-Capitolo 6

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La mattina seguente, Scarlett visitò le cucine del palazzo. Non ci aveva più messo piede da quando era bambina, ma gli odori della cottura e delle erbe fresche erano indimenticabili. Scarlett scoprì un sorriso agli angoli delle sue labbra mentre aggirava una sguattera, muovendosi verso il fondo della sala massiccia ed echeggiante che serviva come area di preparazione per tutti i pasti del palazzo. C'era un'attività frenetica quaggiù che era diversa da quella delle sale superiori. Sopra, Scarlett si sentiva come un piccolo ingranaggio nel funzionamento di una macchina molto grande, sempre in movimento, ma mai fuori posto. Qui, era come se ogni punto che i suoi piedi toccavano fosse esattamente dove qualcun altro avrebbe dovuto trovarsi in quel particolare momento, ma che aveva gentilmente fatto strada per lei. Una piccola bambina in abiti semplici uscì di corsa tra i tavoli da lavoro e si fermò di fronte a lei, fissandola con gli occhi spalancati, stringendo un rotolo tra le sue piccole mani. Il sorriso di Scarlett si allargò e si scostò agilmente mentre la ragazza correva tra lei e la fila di forni soffocanti, incurante del calore. I capelli alla base del collo di Scarlett stavano già cominciando ad appiccicarsi, anche se si era tirata su i capelli solo per questa occasione. Resistette all'impulso di lisciare la mano sui riccioli volanti che si erano già staccati e che minacciavano di aggrapparsi alle guance e alle tempie.

Attraversò un arco di marmo ed entrò in un corridoio fioco, fiancheggiato da porte per i magazzini. In fondo al corridoio, il più lontano possibile dal rumore frenetico delle cucine, bussò a una semplice porta di legno scuro e aspettò.

"Vieni!" la chiamò una voce roca.

Scarlett entrò in un piccolo e disordinato ufficio, anche se il contenuto non era esattamente quello che si sarebbe aspettata. In un angolo c'era una foresta di lance, le cui punte brillavano nella luce fioca delle poche lampade accese. C'erano una balestra e una faretra su un grande tavolo centrale, accatastato con rotoli di pergamena. La pelle di pelliccia indefinita sul pavimento che fungeva da tappeto era sporca e a brandelli, gli scaffali alle pareti erano gli unici posti sterili nella stanza, e la scrivania contro la parete di fondo era troppo piccola per l'uomo che vi sedeva dietro.

Andhrímnir era grosso, anche per un Asgardiano, anche se non proprio al livello di Lord Volstagg... ancora. Aveva la corporatura di un uomo che un tempo era stato ben curato e forte, ma che ora non si preoccupava più di queste cose. I suoi capelli castani e la barba erano striati di grigio e il suo viso portava una cicatrice che andava dalla tempia sinistra alla guancia destra, tagliando in due il naso e dandogli un aspetto feroce che era solo rafforzato dal cipiglio permanente che portava.

In breve, non sembrava il tipo di uomo che lavorava nelle cucine. Era piegato sulla sua scrivania, scribacchiando furiosamente su un libro di qualche tipo, accigliandosi contro la sua stessa scrittura come se avesse offeso personalmente sua madre. Scarlett rimase pazientemente con le mani giunte dietro di lei e aspettò che lui finisse.

La sua penna continuò a grattare per diversi minuti prima che lui finalmente parlasse.

"Allora?" abbaiò, girando una pagina del suo libro e continuando a grattare sulla pagina, "Te ne stai lì o mi dici perché sei qui?"

Scarlett sussultò, trasalendo, ma Andhrímnir non sembrò notarlo. La sua penna scarabocchiò ancora per qualche secondo prima che Scarlett riacquistasse finalmente la lingua.

"Io... sono venuto a informarmi sulle disposizioni di cucina per le prigioni".

"Come sempre," disse burberamente Andhrímnir, continuando a scarabocchiare e non alzando lo sguardo verso di lei.

"E sarebbe...?"

Il graffio si fermò. La penna era ancora sulla carta, ma il movimento incessante era... beh, cessato. Dopo un momento di tensione, Andhrímnir sospirò e la guardò attraverso una ciocca di capelli grigi che gli era scesa negli occhi.

The Archer // Loki Laufeyson Where stories live. Discover now