8.Find Peace

710 75 25
                                    

8.

There wasn't a day I didn't think of you
I had to get out before it swallowed me
I'm begging you please I want my friend back
I hardly recognize who I'm looking at
(Osatia-Find Peace)






I pranzi domenicali. Dio, li ho sempre detestati. Va bene, è una bugia. In realtà, c'è stato un tempo in cui non vedevo l'ora fosse domenica. Quando non andavamo in montagna, mio padre e mia madre cucinavano assieme mentre io passavo il tempo con Bellamy e Jasper a suonare, ignorando i continui richiami di Lexa, Octavia e Anya che ci imploravano di smettere. La porta di casa nostra era sempre aperta per tutti, in particolare per Anya, Lexa e Jasper. Tutti e tre hanno avuto un'infanzia piuttosto turbolenta e li abbiamo ospitato più volte, sin da quando eravamo tutti troppo piccoli per capire effettivamente cosa stesse succedendo. E forse è stato meglio così. Sorrido, perdendomi fra i ricordi. È stato mio padre a spingere Jasper ad imparare a suonare la batteria. Potrebbe essere una buona valvola di sfogo, gli ripeteva. Sospiro. Da quando papà è morto è cambiato tutto e le domeniche hanno perso qualunque significato. Forse è per questo che sono scappata. Avevo bisogno di significato, semplicemente.

"Clarke.". Rigiro il telefono fra le mie mani, persa in pensieri che nemmeno io riesco bene a mettere a fuoco.

"Clarke!". Chissà se mio padre sarebbe fiero di me. Credo di no. In questo momento, ho il sospetto che nessuno lo sarebbe.

"Clarke, per la miseria!". Mi volto verso Raven. Non mi ero resa conto che mi stesse chiamando.

"Sì?"

"Clarke, passeresti il sale a Marcus?" mi chiede mia madre. Non ho idea da quanto tempo stessero cercando di attirare la mia attenzione. Mi massaggio la tempia e annuisco. Allungo il sale al compagno di mia madre, fissandolo negli occhi. Marcus Kane era il migliore amico di mio padre. Non avrei mai immaginato che tra lui e mia madre potesse nascere qualcosa e non so se io sia riuscita ad accettare la loro relazione. So solo che non ha mai preteso di prendere il posto di mio padre e gli sono grata per questo. Mi ha sempre trattata come una figlia, senza volere in cambio che io lo considerassi un genitore. Mi vuole bene e io non posso di certo negarlo. In fin dei conti, c'è sempre stato per me. E, anche se non lo ammetterò mai, sa benissimo che per lui provo un profondo affetto.

"Allora Clarke, come stanno andando i lavori per l'album nuovo?" mi chiede, curioso. Mi mordo il labbro, per poi prendere una forchettata di patate dal piatto e metterla in bocca. Mastico lentamente, lo sguardo fisso nel vuoto. Non so nemmeno cosa rispondere.

"Clarke?" mi richiama Lexa, schioccandomi due dita davanti agli occhi e risvegliandomi da quello stato di trance. Accanto a lei, Aden sta giocando con il pupazzo di un non meglio identificato supereroe. Mi chiedo cosa ci facciano qui anche oggi, ma non esprimo i miei pensieri ad alta voce.

"Proseguono." dico infine, laconica. Raven scuote il capo, trattenendosi dal rivelare i suoi reali sentimenti nei confronti di quello che dovrebbe essere il mio nuovo disco e che, invece, si sta rivelando essere sempre più l'opera superficiale di qualcun altro. Un profondo senso di inadeguatezza si fa largo in me e non so come arrestarlo. Mi sento schiacciata, intrappolata in un mondo che non mi appartiene. E il problema non è Polis. Nemmeno tornare a Los Angeles potrebbe lenire questo sentimento, questa inquietudine. Mi alzo di scatto, senza guardare in faccia nessuno.

"Scusate, io... Penso che andrò a fare una passeggiata." mormoro. Mi dirigo velocemente alla porta, prima che qualcuno riesca a fermarmi. Una volta per strada, comincio a correre, sempre più velocemente. Non voglio fermarmi, non posso. Continuo a correre senza una meta, fino a quando i miei polmoni non implorano pietà. Sono costretta a fermarmi, contro ogni mio volere. Mi guardo intorno incredula, mentre mi siedo per terra. Senza accorgermene, sono arrivata nei pressi di Pound Creek. Non venivo qui da tantissimo tempo, è buffo che le mie gambe mi abbiano spinta fin qui. Si tratta di una piccola zona lacustre, circondata da alberi e in pace. Mi avvicino all'acqua e mi siedo sull'erba. Chiudo gli occhi e respiro a fondo, concentrandomi sul cinguettio degli uccellini e sulla brezza che mi accarezza il viso. Sono quasi riuscita ad isolarmi finalmente da tutta l'angoscia che mi circonda, quando il suono di un ramoscello spezzato mi fa sobbalzare. Mi volto. Lexa è di fronte a me, in piedi. Ha uno sguardo a metà fra il preoccupato e l'addolorato.

A Sort Of HomecomingOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz