi.»

Non risposi. Non riuscivo a guardarlo. Averlo vicino peggiorava le cose, il suo profumo mi faceva tossire più del normale e l'ultima cosa che volevo era mostrarmi debole ai suoi occhi.

Più di quanto già non fossi, almeno.

«Deku.»

Sentii una prima fitta di nervosismo nella sua voce.

Pessimo segno.

"Ti prego, lasciami in pace", mi ritrovai a pensare, ma lui alzò una mano.

La vidi con la coda dell'occhio, sobbalzai e scattai in piedi alla velocità della luce tenendo il dito medio col pollice. Mi resi conto solo dopo di essere in posizione d'attacco e che lui aveva semplicemente sollevato il foglio davanti al viso per leggere gli orari.

Sgranai gli occhi, lui non disse niente.

Si limitò a fissarmi.

C'era qualcosa in quelle iridi scarlatte che per la prima volta in diciassette anni non riuscivo a decifrare.

Sembrava risentimento, delusione, forse sorpresa.

Cosa scattava, in me, che mi portava ancora a pensare che Katsuki mi avrebbe fatto del male?

«Volevo solo dirti che All Might ci ha chiesto di raggiungerlo dopo le lezioni».

Il suo tono di voce era insolitamente basso, io sentii crollare il pavimento sotto i piedi.

Lasciò il foglio sul banco e si voltò senza aggiungere altro, le mani affondate nelle tasche e la testa bassa come se cercasse di mettere in ordine pensieri a cui non potevo arrivare.

Tesi la mano verso la sua schiena, volevo fermarlo e dirgli che mi dispiaceva.

Per cosa, poi?

Riuscivo a scusarmi con lui per qualsiasi cosa, e questo atteggiamento innervosiva lui quanto me. Non riuscivo a fare a meno di sentirmi in difetto quando sapevo perfettamente che ero io, tra i due, a meritare delle dannatissime scuse.

If the world was endingWhere stories live. Discover now