Capitolo 7: Ed io avrò cura di te

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Il desiderio diventa sostanza, qualcosa di così intensamente palpabile da raggiungere Nazli. I suoi passi si fermano, i suoi occhi smettono di correre per trovare pace su di me. Frenata dall'istinto o forse da una forza superiore che ignoriamo entrambi, la vedo avvicinarsi a me. La febbre alta mi confonde le idee e resto per un po' sospeso tra sogno e realtà. Ma, seppur annebbiati i sensi, l'anima resta vigile e riconosce il profumo della sua padrona, ne avverte tutta la potenza e ne sperimenta insieme l'estrema dolcezza. Quella vicinanza ha lo stesso suono di un ruscello che scorre sulla mia pelle come su un alveo alpino. A volte irruento, altre volte dolce, quel suo sciabordare inebria il mio corpo, stordendolo e piegandolo come un giunco fluviale. La sua voce trema. Avverto la sua preoccupazione o forse è semplicemente contrariata nel vedermi così. Una sorta di lotta interiore tra coscienza e piacere a cui la sua volontà male si adatta. Ho rovinato i suoi piani o comunque li ho in parte complicati. Ecco...Ferit, è questa la verità...inutile illudersi di un coinvolgimento che per ora resta solo tuo. E improvvisamente mi appare il fantasma di Deniz, eternamente presente tra me e lei. Sicuramente è a lui che pensa ora, al momento in cui i loro occhi si intrecceranno di nuovo assecondando le movenze dei loro corpi. Il solo pensiero mi fa vaneggiare e la febbre non allevia il dolore. Vorrei porre fine a questo tormento e il solo modo è lasciarla andare via. Così spingo Nazli a tornare a casa e pongo io stesso fine alla sua guerra interiore. La assecondo e cerco di tranquillizzarla dicendole che chiamerei un dottore, qualora ce ne fosse bisogno. Sono felice di aver reagito così. Forse mi resta ancora un briciolo di amor proprio. Forse Ferit Aslan non è vinto ancora del tutto. Ma il destino è spesso beffardo e si diverte a prendere in giro le anime che annaspano e stentano a sopravvivere nel lago dell'amore. Così più queste si avvicinano alla terra ferma, più le acque si scompigliano per risucchiarle negli abissi. Più cerco di tenere lontana Nazli, più mi si avvicina, mi tenta e sfrega potentemente la sua anima sulla mia. Una sovrapposizione minuziosa che tende a far combaciare due entità dagli spigoli pronunciati.

Un toccare che ha più il sapore di un graffio che di una carezza. Il sopraggiungere del dottore rimescola le acque e con una mano possente mi inabissa nuovamente. Le mie condizioni sono serie e non posso essere lasciato solo. Quel grido sordo dell'anima, si rivela così essere un presagio. Come se il mio spirito sapesse già l'epilogo della storia e annunciasse anzi tempo la sua agonia. L'assenza diventa presenza, il silenzio si fa parola, la distanza trapassa in vicinanza. Seduta al mio fianco, Nazli ascolta con attenzione le parole del dottore, ahimè, ignaro della forza distruttiva a cui mi sta affidando. Vedo sul viso di Nazli un certo imbarazzo e avverto la contrarietà ad una imposizione etica che avrebbe evitato sicuramente. Mi rimprovera persino davanti al medico. La guardo con sufficienza e comunque rassegnato perché con lei non ho armi. Mi spiace aver rovinato i suoi piani per la serata. Anzi, no! Non mi dispiace affatto. Anche se solo per una sera, lei sarà mia. Il dottore mi abbandona nelle mani della tirannide. La febbre non mi dà tregua e spesso cado in una totale incoscienza. Gli occhi si appesantiscono e...il suo respiro improvvisamente vicino al mio mi sveglia di soprassalto. È bellissima nel suo imbarazzo. Assaporo la sua vicinanza. Nessuna delle sue forme mi lascia indifferente. Tuttavia non mi sfugge quel velo di tristezza o forse malinconia per una gioia mancata. Un turbinio di emozioni mi attanaglia mentre la osservo. Mi alzo e appena oso avvicinarmi. Non mi piace obbligare la gente, meno che mai Nazli. Ancora una volta la rassicuro e la invito ad andare via. In realtà ho dovuto farmi violenza. Non voglio assolutamente che lei vada via e soprattutto non voglio sottoporre l'anima ad un'ennesima umiliazione. Come reagirei, infatti, davanti ad una sua eventuale risposta affermativa? Avrei il coraggio di mandarla via da me e restituirla di fatto alle braccia di Deniz? Sì...perché è da lui che corre il suo pensiero. Lo sento, lo vedo.

Decido di affrontarla sul suo stesso terreno di battaglia. Siamo ad armi impari e questo lo so bene, ma devo. Devo sapere se la mia nemica vuole giocare a carte scoperte o no e per farlo devo metterla con le spalle al muro anche se questo potrebbe costarmi caro. Con le parole cerco di sferragliare nella sua anima, corazzata dalla sua diffidenza nei miei confronti. A volte sembra addirittura odiarmi. Le prospetto l'alternativa e lei? Lei sceglie me! Con un balzo al cuore, distolgo gli occhi dai suoi. La verità è che non voglio che legga la mia soddisfazione e soprattutto non voglio che percepisca il mio orgoglio e la mia virilità esultare per quest'avanzata, seppur minima, sul suolo della conquista. Nazli mi solletica dicendo che resta per studiare i miei comportamenti durante la malattia. In realtà mi ha declassato elegantemente da dio a uomo. Sorrido e insieme tremo.

Sotto la pelle di Aslan n.1Where stories live. Discover now