Il curioso caso di Dora Ratjen

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Siamo a Erichshof, un piccolo sobborgo di Brema, ed è il 20 novembre 1918

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Siamo a Erichshof, un piccolo sobborgo di Brema, ed è il 20 novembre 1918.
La guerra è finita da poco, e la Germania sta affrontando quel momento di transizione che porterà, in una spirale inevitabile, alla dittatura nazista, anche se quel momento è ancora (relativamente) distante. Ma non anticipiamo niente di quello che sta per succedere, e torniamo alla piccola casetta di Erichshof, dove la famiglia Ratjen attende con ansia la nascita del quartogenito.

La levatrice, non appena si trova il bambino tra le mani, non ha dubbi: è un maschio. Notizia accolta con gioia da papà Ratjen, che aspettava proprio l'arrivo di un bambino, dopo le tre figlie ancora piccole. Eppure, una volta fatto il bagnetto al neonato, la levatrice non è più così sicura.

L'intersessualità non è una cosa comune, o una cosa di cui si parli in modo schietto, nel 1918. Davanti a quel caso mai visto prima, la levatrice si convince di avere davanti una bambina, sebbene un po' diversa dalle altre. E in casa Ratjen si festeggia la nascita della piccola Dora.

Dora cresce insieme alle sorelle, ha i capelli lunghi, indossa la gonna. Niente fa pensare che la levatrice si sia sbagliata, almeno fino alla pubertà. Parliamo del 1929, anno in cui... beh, già lo sapete. Dora si rende conto di avere qualcosa di strano, ma è qualcosa che non sa definire. L'educazione che le viene impartita non le permette di parlare di cose che la rendono perplessa, come il bisogno di radersi ogni giorno. Non ha idea di quale sia la nudità normale, non ha modo di fare confronti. Continua a vestirsi da donna, nonostante sia più alta delle sue sorelle e non abbia seno, abbia la voce più bassa e forme davvero poco femminili.
Sebbene non sia la ragazza più aggraziata di Erichshof, Dora ha un vero talento per l'atletica. Siamo negli anni Trenta, Dora entra nella Gioventù Hitleriana, e le sue doti di saltatrice ne fanno un'atleta riconosciuta in tutta la Germania, benché sia ancora soltanto un'adolescente.

Allontaniamoci un attimo da Brema e vediamo cosa sta succedendo nel resto del Paese. Hitler è in fermento per i prossimi giochi olimpici di Berlino, la capitale è tutta un cantiere. Quale occasione migliore per mostrare i fasti e la grandezza di un regime che ha permesso alla Germania di risollevarsi dopo una devastante crisi economica? Siamo solo nel 1936, le altre nazioni guardano a Berlino con un'aria tra il timoroso e il paziente - saranno le stesse nazioni che chiuderanno un occhio, pochi anni dopo, quando si tratterà di annettere la Cecoslovacchia - e non si oppongono alla possibilità di ospitare proprio nella capitale tedesca le Olimpiadi. Gli Stati Uniti pongono al Cancelliere una sola condizione: reintegrare nella federazione sportiva tedesca gli atleti di religione ebraica, dai quali era stata "epurata" solo pochi anni prima.

L'atleta di spicco per il salto in alto è senza alcun dubbio Gretel Bergmann. Escludendo il fatto che è di religione ebraica, ovviamente. Gretel viene convocata e parte dall'Inghilterra, dove si è rifugiata, a seguito di velate o meno velate minacce di ritorsioni nei confronti dei suoi familiari. Ma questo è un altro discorso.

Non appena la delegazione olimpica statunitense si mette in viaggio, però, ecco l'amara sorpresa: la federazione olimpica tedesca decide di escludere dalle gare Gretel Bergmann. Per bassi rendimenti, dicono. Al suo posto, viene convocata la "riserva" Dora Ratjen, campionessa di Sassonia.

Nessuno, durante i giochi olimpici, mette in dubbio che Dora Ratjen possa essere un uomo. Si comporta come una donna, si veste come una donna, parla di sé al femminile. La stessa Gretel Bergmann condividerà la stanza con lei per quasi un mese, e non avrà mai il minimo dubbio. Un fatto forse ininfluente, ma vi assicuriamo che questo dettaglio tornerà utile più avanti.

La prestazione di Dora Ratjen alle Olimpiadi è buona, ma non ottima. Si piazza quarta, proprio a un passo dal podio. E di lei non si parla, proprio perché c'era poco da dire.
Dora torna a Brema piena di voglia di fare. Si allena, cerca di migliorare. Alla fine, ottenere un quarto posto ai giochi olimpici a diciassette anni non è una cosa da tutti, no?

 Alla fine, ottenere un quarto posto ai giochi olimpici a diciassette anni non è una cosa da tutti, no?

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Siamo nel 1938. Dora ha diciannove anni e parte per Vienna, dove l'aspettano i campionati europei di atletica. Riesce a saltare i 159 centimetri che l'avevano fermata alle Olimpiadi, e va ancora oltre. Entusiasta, chiede che l'asticella venga spostata a 167 centimetri - un'altezza che nessuna donna ha mai saltato.

Prende la rincorsa, si avvicina, salta. Ed è un trionfo: medaglia d'oro e record del mondo.

È ragionevole pensare ai festeggiamenti, alla felicità di Dora per aver ottenuto un traguardo così importante

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È ragionevole pensare ai festeggiamenti, alla felicità di Dora per aver ottenuto un traguardo così importante. Festeggiamenti che ladistraggono al punto da farle dimenticare un dettaglio importante: l'appuntamento quotidiano con la sua lametta.

Sarà quello il dettaglio che porterà alla fine di una storia e all'inizio di un'altra.
Sul treno che la riporta in Germania, un capotreno vede questa donna dall'aspetto mascolino vestita con tailleur e collant di seta. Essere un travestito è un reato gravissimo, nel Reich. Dora viene fatta scendere dal treno, viene portata in ospedale per un controllo e addirittura arrestata per frode sportiva.

Dora Ratjen diventa Heinrich Ratjen. Dopo un periodo in un ospedale psichiatrico, viene mandato al fronte, da cui tornerà sulle sue gambe. Trascorrerà il resto della sua vita a lavorare nella piccola azienda di famiglia, lontano dalle luci dei riflettori, finalmente libero di essere ciò che sentiva di essere.

 Trascorrerà il resto della sua vita a lavorare nella piccola azienda di famiglia, lontano dalle luci dei riflettori, finalmente libero di essere ciò che sentiva di essere

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Una brutta storia con un lieto fine? No, purtroppo.

Anziché leggere la vita di Heinrich Ratjen come l'abbiamo raccontata noi, viene detto altro. Anche adesso, se cerchiamo il nome di Dora Ratjen troviamo lunghi racconti in cui Heinrich viene accusato di aver volontariamente finto di essere una donna per poter primeggiare nel suo ambito, o cose del genere. Addirittura, circola una strana diceria per cui lui stesso aveva deciso di dividere la stanza con Gretel Bergmann. Il motivo? Semplice. Per evitare ogni tentazione dal punto di vista sessuale, aveva scelto di dormire insieme all'unica donna che non poteva trovare attraente perché ebrea.

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