6. Sipario di nubi

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Il vento diventa più forte e le fronde degli alberi prendono a frusciare tutte insieme. Delle nuvole enormi arrivano veloci a coprire del tutto la luna. Nel bosco calano le tenebre della notte e dei ragazzi si intravede solo la sagoma e il luccichio degli occhi.

Lori non esita ad estrarre la torcia, anche Liza ne ha una. Diego non si era preparato, si tira su la zip della giacca e si accosta ai due amici dotati di luce.

«Con questo buio è già tanto se ritroviamo il sentiero per tornare indietro» dice Diego.

«Se vuoi tornare a casa, vai, ma la torcia non te la darò, sia chiaro da subito» Liza punta il fascio di luce come fosse un'arma laser.

«Non illumina granché» Lori fa lo stesso.

«Per forza» Diego afferra la torcia di Lori e se la punta sotto al mento «paura?»

«Dai Diego, ridammela, non fare lo scemo»

«Tieni, però voglio vedere dove metto i piedi, quindi stammi vicino e puntala in basso, non verso l'orizzonte!»

«È un buio vero, che ora è?»

«Chi se ne importa, è notte. È l'unica occasione che abbiamo, a mia nonna avevo pure fatto una promessa, non abbiamo nemmeno fatto una foto, e lui era immobile davanti a noi, vi rendete conto?»

«Già, il cellulare!» Diego accende la torcia del suo telefono. «Oh, sono le due, che si fa?»

«Io non mollo, se volete andare, andate, non eravamo d'accordo sul fare qualcosa insieme...» Liza si tira su il cappuccio, il vento le si infila nelle orecchie.

Il bosco è più rumoroso, le chiome spettinate dalle raffiche di vento frusciano e si scuotono. Un rumore secco si distingue sugli altri perché è ritmico, proviene dall'albero di fronte, di là del ruscello.

«E se invece di scappare, fosse salito sull'albero?» sussurra piano Lori, «secondo me era lì anche prima».

«Facciamo finta di allontanarci e poi ci appostiamo» bisbiglia Diego.

«È impensabile andarsene» Lori guarda preoccupato in alto, c'è solo l'oscurità. «Oh, è un... alieno», non c'è nulla da aggiungere.

«Proviamo» dice Liza, e punta la luce verso il sentiero. I ragazzi la imitano. Si allontanano dal ruscello in modo rumoroso, i colpi sull'albero cessano per un po', poi riprendono.

Liza spegne la torcia. Restano in ascolto per qualche minuto, infine tornano, piano, nei loro passi e si acquattano l'uno accanto all'altro dietro a un arbusto, una buona posizione per spiare l'albero, qualora si riuscisse a vedere qualcosa. Diego è ingombrante e fa più fatica a rannicchiarsi, stringe i denti per non inveire.

I colpi riecheggiano ritmici, precisi.

«È lui, è come quando sono arrivato» Lori lo dice in un sussurro ma avrebbe voluto gridarlo, aveva ragione fin dall'inizio.

Liza gli strizza il braccio muovendo le labbra in un muto «taci» e Lori si sforza per non imprecarle contro.

Il vento, a quell'altezza, porta la polvere in faccia. Dei granelli finiscono in bocca, Liza li sente mentre stringe i denti. Alza lo sguardo verso l'alto e vede sfilare gruppi di nubi più rarefatte, diradate, la luna illumina a tratti, è un sipario che si apre e si chiude. Gli occhi, che cercavano di adattarsi alle tenebre, provano sollievo. La grande quercia di fronte mostra il suo contorto profilo, così imponente da riempire quasi completamente il campo visivo. I raggi lunari colpiscono le sue parti più spoglie e rivela, nitida, la sagoma di quell'essere che sta trafficando intorno a un rigonfiamento del ramo. I ragazzi seguono il suo lavoro affannoso.

Il vento intanto aumenta e restare immobili in quelle scomode posizioni diventa difficile. Anche l'alieno deve ancorarsi continuamente, interrompendo a tratti il ritmo del suo lavoro. Diego prova un doloroso formicolio alle gambe, deve cambiare posizione, Lori prova a fare lo stesso, ma nessuno stacca gli occhi da quello spettacolo.

Dal bozzo legnoso inizia a sbucare un boccino chiaro. Esce completamente. Si muove.

«È un cucciolo!» Liza non riesce a trattenersi.

Lori e Diego sussultano, così perdono l'equilibrio, tirandosi dietro anche Liza a cui si aggrappano. L'alieno scatta e molla la presa del piccolo. Una improvvisa folata di vento glielo strappa senza alcuna fatica dalle dita. Precipita, Liza si lancia senza esitazione verso il piccolo, mentre i ragazzi fanno fatica a rialzarsi per il torpore alle gambe. Lo recupera dove l'ha visto cadere, tra l'erba, e lo raccoglie senza riflettere su come sarà quel contatto.

È così leggero. Se lo immaginava freddo, invece emana un gradevole tepore. È anche un po' viscido ma non le provoca repulsione, anzi. Lo tiene tra le mani giunte a formare un nido. I ragazzi le si pigiano accanto per vedere meglio.

«È un pulcino» dice Diego con sguardo tenero.

«Verde» Lori sorride.

Il piccolo si rannicchia tra le dita di Liza, la guarda con due occhietti vispi mentre muove la microscopica bocca, senza emettere suoni.

I ragazzi lo guardano rapiti. La luce lunare illumina la trasparenza del suo corpo, mentre macchie di verdi diversi si muovono al suo interno. Si placa anche il vento, ma un tuffo in acqua alle loro spalle riporta alla memoria l'essere più grande, quello che li aveva fatti piegare dal dolore.

«Adesso ci uccide!» esclama Diego.

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