꧁𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐮𝐞: 𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐮𝐭𝐢꧂

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Quando due mondi troppo diversi
si scontrano, in genere non
finisce mai bene.
~Anna Premoli~

Appena uscimmo dall'aeroporto ci dirigemmo alla macchina. Dovettimo superare varie file di quelle parcheggiate prima di trovare la nostra. Ce n'erano di ogni marca, colore e prezzo, pareva di stare dentro un grande salone di una concessionaria.

Salimmo nell'audi bianca e partimmo. Durante il viaggio le domande furono frequenti: "Come stai? Come va in Italia? Con tua madre? Ti sono cresciuti i capelli, ti stanno bene."
Tutte cose che si chiedono dopo 10 anni di assoluta oscurità, senza mai vederci.

Tra una risata e l'altra arrivammo a casa: una mega villa bianca con le finestre nere era incastonata tra due alberi sempreverdi, sui quali alcuni uccellini avevano creato il proprio nido.

Il cancello in acciaio si spalancò, lasciando udire un suono stridulo e un tonfo finale quando si aprì completamente, sbattendo al muro già crepato.

Appena scesi dalla macchina, un golden retriver mi corse incontro iniziandomi ad attaccare. O almeno così credevo io, fino a quando Juliet, udendo le mie urla di terrore, disse: - Meg sta solo giocando-

La piccola bestiolina bianca, con delle sfumature di marrone, era appoggiata a me con ambe le zampe anteriori, sostenendosi su quelle posteriori. Il suo muso era vicino al mio petto, data l'altezza del cane e la bassezza di me medesima. Aveva la lingua di fuori, sorrideva e scodinzolava, muovendo l'aria intorno alla coda.

- Da quando avete un cane?- dissi muovendo la gamba per farlo scendere.
- Marley, vieni qui bello- appena Mason lo chiamò gli corse incontro - Lo abbiamo da 4 anni ormai- continuò accarezzandogli il dorso.

- Dai entriamo in casa, non vedo l'ora di farti vedere la tua stanza!- Juliet era super eccitata, tanto da emettere degli urletti striduli.

Entrando in casa ci riversammo direttamente nel salone. La larghezza della stanza dava a intendere di essere molto fredda, ma i colori caldi dei muri e dei mobili la riscaldavano.
Salimmo al piano di sopra. Chissa perché tutte le case di Londra avevano le stanze nel piano superiore e mai in quello inferiore. In quest'ultimo potevi trovare sempre la cucina, il salone e un bagno messo a caso.

- Ed ecco la tua stanza- disse entrando e allargando le braccia per dimostrarne l'ampiezza - ti piace?-
- Se mi piace!? Io l'adoro- spalancai gli occhi per la bellezza della camera.

Era molto ampia e luminosa, un letto a due piazze occupava metà dello spazio a disposizione, e davanti ad esso, una scrivania con un computer regnavano sovrani.
C'erano delle piante finte ad abbellire l'atmosfera, così da renderla più giovanile e adolescenziale.

Mi buttai sul letto con le braccia allargate a mo' di angelo. Rimbalzai, per poi fermarmi e iniziare a guardare il soffitto bianco con qualche brillantino.
- Credo già di essermi abituata- scherzai accennando ad una risata.

- Dai sistemiamo le tue cose- Juliet prese una delle mie valigie rosa e la buttò sul letto. L'aiutai ad aprirla e iniziammo ad organizzare i vestiti che conteneva.
Aprendo le ante dell'armadio marrone potei trovare, al suo interno, delle stampelle appese ad un bastone in acciaio.

- Credo che servirà un armadio più grande- scherzai indicando la pila di vestiti formatasi sul materasso.
- Dovevi portare meno roba- disse la mia migliore amica portando le braccia al petto.
- Devo stare qui un anno, sono normali 4 valigie e 2 beatycase- la informai.

Crazy Love - Kai Havertz Where stories live. Discover now