AHOP | SPICCHIO NOVE

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«Taehyung. Per caso, ti piaccio?»
Candeggiava il cielo mentre il ragazzo dalla chioma color arancio dialogava.
Nel cielo si era addensato il blu ceruleo.

L'Universo era in espansione.
Paradosso di Olbers.
L'Universo era in espansione di notte.
Anche la Relatività di Einstein lo spiegava.

Taehyung onestamente fu preso alla sprovvista.
Stupore che neppure il sole era in grado di provocare con il suo barlume fiordaliso.

«C-come? Che dici?» rise a squarciagola il corvino, «No, macché. Tranquillo, hyung. Io ti risparmio una situazione di disagio come quella. Immagina se avessi avuto veramente una cotta per te... non ti avrei lasciato neppure un attimo per respirare. E ti avrei parlato continuamente di cose che probabilmente non ti sarebbero interessate minimamente. Okay.»

I due ragazzi erano nella veranda del ristorante.
Erano strani quei pochi metri quadri; inoltre, era uno spazio gremito di balaustre, le quali qualcuno doveva pur svellere.
E in tutto ciò i clienti potevano accedervi.

Glory box di Portishead.
Give me a reason to love you.

Give me a reason to be a woman.
I just want to be a woman.

Al momento era quella la canzone alla radio.

«Okay.» mormorò il più grande.
Dopodiché gettò lo sguardo sulle sue scarpe bianche consunte e scosse il capo.

«Già.» ridacchiò Taehyung.
In seguito guardò verso il suo hyung.
Questi nei recessi della mente non aveva mai descritto fisicamente il maggiore.
E non lo avrebbe ancora fatto.

«Oppa?»

«Che c'è Shin-hye?»

«Ajumma non può vivere con noi?»

«Shin-hye, non è così facile come credi. Inoltre abbiamo uno spazio molto ridotto. E ti lamenti sempre.» le fece notare.

«Vero.» farfugliò questa.
Il suo bizzarro desiderio si consumò in cenere.

«Ho saputo da Testa pelata che l'appartamento sotto al vostro è in affitto. Magari se si trasferisce lì può risparmiare i soldi.» interferì il corvino.

«Taehyung, apprezzo il tuo interessamento ma chi vi dice che perderò l'appartamento in cui abito attualmente? È un moderno quadrilocale con un frigorifero da ricchi che fa il ghiaccio automaticamente. E secondo te, secondo voi, io lascerò che mi venga sfrattato così? Perché non ho più un soldo, se non quei dieci euro e dieci centesimi che ho in borsa di quando avevo albergato in un hotel sul Lungarno a Firenze?»
Infine si erse con la faccia piatta la signora Park.

Un'espressione preoccupata le corrugò gli angoli della bocca ritoccata da un rossetto carneo.

«Vedremo, ragazzi.» ribadì in seguito la signora Park.

«Ajumma, non ha detto di non aver pagato l'affitto dello scorso mese? È palese che di questo passo verrà buttata fuori.» rimarcò la ragazzina.

«Shin-hye, vedremo.» abbrancò con le mani il borsellino, di un colore terso, delle bancarelle.

Sette giorni dopo la signora Park si vide costretta a traslocare all'appartamento sotto a quello dei due fratelli.
All'appartamento di Testa pelata.
Tutti poterono scorgere lacrime negli occhi tondeggianti della pallida signora.

Il sabato così bussò alla porta.

Il fine settimana Jungkook faceva il commesso al negozietto alimentari.
Scesa la rampa di scale e sotto il sole rosso rame, morente, questi progredì verso il konbini di Matsumoto, il negozietto alimentari aperto ventiquattro ore su ventiquattro.

UNDER YOUR BREATH, TAEGGUKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora