Capitolo 4: La dea della Luna

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L'irrequietudine si impossessa del mio tempo. Sento il sangue fluire più velocemente divorando come il fuoco un pezzo di legno. L'idea che Bulut possa essere sottratto alla mia custodia mi solletica i nervi, fa prudere le mie viscere e graffia la mia usuale calma. Anche la mia casa mi sembra ostile oggi. Ho come la sensazione di essere stato tradito perfino da queste pareti. È come se tutto intorno a me avesse occhi e orecchie pronti a sfogliarmi come un antico codice. La stessa presenza di Nazli mi rende inquieto. È pur sempre un'estranea e io sono nella posizione di chi non deve fidarsi nemmeno della sua ombra. Il mio piccolo mostriciattolo è il solo ristoro della mia vita. La sola anima che desidero stringere forte alla mia. Vederlo giocare dopo tanta sofferenza allevia per un po' la mia tristezza e soprattutto la mia ansia. Forse perché in lui rivedo me stesso piccolo e quell'infanzia che mi è stata strappata con violenza. Ferit Aslan è stato un bambino ed era solo un bambino quando è stato costretto a diventare un adulto. So cosa vuol dire saltare un pezzo della tua vita. Ancora oggi mi porto dietro i giocattoli non più usati, le parole improvvisamente troppo difficili e i pensieri pesanti che soffocano la mente. Ferit Aslan ha dovuto spiumare subito le ali della sua fantasia per far posto alla corazza di ferro. E così non più leggero, anzi appesantito dalle responsabilità, mi sono trascinato nell'età adulta. Sì...mi sono trascinato, perché la mia fanciullezza ha strisciato sull'asfalto della vita e si è sbucciata non solo le ginocchia ma anche le braccia e l'intero corpo. Bulut non avrà la mia stessa sorte. Sentirlo tra le braccia mentre giochiamo è come aggrapparsi al tempo e accarezzare quelle ali che mai ho potuto usare. Bulut mi appartiene perché è quella parte di me che non ho perso semplicemente perché non l'ho mai avuta.

La strana sensazione di disagio mi accompagna per tutta la giornata. Forse è solo suggestione, ma dentro tutto lascia pensare che essa sia presentimento...qualcosa di brutto che incombe e mi opprime. A pranzo non riesco a proferire parola.

Da una parte Bulut, dall'altra Nazli. L'ho rimproverata forse troppo in questi giorni, ma davvero non riesce a capire le insidie che Demet e Hakan sono capaci di tessere. Il suo fronteggiarmi mi urta. La osservo mentre mangia visibilmente arrabbiata e in imbarazzo. Poi Bulut rompe il silenzio con uno strano verso...la guardo e tutta la divoro mentre spudoratamente mi dice di averglielo insegnato lei. Alza ancora una volta la cresta la guerriera e io...io cedo e per la prima volta mi sento vinto da un gioco che di puerile ha solo il verso. La verità è che il ritmo delle mani sul tavolo e i versi della bocca sono il risultato di uno strano circuito che ha legato tre vite. È il crocevia del destino. La sera trascorre serena in giardino. Nazli parla di innocenza e io ascolto il suono della sua voce che, al pari dello sciabordare delle onde sulla spiaggia, culla la mia anima e ora la investe e la travolge e ora la abbandona come un relitto sulla battigia del suo cuore. È incredibile la forza che Nazli ha di assorbirmi per poi rigettarmi come una spugna impregnata di acqua quando viene strizzata. Eh sì...perché i suoi sguardi, le sue parole e perfino i suoi silenzi strizzano con le loro mani invisibili la mia mente. È tardi. Bulut si è addormentato ormai...come vorrei poter trovare pace nel sonno anche io.

L'alba insegue la notte troppo presto e il nuovo giorno incalza la vita degli uomini, compresa la mia. Il pensiero di Bulut non è il solo. Sono preoccupato anche per mia madre. Si è lasciata andare e non c'è verso di farla reagire alla vita. Questo suo comportamento non aiuta. In un momento così delicato ho bisogno di avere tutti vicino. Risucchiato da mille preoccupazioni, mi ritrovo ancora una volta solo nella mia sera...interminabile e solitaria. O Nazli...nemmeno tu ora riesci ad accendere un barlume di speranza. La mia è una notte senza fine. Mai però avrei immaginato di dover affrontare non la notte ma l'oscurità più nera, quella che la solitudine più profonda scatena nella nostra vita e che l'orgoglio più ostinato suggella. Cosa resta del Ferit di acciaio puro, dell'uomo che faceva tremare anche l'aria circostante al suo passare, la sola persona che era riuscita a piegare il tempo stesso alla propria utilità? Dov'è il Ferit Aslan che ruggiva e siglava la vita con il graffio dei suoi artigli? Chiuso nella gabbia della Legge, beffato da colei che mi era sempre stata vicina e sempre avevo servito, il leone si accascia al suolo. Bulut mi viene strappato e il motivo è racchiuso in quel documento che io e solo io non ho saputo custodire.

Sotto la pelle di Aslan n.1Where stories live. Discover now