Capitolo 8

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Charlotte mise in moto l'auto, una piccola Fiat Cinquecento d'epoca color rosso brillante. L'aveva ricevuta in regalo appena conseguita la patente, l'anno precedente. Se ne era innamorata appena l'aveva vista dal concessionario e Mycroft l'aveva accontentata qualche mese dopo. Era un'auto originale degli anni '60, un vero pezzo d'antiquariato, proveniente direttamente dall'Italia e rimessa a nuovo così che rispondesse positivamente a tutte le nuove richieste per la circolazione automobilistica. Era piccola, era vero, ma non le importava. Per fare Londra-Oxford andata e ritorno, con dentro solo lei e i suoi bagagli, era più che sufficiente.
Sistemò l'auricolare nell'orecchio, il cellulare poggiato nel vano porta-oggetti. Lo schermo era acceso e mostrava il tentativo di prendere la linea con il numero di Sherlock. Era la terza volta che lo chiamava e lui sembrava volerla ignorare. Era presto, non poteva negarlo, ma suo zio aveva il sonno molto leggero e di solito rispondeva dopo uno squillo. Due, se era proprio occupato. A volte, con lei, non faceva neanche in tempo a squillare che subito la sua voce le raggiungeva le orecchie. Ma quella mattina aveva deciso di farla impazzire ed innervosire.
Proprio mentre aveva ingranato la marcia e stava uscendo dal parcheggio, finalmente sentì il cellulare prendere la linea.

"Lotte." disse semplicemente, la voce leggermente impastata ma sicura.

"Buongiorno, fiorellino. Non eri quello che non dormiva mai?" commentò, guardando a destra e sinistra prima di immettersi in strada. Non gli diede tempo di rispondere che riprese a parlare. "Devi venire subito a Abingdon-on-Thames. C'è stato un omicidio molto interessante e la polizia non sa cosa fare."

Sherlock ridacchiò e il suono della sua risata andò a sposarsi col ticchettio della freccia dell'auto.

"Devo fidarmi del tuo giudizio? Che voto gli daresti?"

"Almeno un sette o un otto, caro zio." stette in silenzio per un istante. "Un prete è stato trovato appeso al crocifisso centrale. Non so molto altro, sto andando lì anche io."

"Mettiamo caso che tu abbia ragione." replicò Sherlock, e Charlotte lo immaginò buttarsi sul divano. "Non è Scotland Yard, non ci sarà Lestrade. Non mi faranno mai entrare."

"Per una volta ti ho preceduto. Papà mi ha mandato l'autorizzazione. Certo, crede che andrai tu con John e basta, quindi... non dirgli niente." rispose, facendo seguire le parole da un sonoro rumore di clacson. "Se hai deciso di suicidarti, almeno non farlo sotto la mia macchina! Coglione!" urlò contro un passante che aveva attraversato la strada senza rispettare le precedenze.

Sherlock rise per l'irruenza della nipote e si mise seduto. Pensò per qualche istante alle parole della ragazza. Un prete crocifisso era abbastanza interessante, almeno era qualcosa di nuovo da vedere. Probabilmente il caso sarebbe stato noioso e semplice da risolvere. La polizia si perdeva spesso in dettagli inutili, si faceva stupire dalla teatralità e non vedeva che la realtà era molto più semplice di quello che sembrava. Alla fine sospirò e annuì.

"Va bene. Recupero John e arrivo. Tu non fare niente finché sono lì, siamo intesi? Non entrare, non toccare, non parlare con nessuno. Se ti chiedono perché sei lì, puoi dire solo che stai aspettando me. La polizia dell'Oxfordshire mi conosce di nome, non ti cacceranno."

Charlotte sorrise, trionfante. Si rilassò appena alla guida, abbassando le spalle e appoggiandosi allo schienale. Sapeva che lo aveva fatto solo per accontentarla, non aveva intenzione di compiere un viaggio di circa due ore per un caso che considerava già noioso e stupido. Ma lei non aveva intenzione di farlo vincere, non quella volta. Aveva un presentimento su quel caso, sarebbe stato più interessante di quello che suo zio pensava.

In circa un'ora arrivò a destinazione. Girò un po' per trovare un posto dove parcheggiare l'auto e, prima di dirigersi alla chiesa, si fermò a prendere un caffè da portare via. Non fu difficile trovare la scena del crimine, anche se non conosceva Abingdon. Bastava seguire il campanile e il vociare delle persone. Arrivò quindi in coda ad un nutrito gruppo di persone raggruppate attorno ai nastri gialli della polizia.
In prima fila c'erano quattro donne decisamente sovrappeso che avevano passato la mezza età. Una di loro, che stava al centro con un fazzolettino di stoffa premuto contro gli occhi porcini, continuava ad ululare e chiedere che la facessero passare. Charlotte pensò che dovesse essere la perpetua, una donna sola che aveva dedicato la sua vita alla parrocchia. Un marito deceduto oppure assente, figli che vivevano lontano. Non aveva nessuno che le tenesse compagnia e aveva quindi deciso di donare tutto il suo tempo alla chiesa. Charlotte serrò le labbra in una smorfia di dispiacere. Si era affezionata a quel prete, era evidente, e perdere l'unica persona che riuscisse a farla sentire utile e le desse qualcosa da fare non doveva essere semplice.

Gabbia dorataWhere stories live. Discover now