Capitolo 8: Ti parlo con le mie mani

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Le ultime ore sono state intense. La presenza di Nazli in casa ha sfasato il mio orologio biologico. I tempi di ripresa dopo tante emozioni non possono che essere lenti. È straordinaria la capacità che la nostra mente ha di adattarsi subito al piacere. La cosa, in realtà, più che stupirmi mi diverte.

Ferit Aslan, sei corso al richiamo di una donna immediatamente! Dovevi sentirne da tempo il bisogno. Da leone a lupo è davvero un attimo.

Mentre mi preparo, ripercorro nella mente tutte le fasi del mio assalto a Nazli. Devo riconoscere che sono stato davvero bravo.

Audace al punto giusto. Persino romantico con un pizzico di sensualità che non può mancare. Ma la vera sorpresa è sempre e solo lei. Una femminilità che mi affascina nella sua semplicità.

Quella capacità di passare dalla tenerezza alla fermezza, quel suo timido eccitarsi per poi rifugiarsi come la più ritrosa delle cerbiatte...mi fa impazzire tutto questo concentrato di contrasti in una sola donna.

E quelle sue lacrime?! Rigavano il suo viso tagliando a metà quelle gote rosee, come il più dolce dei frutti proibiti. Sento ancora nelle mani la sensazione di seta della sua pelle mentre la sfioravo, cercando di calmarla.

Però...la reazione di Nazli alla rottura del bicchiere mi lascia perplesso. I suoi occhi scintillavano ma sinistramente.

Tremava come una foglia mentre un velo di timore toglieva ogni colore al suo volto. Possibile che abbia così tanta paura di me e di una mia eventuale reazione?

Eppure, a parte i nostri usuali scontri, non mi sembra di essere così temibile.

Voglio dire...lei mi ha sempre tenuto testa senza mai abbassare lo sguardo e la cresta.

Devo averle fatto capire qualcosa in passato...perso in mille e altri pensieri, non mi accorgo neppure di aver divorato l'asfalto con la macchina e di essere giunto in azienda. Le note dolenti tornano a farsi sentire.

Hakan è venuto in azienda.

Riesco a tollerare la presenza di Demet, ma quella di suo marito mi urta.

Non riesco a mascherare la cosa e la reazione è violenta.

Se penso che quell'uomo ha la custodia del mio Bulut, non riesco a frenare la rabbia.

La seconda udienza è vicina. Due giorni e giocherò le mie ultime carte per riottenere Bulut.

Una rissa è l'ultima cosa che voglio. Ingoio a vuoto la provocazione e affondo nella mia carne le unghia, fino quasi a sanguinare.

Conosco questa mia versione e so che non tarderà a venire la parte più violenta di me. Hakan con fare meschino mi definisce "piccione" e poggia i piedi sul tavolo della mia sala di rappresentanza. L'affronto è troppo.

Sento il sangue fluire dal cuore al cervello e da questo ad ogni più remota parte del mio copro. Lo sento bollire.

Sudo e la pelle si tende cercando di respirare e permettendo al sudore di trapelare in superficie.

Col sangue arriva la forza e con essa lo scatto.

Non permetto a nessuno di calpestare la mia dignità e la mia persona in generale, ma soprattutto non permetto a un verme come Hakan di disprezzare in modo così palesemente volgare la mia azienda, il mio lavoro, la mia professionalità. In quel suo gesto c'è tutto il disprezzo di quello che negli anni mi sono costruito: l'impero di Ferit Aslan, fatto di lavoro, di notti in bianco, di preoccupazioni, di azzardi, di strategie, di collaborazioni e soprattutto di persone, i miei collaboratori, che sono parte di questo mio regno.

Sotto la pelle di Aslan n.1Where stories live. Discover now