Capitolo 1: Io, Ferit Aslan

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Sono atteso in azienda...non amo farmi attendere, ma soprattutto non amo aspettare. Credo che la puntualità sia una delle poche cose che rende l'uomo d'affari rispettabile. Essere puntuali richiede organizzazione, pianificazione, equilibrio tra gli impegni e il tempo a disposizione. Il tempo, poi, la sola cosa che sfugge al mio controllo...o forse no?

Beh, la verità è che io e il tempo abbiamo trovato un accordo, una sorta di compromesso: sfruttarci a vicenda. Cerco di ottimizzare persino le emozioni in rapporto ad esso. Le relazioni, infatti, devono avere la durata necessaria al soddisfacimento del bisogno per cui nascono e si intrecciano. Qualcuno lo chiama cinismo, io lo chiamo utilità...tutto deve tornare utile al complesso meccanismo della vita. Persino conoscere le persone sottende alla legge dell'utilità. Ma, forse, il più grande mistero resterà proprio quello della conoscenza. Tutti cercano di conoscere tutti. Strane teorie tradotte in migliaia di aforismi per cercare di spiegare la sola cosa che l'uomo non è mai riuscito a ponderare fino in fondo: la conoscenza degli altri e più ancora di se stesso. Questo per gli altri, certo, ma per Ferit Aslan le cose stanno in un altro modo.

La gente che incontro mi parla fissandomi negli occhi.

Ahahah...gli occhi!

Guarda allora i miei occhi. Sono la porta dello spirito, la finestra dell'anima. I miei occhi sono come quelli di tutti gli altri uomini. In essi puoi immergerti come nel mare più cristallino o essere ingurgitato come nel più terribile dei vortici.

Quante sciocchezze! Frivolezze da poeti e frasi da libro stampato per donne deluse in amore.

La verità è diversa! Nessun uomo si lascia attraversare se decide di non farlo. Ecco, i miei occhi hanno deciso di non lasciarsi attraversare. I miei occhi sono montagne invalicabili con ghiacciai sterminati.

Questo però non vuol dire che quei ghiacciai non abbiano mai conosciuto la paura di un incendio o anche solo il calore dei raggi del sole estivo.

Occhi di ghiaccio e testa alta. Ferit Aslan è un leone. Tutti si aspettano la perfezione da lui ma nessuno si accorge di quanta vita scorra in me. Nessuno vede il percorso del mio sangue, quando vinco una gara di appalto o mi concedo ad una donna.

Sventolo la mia audacia, ma, dentro, il cuore sanguina e nonostante tutto resto sempre e solo io a leccarmi le ferite di un passato mai chiuso.

Un passato che troppo spesso ha il volto di una donna.

Le donne sono per me il piacere di una sera. Spesso mi soffermo su cosa possano dire o pensare di me...ma questo pensiero dura un attimo.

Nulla è paragonabile al potere di tenerle in pugno.

In perfetto stile Ferit Aslan, plano con l'elicottero sulla pista di atterraggio. I pensieri esternati sono serviti a far scorrere più velocemente il tempo del volo. Anche questo rientra nella mia teoria dell'utilità. Mi aspettano e come sempre non deluderò le aspettative. Il leone Aslan graffierà ancora. Chi mi conosce sa bene che il mio nome è sinonimo di garanzia e non solo in affari.

In realtà c'è qualcosa che oggi mi tiene sulle spine...a casa dovrebbe arrivare la nuova cuoca. La signora Iqbal le ha già dato tutte le disposizioni. Sono esigente sul cibo ma soprattutto non voglio tracce di presenze estranee al mio rientro. Spero sia la volta buona. Ne ho già licenziati molti di cuochi.

Questo, dunque, sono io...o forse dovrei dire questo ero io prima di incontrare Nazli Pinar.

Nazli, ovvero la nuova cuoca...niente di straordinario se non fosse per le sue ottime doti culinarie e per la sua testardaggine. Nonostante i richiami, infatti, mi riempie la cucina di biglietti e la lascia odiosamente in disordine.

Sotto la pelle di Aslan n.1Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu