Cαριƚσʅσ 11

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Erano passati due giorni dal loro ultimo incontro e non si erano più rivisti.
Entrambi erano stati impegnati con il lavoro e l'incompatibilità dei loro orari non rendeva le cose facili.

Continuavano a sentirsi per messaggio ma in modo "superficiale": Come stai? Che fai? Cosa mangi?
Jisoo sapeva che erano messaggi di circostanza, diversi anni luce dai discorsi che erano in grado di affrontare a voce.

Voleva vederlo, sentire la sua voce profonda, sorprendersi mentre lo guardava sorridere: quel sorriso squadrato.
Al tempo stesso, visto quello che era successo la volta prima, non sapeva come comportarsi: se le paranoie non li avevano influenzati subito dopo l'accaduto, si erano puntualmente fatte presenti il mattino seguente.
Jisoo era consapevole che non avevano fatto nulla di male, si erano fermati senza spingersi oltre, ma aveva paura che quell'evento avesse intaccato il normale fluire della loro conoscenza.
Come qualcosa che si era inceppato, scompigliando tutto.
Ora si faceva problemi a invitarlo a casa per paura che si potesse ripresentare la stessa situazione.
Si domandava se sarebbero stati capaci di riprendere a parlare serenamente di loro, dopo che avevano provato l'oblio di perdersi l'uno nelle braccia dell'altro.

Si domandava cosa ne pensasse lui: poteva essersi sentito respinto, o forse poteva pensare che lei fosse troppo complicata, una principessina difficile da gestire.
Sicuramente era abituato a ragazze che lo desideravano e che non si facevano problemi ad ammetterlo, a differenza sua.

"Penserà che non ne vale la pena".

Ecco la frase che le rimbombava in testa come un martello pneumatico.
La frase che faceva leva sul suo punto debole: l'insicurezza.
La verità è che si sentiva spesso inadeguata.
Inadeguata al lavoro, inadeguata come figlia, inadeguata con le sue stesse amiche, inadeguata in amore.
E ora aveva paura di essere inadeguata anche per vivere una semplice conoscenza.

"Basta, devo vederlo e chiarire.
E se per lui non ci fosse niente da chiarire? Beh meglio.
Ma io ne ho bisogno, altrimenti continuerò a scervellarmi"

Era rientrata da poco a casa, dopo essere uscita dal lavoro e aver fatto spesa.
Prese il telefono d'impeto e cominciò a scrivere:

«Ho bisogno di vederti....»

"No, troppo disperato".

«Dobbiamo parlare...»

"Troppo inquietante".

«Riguardo al nostro contatto dell'altra sera...»

"Troppo formale, non è mica il tuo capo! ".

Uscì dalla chat e gettò il telefono sul divano.
Affondò la faccia in un cuscino e cominciò a urlare per calmarsi.
Il nervosismo la stava assalendo e per una stupida motivazione per giunta.

La vibrazione del cellulare: non era una messaggio, ma una chiamata.
Trovò il telefono nel punto in cui lo aveva gettato e guardò lo schermo.
Un pugno allo stomaco: Taehyung.

"Ok, tranquillizzati e rispondi disinvolta".

«Pronto?»

"Ti prego fa che non capisca che mi stavo comportando da psicopatica fino a un secondo fa".

«Ti disturbo? Stanca?»

Quella voce di velluto.
Sembrava calmo e sereno come al solito, a differenza sua.

«Sono rientrata a casa da poco, non mi disturbi.
Sì, un po' stanca ma sono stata peggio»

𝑨𝒏𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒍𝒐𝒗𝒆 (𝐕𝐬𝐨𝐨)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora