17. Where Were You When The Sky Opened Up?

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17.

Where were you when the sky opened up?
Is that when we died?
Is that when we learned to survive?
(Dangerous Summer-Where Were You When The Sky Opened Up?)



Lexa apre lentamente gli occhi, cercando di abituarsi alla luce al neon dell'ospedale. Sembra un po' spaesata.

"Ehi." le sussurro, stringendole le mano con dolcezza. Le massaggio le nocche con il pollice e le sorrido, per cercare di tranquillizzarla. Non c'ero otto mesi fa, ma voglio esserci adesso. Ne ho bisogno.

"Aden..." la sento mormorare, nel panico.

"È con Anya e Raven a casa m-... A casa di mia madre." la rassicuro. La sento tirare un sospiro di sollievo. Le accarezzo con delicatezza la fronte, sistemandole i capelli dietro le orecchie. Ha un brutto occhio nero, il labbro spaccato e una profonda ferita sulla tempia che le è costata ben nove punti, eppure anche in questa condizione i suoi occhi verdi sono sì malinconici, ma allo stesso tempo così pieni di vita. Non ho idea di dove trovi tutta questa forza, so solo che vorrei poter essere come lei.

"Lexa, ben svegliata." la saluta un giovane medico, appena entrato in stanza. Eric Jackson è di qualche anno poco più grande di me e, nonostante la giovane età, è molto amico di mia madre. Lavora in tutt'altro reparto, ma si è ritrovato spesso a collaborare con lei. È un bravo ragazzo e Miller, il suo fidanzato, era un mio caro amico ai tempi del liceo.

"Come stai?" le domanda.

"Non lo so. Cioè, mi fa male la testa e il fianco, ma sono ancora viva, quindi credo bene." risponde Lexa.

"Non ti ha chiesto se respiri ancora Lex, però." interviene mia madre, entrando improvvisamente dalla porta. "Grazie Jackson, ci penso io ora.". Eric si congeda e ci lascia sole, con Lexa che timidamente si nasconde sotto le lenzuola, temendo un confronto che, però, è palesemente inevitabile.

"Lexa." la richiama mia madre. "Ti dimetteremo domani mattina.". Lexa sbianca e scuote il capo.

"No, io... Io non posso, devo andare a...". Mia madre la interrompe, sedendosi sul letto e stringendola a sé. Comincio a sentirmi un po' di troppo, ma mi fanno entrambe cenno di restare.

"Se vuoi, posso accompagnarti da Pike e..."

"No, va bene così. Non è successo niente e comunque sarebbe inutile, lo sai.". Ascolto confusa quel dialogo. Non capisco.

"Lex, chiunque ti abbia aggredita merita di finire dietro le sbarre!" sbotto. Mia madre sospira.

"Posso parlarti un secondo in privato?" mi propone. Annuisco e la osservo mentre si alza e mi fa segno di seguirla. Usciamo in corridoio e lei si appoggia al muro. Non è di turno e non indossa il camice d'ordinanza. È qui solo per Lexa e, per un secondo, mi chiedo se, per caso, la presenza di quella che un tempo era la mia migliore amica sia riuscita a lenire il dolore per la mia assenza.

"Clarke, non forzarla. È una situazione complicata e..."

"Non forzarla? Mamma, quando l'ho trovata in quelle condizioni ho pensato che sarebbe morta!" ribatto, i nervi a fior di pelle. Mia madre si massaggia la base del collo, in cerca probabilmente delle parole giuste. Si morde il labbro e prende un respiro profondo.

"Non sono io a doverti dire cosa sta succedendo nella sua vita."

"Mi stai prendendo in giro? L'hanno pestata a sangue! Poteva essere morta a quest'ora!" replico. Mia madre posa le mani sulle mie spalle e mi invita a respirare e inspirare lentamente.

"Clarke, non sarebbe successo nulla del genere. Purtroppo non è la prima volta che la troviamo così.". Sento un nodo in gola.

"Mi stai dicendo che tu e gli altri sapete che c'è chi la tratta così e non avete mai fatto niente?"

A Sort Of HomecomingWhere stories live. Discover now