Cose di cui dobbiamo ancora parlare

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Mio padre fa il responsabile di un centro di ricerca, ha scritto mio figlio in un tema, quando la professoressa gli ha chiesto di parlare dei suoi genitori, la mia mamma, invece, lavora da casa. Sottolineatura rossa. Fa la casalinga, ha scritto la professoressa.

Gentilissima professoressa, no, io non faccio la casalinga. Non con quel tono denigratorio, almeno. E senza il desiderio di suscitare uno di quei dibattiti ideologici completamente senza senso e fatti di prese di posizione sbagliate, così tipici quando ci si sente in dovere di difendere a qualsiasi costo le proprie posizioni. E questo è il motivo principale per cui non ho scritto niente sotto la sua correzione.

Diciamocelo, essere donna non è facile, non lo è ancora oggi. Inutile dire che siamo nel 2021, inutile citare Merkel e Harris (che, ancora oggi, si indicano con l'articolo davanti, perché abbiamo Draghi e la Merkel, per distinguere, sempre). Cosa che anche la professoressa di mio figlio dovrebbe sapere, e cosa che anche la professoressa di mio figlio dovrebbe avere interesse a divulgare, a far capire alle nuove generazioni che ha il dovere di educare.

Sono una donna, ed esigo il diritto di vestirmi come voglio, di non truccarmi, di non tingermi i capelli, di non depilarmi le gambe, di fare il lavoro che ritengo adatto alla mia persona, di avere opinioni concordi e discordi con il resto della popolazione umana. Esatto, sì. Voglio mettere la tuta perché sto comoda, la gonna perché mi piace, l'abitino perché fa caldo, e questo anche se ho qualche chilo di troppo. Voglio non avere l'incubo delle gambe depilate, perché se millenni di evoluzione mi hanno portato i peli sulle gambe e sull'inguine, deve esserci una ragione. E voglio che i miei figli crescano nella consapevolezza che a ogni individuo debba essere riconosciuto il diritto ad autodeterminarsi.

Cara professoressa, la vita per noi donne è già abbastanza dura. Non è facile liberarsi dei preconcetti, imparare a ragionare in maniera diversa, emanciparsi dai vincoli che magari generazioni di madri hanno inculcato, ognuna a suo modo. Capire che non è necessario annullarsi per essere degne di essere amate, che non abbiamo bisogno di diventare ciò che gli altri vogliono vedere, che la bellezza del corpo è destinata a sfiorire, inevitabilmente, e che magari a una certa età ci si accorge di aver puntato sul cavallo sbagliato. Non è facile nemmeno vivere con la responsabilità delle proprie scelte, in qualsiasi direzione esse siano orientate, e con la sensazione di dover fare più degli altri per essere all'altezza di aspettative impossibili da soddisfare.

E dica lei per prima basta alle differenze. Basta con il rosa e con l'azzurro, basta con i generi definiti e invariabili, basta con il senso morale diviso tra maschio e femmina, basta con i giudizi basati su ciò che ognuno di noi non ha potuto scegliere. Lasciamo spazio all'autodeterminazione, una volta ogni tanto. Anche perché altrimenti corriamo il rischio che lei vanifichi tanti anni di parole e azioni, più che altro, un po' come il liquido celestino delle pubblicità degli assorbenti. Ma non si preoccupi, per un mese abbasseranno l'IVA, così daranno un messaggio forte alle nuove generazioni e faranno capire agli uomini che il ciclo mestruale è quel meccanismo naturale che ha consentito a ognuno di loro di essere concepito. O no?

 O no?

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