SET | SPICCHIO TRE

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«Jungkook!»

«Taehyung... perché sei venuto fino a qui? Bastava un messaggio.» con occhi strizzati due volte, Jungkook scorse la sagoma di Taehyung nei pressi della porta del proprio appartamento.

«Mia sorella è già uscita e anch'io stavo per fare altrettanto, perciò aspettami giù in cortile, vicino a una statua di una donna.»

•••

Un paio di ore fa.

Aveva il viso rasato di fresco, quella notte Jungkook aveva atteso il sorgere del giorno.
Si era fatto una seconda doccia dopo l'esaurimento nervoso della sorella e poi si era messo a guardare il notiziario alla tivù.

Sorto il sole e con esso la luce crepuscolare, il ventisettenne si diede alle operose faccende di casa.

L'alba fuori dalla finestra riversò una fioca luce sulla sua sagoma slanciata, nel mentre scostò le tendine che ricoprivano i vetri.

Andò a svegliare la sorella appena si fecero le sei di mattina.

«Alzati, deficiente. Sono già le sette.»
E se ne ritornò in salotto.

A luglio sarebbero iniziate le vacanze estive della sorella.

Il ventisettenne brandì la ramazza di saggina, datogli dalla nonna coreana, e la usò per pulire l'anticamera per l'ingresso, il Genkan.
Alzò le scarpe riposte lì e ci passò un cencio bagnato all'acqua di limone, per detergere, disinfettare e sgrassare al meglio.

Poi, ci passò uno straccio inumidito con un liquido a base di acqua e alcol.
Così proseguì.
Qualche colpo di ramazza sul tatami, il tappetino di paglia di riso, un altro sul pavimento adiacente la stuoia rettangolare, un altro che andò a colpire la pila di libri nei pressi di un piccolo scaffale salvaspazio che sembrava fosse di mogano ma nella realtà era fatto di un legno povero. Con una fascia nera sulla fronte per evitare che i capelli piovessero giù nel mentre lavorava, Jungkook si accinse a pulire tutto l'appartamento.

Una volta giunto dinnanzi al divano scorse un aggeggio.

Subito lo riconobbe.

Fece ruzzolare quel porta-sigarette offertogli in regalo dal padre a Itaewon un lustro fa e in seguito lo calciò via cosicché finisse sotto il divano.

«Oppa, vado a scuola. Grazie per il sacco per il pranzo.»

Jungkook e Shin-hye bisticciavano sempre ogni mattina, ma stavolta quest'ultima sembrò tacere, sembrò astenersi dal burlare del fratello come era solita a fare.
Quella era la routine.
Alla fine, Jungkook lavorava e Shin-hye andava a scuola controvoglia.

•••

«Ohayo gozaimasu, Jeon-san.»

«Oh, giorno, Arisu.»

«Vai a lavoro?»

«Sì... piu o meno.» farfugliò il vecchio bodyguard.
Una volta sceso le ripide scale, si era ritrovato Arisu e Taehyung che si guardavano zitti e buoni.

«Allora, a dopo.» lo salutò il giovane giapponese.

Arisu, che di prima mattina puliva un lercio tappeto giù in cortile, continuò ad ignorare deliberatamente l'esistenza di Taehyung, il quale a sua volta fece altrettanto.

Fu una cosa reciproca.

Partiti dal cortile del palazzo, Jungkook e Taehyung, mantenendo una certa distanza tra loro, passeggiarono uno più rigido dell'altro per il parchetto silenzioso della gentaglia del quartiere.
Era un parchetto più per cani che per persone e, considerando di quanta ricchezza e creatività disponesse Yokohama, faceva piuttosto pena il suo essere così negletto.
Era folto e abbandonato, qualche senza tetto pisolava sulle panchine cosparse di ruggine, sotto i lampioni giapponesi, alcuni dei quali non funzionanti.
Il prato non era altro che cosparso di qualche raro fiore e un tripudio di piscio e cacca di cane.

UNDER YOUR BREATH, TAEGGUKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora