Per te...

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                                   AYLA

Non appena l'ultimo messaggio venne inviato, mi rintanai ancora di più sotto le sue coperte. Non avevo intenzione di finire qui, nel suo letto, ma dopo aver finito il dipinto... la mia mente aveva iniziato a vagare.
Mi sembrava di non farcela più: la voglia dentro di me di trovarlo, di tenerlo accanto a me era troppa. Così gli avevo mandato quel maledetto messaggio. E ora ero nella sua stanza, nel suo letto, perché era la cosa più vicina a lui in quel momento.
Che cosa mi sta succedendo?
Stavo inviando messaggi passivo-aggressivi. Stavo fantasticando sulle coccole. Ero diventata il tipo di ragazza che avevo giurato di non essere mai - il tipo che dipende da un ragazzo. La verità di quella realizzazione fece si che le lacrime riprendessero a rigarmi le guance. Grande. Ora sono ancora più un cliché.
Stavo girando il cuscino dal lato opposto, cercando di darmi un nuovo inizio e di calmarmi un po', quando la porta della camera da letto si apri. Non avevo sentito una macchina entrare nel vialetto. Non avevo sentito la porta d'ingresso aprirsi o chiudersi. Ma non aveva importanza.
Perché Elijah era lì.
Ringhiò, e il suono mi fece venire i brividi lungo la schiena. I suoi occhi nocciola erano su di me, li sentivo, ma i miei erano chiusi. Non che avessi paura di affrontarlo dopo il messaggio che gli avevo mandato. Ero una dominante. Sapevo sempre cavarmela da sola.
No, era l'imbarazzo che non volevo riconoscere. La vergogna che riempiva la stanza e lasciava l'aria densa, rendendo difficile respirare.
Perché ora non ero solo io a sapere quanto l'Alfa mi influenzasse. No, ora lo sapeva anche l'Alfa.
E poi lo sentii su di me.
"Guardami", ringhiò di nuovo, e riuscii a sentire il calore delle sue mani irradiarsi attraverso le mie spalle mentre mi tirava su. Ero seduta, ora, e guardavo dritto verso di lui, che non aveva lasciato le mie spalle fuori dalla sua presa. "Stai piangendo".
Mi asciugai immediatamente le lacrime dagli occhi, o almeno ci provai. Sapevo che se avessi provato a rispondere la mia voce mi avrebbe tradita e lui avrebbe sentito la mia vergogna forte e chiara. Così mi concentrai solo sul suo viso. Il suo bellissimo viso, quello che era quasi troppo bello da guardare.
Ma ora, con le sue mani sulle mie spalle, si era assicurato che il mio sguardo rimanesse su di lui.
Cercai di abbassare lo sguardo, ma lui mi mise il pollice sotto il mento e mi sollevò di nuovo il viso. "Parla con me", ordinò.
"Non avrei dovuto...".
"Non avresti dovuto mettere in dubbio la mia mascolinità". Mi ringhiò contro, un suono così basso, così accorato, che il peso di quello che avevo fatto rimase sospeso tra noi. Avevo messo in discussione l'Alfa.
"Ma soprattutto", continuò, "non avresti dovuto essere qui da sola. A piangere. A essere triste. Basta così”.
E in un istante, saltò sopra di me e mi tirò a sé in modo che fossimo sdraiati sui nostri lati, premuti l'uno contro l'altra. Le sue braccia mi tirarono vicino a lui, e potevo sentirlo annusare i i miei capelli.
"Sono qui. E sarò sempre qui". La sua voce era proprio nel mio orecchio, e mi fece sentire come se tutto il mio corpo fosse avvolto nel velluto, caldo e liscio.
Mi spostai, in modo da essere l'uno di fronte all'altra, allacciando le mie braccia intorno alla sua schiena. Le nostre bocche erano a pochi centimetri di distanza. I nostri occhi erano spalancati, gli uni incastrati in quelli dell'altra.
"Odio tutto questo", dissi dolcemente.
"Tu... lo odi?" chiese lui, incredulo.
Alzai gli occhi al cielo. "Non... questo. Non te. Ma sì, questo. E si. tu. Non sono questa ragazza! Non sono mai stata questa ragazza. E ora sto piangendo, e mi manchi, e non mi piace questa sensazione. La sensazione... di aver bisogno di te".
"Avere bisogno di me non è la cosa peggiore del mondo".
"Di sicuro sembra così".
"Beh, potrei offendermi", disse, facendo scorrere il suo dito lungo il mio naso. Il contatto fece fremere il mio corpo. "Ma da vero uomo, dirò solo... che non lascerò mai più la mia donna da sola. Mai più. Lo prometto".
Qualcosa nel sentire le mie parole uscire dalla sua bocca, nella vicinanza che c'era tra noi, tutti impigliati nelle sue lenzuola, fece sparire la tristezza di prima.
Era come se tutto dentro di me mi dicesse di lasciarlo entrare, di fidarmi di lui, di contare su di lui. Faceva ancora paura, ma ora sembrava gestibile.
Come se potessi superare tutti i miei timori, finché lui era avvolto intorno a me. Lo guardai di nuovo, sentendomi sicura, forte affiancata da un uomo che era stato un estraneo poche settimane prima.
                                        ***

La Vergine Del BrancoWhere stories live. Discover now