Chapter SEVENTEENTH

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"No io…. Faccio da sola…." dico, guardando eloquentemente nella direzione in cui si trovano le mie migliori amiche e Albus.

Mentre mi avvio verso la grande porta dell'aula, colgo fugacemente lo sguardo glaciale e imperturbabile di Scorpius Malfoy, che sembra fare poco caso a Noah Zabini che impreca animosamente contro un Wilfred Nott a malapena sfiorato dalle sue parole.

Ancora una volta, per pochi istanti, tutto il resto diventa un insieme di suoni, sfumature, colori ovattati e distanti, e una calma improvvisa ma, per qualche inspiegabile ragione, aspettata mi avvolge.

Ma, come dicevo, è solo per qualche istante.

Non appena mi chiudo la porta alle spalle, questa dannata inspiegabile frenesia ritorna a colpirmi.


*


Scorpius


" E' solo spossatezza, bambina… Dovresti riposare di più."

Sono le parole che Madama Chips pronuncia nell'esatto istante in cui varco la soglia della porta dell'infermeria.

Non chiedetemi perché io sia qui, o del perché con una scusa decisamente idiota oltre che banale mi sia allontanato dall'aula di Difesa non appena ho finito di sistemare quel manichino incantato, e aver apostrofato Nott e Zabini "esimie teste di cazzo".

Non chiedetemelo, perché non sono sicuro di sapere la risposta. Tantomeno, sono sicuro di volerla sapere.

So solo che… dovevo salire fin qui, e accertarmi… insomma, che lei stesse bene… che fosse tutto okay.

Se doveste chiedermi un aggettivo per descrivermi, rammollito, a questo punto, sarebbe l'aggettivo giusto.

La prima ad accorgersi della mia presenza è proprio Poppy, che non sa se essere contrariata dal fatto che io sia in infermeria pur non essendo paziente, e quindi una minaccia per il suo disturbo ossessivo compulsivo di trattare questo posto come se fosse un tempio sacro, oppure sorridermi amabilmente perché dai lo sappiamo tutti che sono il suo preferito.

Dopo qualche secondo, alla fine, lascia il letto di Rose e si dirige verso il suo ufficio.

"Malfoy!"

Rose si accorge, finalmente, della mia presenza.

Ha gli occhi stanchi, ma comunque non li alza al cielo. E questo è decisamente un passo avanti, rispetto alla sua solita tendenza al tollerarmi poco.

Mi avvicino, cauto, fino a che non mi trovo alla sua destra. Sento il suo sguardo addosso per tutto il tempo e, quando finalmente, decido di guardarla, di smetterla di evitarla, capisco che tutta la cautela del mondo non basterà mai.

"Cosa ci fai qui? È finita la lezione?" chiede, cercando di mettersi seduta.

Mi siedo anch'io, sul letto, e anche stavolta non sembra farci caso. In situazioni normali, mi avrebbe schiantato per aver invaso il suo spazio vitale quasi sicuramente.

Non so perché non lo faccia, né sono sicuro del perché io mi senta, tutto a un tratto, così rilassato, anche solo guardando quei suoi capelli ridicolmente rossi, oppure quelle stupide, bellissime lentiggini che sarebbero, appunto, ridicole su chiunque altro e invece...

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