Capitolo 6

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Dopo pochi giorni, Charlotte tornò a Oxford. Era sempre difficile per lei lasciare Londra, la sua casa. Lì conosceva a memoria tutte le strade che avevano fatto parte della sua vita, riconosceva il profumo di ogni parte della città e poteva nascondersi facilmente tra gli abitanti e i turisti. Spesso scivolava fuori di casa e si mescolava alle persone, si sedeva su una panchina al parco o faceva un giro in un museo. Guardava i passanti, persone sole, coppie e famiglie, cercando di immaginare quello che le aveva portate in quel posto, cosa le aveva rese quello che erano diventate.
Tuttavia, non le dispiaceva neanche essere lontana dalla sua famiglia. Per quanto li amasse, e sarebbe stata in grado di rinunciare a qualsiasi cosa per loro, se rimaneva con loro per troppo tempo finiva per dimenticarsi di essere una persona a sé stante. Non riusciva più a mantenere una sua propria identità, a non assumere inconsciamente tutti gli atteggiamenti tipici di Mycroft e Sherlock. A Londra rimaneva sempre la "figlia di", la "nipote di". Erano loro che si erano fatti un nome, che erano conosciuti. Certo, in parte era dovuto al fatto che Mycroft la teneva quasi nascosta. Era come se avesse paura che qualcuno potesse portarla via una volta scoperta la sua identità.
In un'altra città, invece, dove c'era solo lei a rispondere al richiamo 'Holmes' e suo padre e suo zio erano conosciuti solo per il nome, era lei ad essere la protagonista. Era lei che decideva della sua vita, che veniva presa in considerazione e non doveva aver paura che le parlassero solo per arrivare ad altri. Era come prendere una boccata d'aria fresca dopo essere stata in una stanza chiusa da settimane. Oxford voleva dire libertà di essere se stessa, di decidere di per sé e non vivere nell'ombra degli Holmes. Lì era lei l'unica Holmes, era lei a dirigere i fili della sua vita.

Londra, d'altro canto, sembrava essere diventata molto più tranquilla da quando lei era partita, o almeno così sembrava agli inquilini e frequentatori del 221B di Baker Street. Era strano a pensarci, ma la sua presenza aveva animato le vite delle persone che aveva incontrato e reso le giornate diverse dal solito. Per John, almeno, era la novità che lo aveva lasciato colpito. Non si sarebbe mai aspettato di vedere Sherlock comportarsi in quel modo con qualcuno, cambiare appena il tono di voce quando le parlava. Lo conosceva abbastanza bene da non sbagliarsi riguardo quel suo cambio repentino di atteggiamento. Con tutte le persone che, come minimo, rispettava manteneva sempre un certo distacco. Lestrade, Molly, Mary, persino John stesso. Avrebbe affidato loro la sua vita, ne era certo, ma sarebbe stato disposto a mostrare del sentimento? Ne dubitava. Non lo aveva mai fatto, neanche con lui che gli era amico da anni ormai. Migliore amico, anzi. O almeno, così era per John. Non c'era mai stato nessuno come Sherlock, nessuno lo aveva mai fatto sentire 'normale' e non giudicato come lui. E sapeva, in una parte recondita della sua coscienza, che anche per Sherlock non era molto differente. Sapeva che teneva a lui, nel suo modo bizzarro e fuori dagli schemi.
Ma con Charlotte... John non poteva nascondere una punta d'invidia. Quei due erano complementari, due ingranaggi della stessa macchina che si incastravano perfettamente e funzionavano con precisione e fluidità. Avevano il loro linguaggio, si parlavano senza proferire parola e, a volte, senza neanche essere vicini o nella stessa stanza. Un solo sguardo bastava per comunicare quello che stavano pensando, un solo tocco leggero carico di dolcezza era in grado di trasmettere più informazioni di un discorso. Quello che lo aveva colpito e infastidito di più, però, era la loro perfetta coordinazione. Non un gesto era sprecato, mai una penna che cadesse a terra quando se la lanciavano. Era evidente che si erano modellati l'uno attorno all'altra, si erano adattati alla gestualità e i movimenti dell'altra persona e ora, dopo quasi vent'anni, erano come un'unica anima scissa tra due corpi.
John si sentiva lasciato da parte quando quei due erano nella stessa stanza. Lui che si era sentito speciale tante volte per il solo motivo che Sherlock aveva scelto lui come partner di indagini, aveva deciso di fidarsi di lui e di fargli immergere un piede nel grande lago che era la sua vita dietro la maschera. Ma quando Sherlock e Charlotte erano assieme, John riusciva a vedere la stanza riempirsi in ogni anfratto del loro ego senza lasciar spazio al medico. Si trovava a soffocare in mezzo a quei discorsi silenziosi, quelle frasi lasciate a metà ma comprese perfettamente da entrambe le parti, quei veloci gesti che parlavano di una complicità che lui non avrebbe mai avuto col suo migliore amico. O con chiunque altro, a dire la verità. Non aveva mai visto due persone così in sintonia, così simili senza neanche rendersene conto.

Gabbia dorataTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang