Capitolo 22

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Chloe

<<Dylan hai preparato la tavola?>> urlo dal salotto mentre sistemo i cuscini.
<<Si ma non riesco a trovare i piatti, dov'è che si tenevano?>> domanda subito dopo.
<<Sei proprio una frana in cucina. È casa tua ti ricordo!!>> replico divertita.
<<E che ne so, mica posso ricordarmi tutto io. Adesso mi dici dove sono?>> insiste.
Vado in cucina e quando mi ritrovo difronte a lui sospiro.
Si gira e mi guarda aspettando una risposta.
Mi avvicino a lui e poi apro lo sportello, mostrandogli i piatti nuovi.
<<Era così difficile da scoprire?>> chiedo divertita.
<<Non me lo ricordavo>> ripete.
Alzo gli occhi al cielo ma quando faccio per tornarmene in salotto, mi afferra per i fianchi e mi addossa alla parete.
<<Quante volte ti devo dire di non fare quel gesto?>> chiede rabbioso.
<<Quale?>> replico innocentemente.
<<Non fare la finta tonta>> mi avverte puntandomi un dito contro.
<<Ah questo?>>, alzo nuovamente gli occhi al cielo e lui stringe la presa sul fianco.
<<Vuoi che ti scopi proprio su quel tavolo?>> chiede indicandolo.
<<No>> rispondo.
<<E allora finiscila perché sono a tanto così da strapparti questo vestito e le mutande di dosso per poi entrare fino infondo dentro di te>> ringhia.
<<Placa gli ormoni. Ti ricordo che abbiamo ospiti a cena>> sussurro.
<<Comportati bene con loro perché al primo sbaglio ti porto al piano di sopra, nella prima stanza che trovo e ti scopo talmente forte da farti urlare il mio nome>> dice in tono severo.
<<Non comandarmi, sai che quando mi ci metto so essere più stronza di te>> dico provocandolo. Lui si acciglia ed io nel mentre mi libero dalla sua presa.
<<Piuttosto pensa a fare tu il bravo che a me stessa ci penso io>>, gli lascio un bacio sulle labbra e poi ritorno a sistemare le cose in salotto. Quando abbiamo varcato la porta di casa nostra mi sono sentita subito a casa e non è la stessa cosa laggiù a New York.
Qui è diverso, è tutto diverso e mi sono mancate un sacco queste mura. È grandioso vivere nuovamente qui e a dirla tutta rimarrei in questa casa in eterno, non solo per un fatto affettivo ma per la vita che conducevo qui.
A Los Angeles ho incontrato un sacco di persone favolose, in più ci vivono i miei genitori e sento davvero tanto la loro mancanza quando sono a New York.
<<Chloe vado a cambiarmi la camicia perché mi sono macchiato con il sugo, se suonano al campanello apri pure ok?>> mi avverte.
<<Sei sempre il solito pasticcione ma comunque non preoccuparti, apro io>> lo rassicuro. Lui mi ringrazia mentre corre verso le scale e proprio quando sento chiudersi la porta al piano superiore, qualcuno suona al campanello.
Prima ancora di avviarmi verso la porta mi guardo per l'ultima volta davanti allo specchio che si trova attaccato in un angolo della casa.
Indosso un vestito rosso, molto aderente e abbastanza corto ma per niente provocativo.
È pur sempre una cena di famiglia e non voglio attirare l'attenzione.
La pancia inizia a farsi intravedere. È ancora piccola e solo se uno ci fa attenzione riesce a notarla, ma ancora non è tanto evidente.   
Quando apro mi ritrovo davanti quattro persone. Mia madre, mio padre, Erick e... La sua compagna, Meghan, si dovrebbe chiamare così. Li faccio accomodare e subito mia madre mi porge una bottiglia di vino.
<<Non dovevi mamma>> dico educatamente prendendola in mano.
<<Voi ci avete invitato qui ed è il minimo>> confessa.
<<Accomodati pure>> dico indicandogli la cucina. Faccio per seguire la massa ma Erick mi blocca e mi fa cenno di andare in un posto più appartato per parlare da soli.
<<Chloe vieni!!>> borbotta mia madre.
<<Mamma un secondo, accomodatevi pure a tavola. Tra poco serviamo la cena>> replico.
Lei annuisce e poi scompare dietro l'angolo.
<<Mi dica pure>> dico rivolgendomi ad Erick.
<<Chloe per piacere... Chiamami Erick come ti ho sempre detto>> mi riprende.
<<Scusami hai ragione... Erick, dimmi pure>>.
<<In realtà volevo semplicemente assicurarmi di non essere un peso stasera. Ieri Dylan mi ha chiamato dicendomi che sareste tornati oggi. Non puoi capire la felicità che ho provato in quel momento ma poi ho scoperto che sei stata tu a spingerlo nel fare questo gesto ed è li che ci sono rimasto male>> confessa.
Il cuore mi si stringe e riesco a provare solo tanta pena per questo uomo.
<<Erick non dirlo nemmeno per scherzo, tu non sei e mai sarà un peso. Mi dispiace molto che ti sia sentito e che ti senta così, il mio intento non era assolutamente quello di farti stare in questo stato. Volevo e voglio che voi riniziate ad avere un bel rapporto proprio come lo avevate prima di... Insomma prima di fare accadere determinate cose>> spiego.
<<Già..>>, abbassa lo sguardo e sospira.
<<Mi dispiace, è colpa mia>> ammetto.
<<No tesoro non è colpa tua, tu infondo mi stai solo aiutando con mio figlio. È lui che non vede l'ora di dirmi le cose come stanno proprio per vedermi stare male, ma lo comprendo e non lo detesto per questo. Ha ragione infondo, solo che... speravo che con il tempo capisse quanto mi dispiacesse aver rovinato tutto per dei miei terribili sbagli ma invece ho fatto male a sperarci così tanto>> aggiunge.
<<Si ma non dovevo insistere così tanto e adesso mi dispiace che tu ti senta così. Ho cercato di farlo ragionare, gli ho provato a dire di mettere l'orgoglio e il passato alle spalle ma non c'è stato niente da fare. Abbiamo litigato per questo e credo che sia stata la nostra discussione a spingerlo a farlo>> spiego.
<<È comprensibile ma sono contento che, se pur per merito tuo e non suo, mi abbia chiamato>> dichiara.
<<Questa è l'unica cosa che mi rende felice. Comunque riflettendoci io credo che alla fine lo voleva pure lui o almeno è quello che credo, ma quasi sicuramente penso di avere ragione. Perché infondo se ci pensi bene pure tu lui poteva benissimo non farlo, poteva benissimo non chiamarti e fare di testa sua come fa ogni volta. Lascia perdere che molto probabilmente, una volta tornata a casa, avremmo litigato ma in fondo io credo che lo volesse anche lui. Sappiamo tutti com'è Dylan, non vuole essere comandato e se non vuole fare qualcosa non la fa, perciò io credo che nel profondo anche lui aveva bisogno di sentirti>> affermo quasi sicura di me stessa e di quello che sto dicendo.
<<Lo spero Chloe>>.
<<Vedrà che è cosi>> lo rassicuro.
<<Senti... In realtà volevo dirti anche un'altra cosa. Ti ha dato fastidio vedere Meghan?>> domanda con una lieve preoccupazione.
<<No perché?>> confesso sinceramente.
<<È che... Non avevo avvisato nessuno della sua presenza e non vorrei che ti abbia scombussolato la serata>> ammette.
<<Non devi chiedermi ne dirmi nulla. È normale che ti segua ovunque, è tua moglie e va bene così. Per scaramanzia avevo comunque preparato un posto in più infatti prima Dylan mi ha anche chiesto per chi fosse. Ho mentito purtroppo, gli ho detto che era per Tobìa ma in realtà stavo pensando ad un ipotetico arrivo di Meghan, però pur di non farlo arrabbiare ho detto una sciocchezza>> spiego.
<<Hai fatto bene, purtroppo con lui in questi casi bisogna fare così>>.
<<Già>>.
<<Credi che a lui gli dia noia la presenza di mia moglie?>> domanda.
<<Non lo so, spero non tanto>> rispondo.
<<Lo spero anche io>>.
Con la coda dell'occhio vedo apparire un'ombra alla mia sinistra e quando mi giro vedo Dylan sulle scale. È irritato e non poco visto il suo sguardo minaccioso e cupo.

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